Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10481 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. III, 21/04/2021, (ud. 01/12/2020, dep. 21/04/2021), n.10481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36602/2018 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGOSTINO GOGLINO;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA NAZIONALE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO D’ITALIA 83, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO DE

LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato DONATELLA BUZIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 168/2018 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA,

depositata il 26/02/2018 e contro l’ordinanza ex art. 348 bis, della

Corte d’appello di Torino del 4 ottobre 2018 nella causa iscritta al

n. 760/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La sig.ra F.S. propone ricorso per cassazione, ex art. 348-ter c.p.c., comma 3, affidato a due motivi illustrati da successiva memoria, avverso la sentenza n. 168/2018 del Tribunale di Alessandria, nonchè l’ordinanza di inammissibilità dell’appello emessa ex art. 348-bis c.p.c., dalla Corte di Appello di Torino. Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera Nazionale (OMISSIS).

2. Nel giudizio di primo grado, la sig.ra F. conveniva in giudizio l’Azienda ospedaliera deducendo la condotta colposa posta in essere dai sanitari che ivi l’ebbero in cura in occasione di un taglio cesareo praticato in data (OMISSIS) a stato di gravidanza ultimato. L’attrice sosteneva che i sanitari avrebbero trattato senza la dovuta diligenza la complicanza, consistita in una severa emorragia post partum ed esitata in un intervento di “isterectomia subtotale e annessiectomia sinistra”, destinato a compromettere in modo definitivo la capacità di procreare e a determinare un deficit ipofisario; per tali danni instava per il risarcimento, deducendo che l’emorragia avrebbe dovuto attribuirsi primariamente all’errata sutura dell’incisione praticata per effettuare il parto cesareo. L’azienda ospedaliera, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda attorea in quanto infondata nel merito. Il Tribunale di Alessandria disponeva ctu medico-legale e, all’esito dell’istruttoria, rigettava la domanda risarcitoria ritenendo che i dedotti profili di responsabilità della azienda convenuta non fossero stati provati da parte attrice. In specie, riteneva non provato il profilo colposo relativo all’errata sutura dell’incisione effettuata per il taglio cesareo, aderendo alle conclusioni peritali per cui la complicanza de qua doveva ricondursi ad un’atonia uterina primaria. Quanto al lamentato danno ipofisario, ne riteneva la genesi primitiva e non iatrogena, pur dando atto che la ctu non aveva escluso che, in una quota ridotta di casi, il sanguinamento post partum possa generare una lesione ipossico-ischemica dell’ipofisi. Quanto al profilo colposo relativo all’operato dei sanitari successivo al riconoscimento della complicanza (dalle ore 14.30 in poi), riteneva che la CTU avesse evidenziato la correttezza ed aderenza alle linee guida dell’approccio terapeutico. Quanto, infine, alla tesi attorea per cui l’episodio emorragico avrebbe dovuto essere collocato temporalmente in epoca anteriore e, dunque, sarebbe stato trattato tardivamente, riteneva la tesi priva di riscontri probatori in quanto mancava il tracciato clinico nell’orario compreso tra le ore 12.10 (termine del parto) e le ore 14.30 (momento in cui venne riscontrata la complicanza) che parte attrice aveva l’onere di produrre, essendo nella sua disponibilità o, comunque, si trattava di una circostanza da provare con altre fonti di prova, anche orali, di fatto non offerte.

