Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10486 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30843/2019 proposto da:

D.I., rappresentato e difeso dall’avv.to DANILO

COLAVINCENZO, avv.danilocolavincenzo.pec.ordineavvocatichieti.it ed

elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte

di Cassazione in Roma Piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 647/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.I., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di l’Aquila che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di aver lasciato il suo paese a causa della presenza dei gruppi separatisti del Casamance che diffondevano terrore suo villaggio dove il padre era rimasto ucciso: era poi giunto in Italia, previo transito in Libia dove aveva subito per oltre due mesi atroci torture.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), f), g), h), art. 3, comma 3, art. 4, art. 5, lett. c), art. 6,7,8 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, nonchè l’erronea valutazione della sua posizione individuale in relazione al riconoscimento dei presupposti dello stato di rifugiato rispetto alla minaccia subita dai ribelli, riconducibile ad una persecuzione politica.

2. Con il secondo motivo, si lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti: il ricorrente deduce l’omessa valutazione delle condizioni del Casamance anche in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

3. I due motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono intrinsecamente connessi e sostanzialmente sovrapponibili.

3.1. Essi sono entrambi inammissibili.

3.2. Le censure, infatti, risultano del tutto generiche e sono costruite attraverso un collage di pronunce di merito con riferimento alle quali il ricorrente pretende di trarre notizie contrapposte a quelle che la Corte territoriale (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) ha desunto da fonti informative attendibili ed aggiornate (Amnesty International 2016; (OMISSIS) 2016; 2017): ad esse, tuttavia, non sono state contrapposte informazioni diverse, più aggiornate e conducenti ad una differente decisione in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato rispetto alla condizione della regione di provenienza (Casamance) e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (cfr. al riguardo Cass. 26728/2019; Cass. 13449/2019).

4. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e della Convenzione di Ottawa, ratificata con L. n. 106 del 1999.

4.1. Lamenta, al riguardo, il mancato esame della violazione dei diritti fondamentali nella regione di provenienza che si sarebbe ripercosso, in thesi, sull’erroneo disconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria.

5.Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè dell’art. 3 CEDU per la mancata valutazione delle gravissime torture subite durante il transito in Libia.

6. I due motivi devono essere congiuntamente esaminati per la loro evidente connessione logica.

6.1. Essi sono entrambi inammissibili.

6.2. Quanto al terzo si osserva preliminarmente che la censura manca di autosufficienza: il ricorrente non indica, infatti, il corrispondente motivo proposto in appello nè articola la doglianza in modo specifico rispetto agli altri elementi di comparazione.

6.3. In ordine al quarto, si osserva che il ricorrente, omette di considerare che la questione, sia pur sinteticamente, è stata affrontata dalla Corte Territoriale (cfr. punto 3.2. pag. 9 della sentenza impugnata) che ha rilevato l’assenza di riscontri o resoconti dettagliati tali da poter rendere la circostanza significativa nell’ambito del giudizio di comparazione necessario per il riconoscimento della fattispecie invocata: a fronte di ciò nulla è stato dedotto, in questa sede, rispetto alla necessaria specificità dell’allegazione ritenuta mancante, al fine di far apprezzare al Collegio l’errore denunciato.

7. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

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