Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10487 del 30/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 30/04/2010), n.10487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PRODUTTORI LATTE DELLA CONCA AQUILANA, VALLE DELL’ATERNO E

GRAN SASSO D’ITALIA, societa’ cooperativa a r.l., in persona del suo

Presidente pro tempore e legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GEROLAMO BELLONI 88, presso lo studio

dell’avvocato PROSPERETTI GIULIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PERSICHETTI ULDERICO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 167/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di L’AQUILA, del 24/10/06, depositata il 03/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SCARANO Luigi Alessandro;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. CENICCOLA Raffaele.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che e’ stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 3/4/2007 la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, in accoglimento del gravame interposto dal Consorzio Produttori Latte della Conca Aquilana Valle dell’Aterno e Gran Sasso d’Italia s.c.a.r.l., riformava la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila di reiezione dell’opposizione da quest’ultima spiegata nei confronti dell’avviso di accertamento emesso a titolo di I.V.A. per l’anno d’imposta 1998.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per Cassazione, affidato ad unico motivo, con il quale denunzia violazione del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Resiste con controricorso il Consorzio.

Il ricorso dovra’ essere ritenuto in parte inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366 bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e in parte infondato, per violazione del principio autosufficienza.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4.

l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilita’, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimita’ (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108) -, e non puo’ con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicche’ la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimita’ (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal motivo di ricorso risulta formulato in termini tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonche’ di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in piu’ parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalita’ di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. e’ d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacche’ una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un,, 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto piu’ che nel caso il motivo risulta formulato in violazione del principio di autosufficienza, atteso che la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., l’avviso di accertamento, le autofatture nei confronti di produttori non soci, il processo verbale di constatazione…. (pag. 5), i redatti appositi prospetti riepilogativi, distinti per annualita’ verificata completi di tutti i dati estrapolati dai documenti autofatture esaminati, interessanti le forniture rese da non soci) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente riprodurli nel ricorso”;

atteso che la relazione e’ stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente non ha presentato memoria, che e’ stata invece prodotta dal controricorrente;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione; rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1,000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010

 

 

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