3. Avverso la pronuncia, la sig.ra F. ha proposto gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Torino, affidato ad un unico motivo, con il quale ha censurato la sentenza di prime cure per aver erroneamente attribuito alla paziente l’onere di provare cosa fosse accaduto presso la struttura fra le ore 12.10 e le ore 14.30, al fine di dimostrare che l’emorragia aveva avuto inizio e/o era diventata riconoscibile prima delle 14.30. La Corte d’appello, ritenendo che l’impugnazione non avesse una ragionevole probabilità di essere accolta, ha emesso ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., comma 1 e, dunque, ha dichiarato inammissibile il gravame. Il giudice di secondo grado, tuttavia, nel motivare, statuiva che, pur essendo formalmente corretta la censura dell’appellante in ordine agli oneri di prova relativi alle lacune del diario clinico, per opzione dell’attrice prodotto parzialmente, in quanto esse costituiscono un “problema probatorio” della struttura sanitaria e non della paziente, ha ritenuto che la censura non potesse condurre alla riforma della sentenza impugnata perchè l’argomento che l’attrice intendeva provare col gravame era rimasto del tutto estraneo al thema decidendum del primo grado.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si insta “Per la cassazione della sentenza n. 168/2018 del Tribunale civile di Alessandria. A) Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 1218,1228 e 2627 c.c., sotto il profilo del riparto probatorio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Nel motivo si denuncia che, in considerazione del danno subito dalla paziente (esiti di isterectomia e ovariectomia) dovuti all’emorragia post partum intervenuta, il sanitario avrebbe dovuto provare di aver agito tempestivamente per evitare le conseguenze dannose, quandanche sull’origine dell’emorragia vi fosse divergenza tra il CTU e il CTP – ritenendo il primo che questa fosse dovuta ad un’atonia uterina primaria e, invece, il secondo che fosse stata provocata da una errata sutura della breccia chirurgica del taglio cesareo. Sicchè, si censura la sentenza di primo grado per aver rigettato la domanda risarcitoria sulla base della mancata produzione da parte dell’attrice della documentazione attestante l’inidoneità e/o l’assenza di una efficace condotta terapeutica da parte del personale sanitario, ritenendo che – al limite – la paziente avrebbe dovuto supplire alla lacuna del diario clinico dalle ore 12.10 alle ore 14.30 con il ricorso a qualsiasi altra prova, anche orale, di fatto non offerta. Di contro, la ricorrente adduce che sarebbe stato onere dell’ente ospedaliero convenuto provare di aver fatto quanto possibile per prevenire, scongiurare, diagnosticare e comunque attenuare le conseguenze dell’emorragia.

2. Con il secondo motivo si denuncia la “Nullità dell’ordinanza emessa il 4.10.2018 dalla Corte di Appello di Torino Sezione IV civile per violazione e/o erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. La ricorrente ritiene errata la pronuncia di inammissibilità dell’impugnazione ex art. 348-bis c.p.c., resa dalla Corte d’Appello sull’assunto che l’attrice avesse tardivamente e, quindi, inammissibilmente, modificato il thema decidendum con la comparsa conclusionale e, poi, in sede di gravame. Sul punto, di contro, la ricorrente rileva che fin dall’atto di citazione aveva investito il Tribunale della valutazione dell’intera gestione del post partum da parte del sanitario e, dunque, dell’intera condotta dei medici e dei paramedici dal momento dell’avvenuto parto (ore 12.10) sino alla seconda revisione chirurgica (ore 17.30).

3. Per quanto qui interessa, la sentenza del Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria motivando sulla mancata produzione di prove documentali o testimoniali da parte dell’attrice inerenti alla fase immediatamente post operatoria. Di contro, la Corte d’Appello ha concentrato la motivazione sulla intervenuta inammissibile dilatazione del thema decidendum avvenuta nella comparsa conclusionale e, poi, in appello (cfr. sentenza p. 2).

4. In particolare, la Corte di merito ha rilevato che nell’atto di citazione in primo grado l’attrice ha incardinato la domanda sui seguenti temi, tutti rivelatisi infondati e non meritevoli di ulteriore esame: a) il verificarsi dell’emorragia dipendente da difetto di sutura; b) l’eccessivo arco temporale intercorso tra la scoperta dell’emorragia e l’intervento chirurgico (quindi, tra le ore 14.30 e le ore 17.00). Diversamente, ha ritenuto che il profilo di responsabilità relativo alla mancata o comunque non tempestiva assistenza della puerpera dal termine del cesareo sino alla scoperta dell’emorragia (tra le ore 12.10 e le ore 14.30), ritenuto erroneamente non provato dal giudice del primo grado, era stato sollevato per la prima volta con la comparsa conclusionale e, poi, in grado di appello, dovendo considerarsi tema del tutto nuovo e, pertanto, tardivamente introdotto, nonostante le censure fossero formalmente corrette (ma comunque non in grado di condurre a una riforma della sentenza di primo grado per la ragione di inammissibilità rilevata). Pertanto, ha confermato per tale diverso motivo processuale il rigetto della domanda.

4.1. L’odierno ricorso è finalizzato a ottenere, per un verso, la cassazione della sentenza emessa dal Tribunale, il che risponde al sistema delineato dagli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., in base ai quali, in caso di pronuncia dell’ordinanza di inammissibilità da parte del giudice dell’appello, l’impugnazione deve essere rivolta contro la sentenza di primo grado; e, per altro verso, la cassazione della stessa ordinanza di inammissibilità dell’appello emessa dalla Corte del gravame al di fuori dei limiti indicati nell’art. 348 bis-c.p.c.. Conseguentemente, i due motivi intendono, rispettivamente, il primo, censurare la sentenza di primo grado là dove ha ritenuto provato il fatto costituivo della responsabilità; il secondo, denunciare la pronuncia di inammissibilità dell’appello per mancata allegazione del fatto costitutivo della responsabilità.

5. La trattazione dei due motivi richiede quindi l’esame di una questione di carattere preliminare, sulla scorta del rilievo svolto dall’azienda ospedaliera controricorrente che ha eccepito (p. 11, controricorso) l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso rilevando che l’ordinanza resa ex art. 348-bis c.p.c., non è ricorribile per cassazione nei termini indicati da Cass., Sez. U., sentenza n. 1914 del 2/2/2016. L’eccezione è tuttavia infondata, dovendo questa Corte, di contro, prendere in esame la sola ratio decidendi contenuta nella sentenza della Corte d’appello, la quale ha inteso confermare la sentenza di rigetto di primo grado sulla base di una diversa e autonoma motivazione.

6. Nel caso in esame è immediatamente percepibile il vulnus processuale della pronuncia di inammissibilità dell’appello, là dove l’ordinanza di inammissibilità pronunciata ex art. 348 bis c.p.c., non ha inteso condividere le considerazioni di merito del giudice di prime cure in ordine al mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’attrice, ma anzi ha indicato espressamente la ipotetica fondatezza della censura sul punto per esprimere, poi, un diverso giudizio sulla base di una considerazione non presente nella sentenza di primo grado, inerente all’estraneità del fatto da provare alle allegazioni iniziali rinvenibili nell’atto di citazione: la sentenza pertanto mostra una autonoma ratio decidendi in grado di assorbire ogni ulteriore valutazione sul merito della controversia.

6.1. Orbene, la statuizione di inammissibilità dell’appello per violazione del divieto di nova ex art. 345 c.p.c., avrebbe più correttamente dovuto essere pronunciata dalla Corte d’appello all’esito del giudizio di impugnazione, in forma di sentenza di inammissibilità dell’impugnazione, piuttosto che in quella di ordinanza preliminare di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., avente tutt’altra natura e funzione. Difatti, nel caso di specie la pronuncia della Corte d’appello va a sostituirsi a quella di primo grado, con l’intento di riformare la ratio decidendi di quest’ultima, di talchè il motivo, avente ad oggetto solo tale statuizione della Corte torinese in grado di passare in giudicato, è l’unico da scrutinare in questa sede, dato l’effetto devolutivo dell’appello.

6.2. Diversamente opinando, il sistema di impugnazione per cassazione della decisione di primo grado da parte dell’appellante, previsto dall’art. 348-ter c.p.c., comma 3, in caso di pronuncia in limine di inammissibilità dell’appello, si dimostrerebbe del tutto incoerente con il principio del giusto processo in caso di uso distorto di tale istituto da parte del giudice dell’appello, atteso che l’impugnante non potrebbe più censurare nel merito un’autonoma statuizione del giudice di appello comunque in grado di passare in giudicato (v. Cass. SU. sentenza n. 1914 del 2/2/2016). In tal caso, infatti, non si tratta di una sentenza di carattere processuale che contiene un giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, sulla base delle argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, bensì di una pronuncia che ha introdotto nuovi argomenti a fondamento della conferma della decisione, non rinvenibili nella sentenza di primo grado e non aventi un contenuto semplicemente rafforzativo di quella decisione, ma del tutto autonomo (v. anche Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15776 del 29/7/2016; Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20758 del 4/9/2017; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 2351 del 31/1/2017; Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23334 del 19/9/2019).

6.3. Oggetto del presente ricorso, pertanto, è la sola decisione della Corte d’appello, proprio perchè essa dimostra un percorso decisionale del tutto autonomo rispetto a quello intrapreso dal giudice di primo grado, riformandone il decisum.

7. La censura mossa al riguardo è, tuttavia, inammissibile per come formulata.

8. Con il secondo motivo si assume che la Corte di merito abbia male interpretato la domanda giudiziale. Tuttavia, per scalfire la motivazione della sentenza in parte qua, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, la ricorrente avrebbe dovuto individuare direttamente ed indirettamente (ergo, trascrivendolo e localizzandolo) l’atto di citazione in primo grado (Cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019; Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 9/4/2013; Sez. 3, Ordinanza n. 6937 del 23/3/2010).

9. Di contro, nel motivo ci si limita ad affermare di avere investito il Tribunale di “tutto il post partum” ma, a supporto della censura, si adducono circostanze inidonee ad assolvere al principio di specificità dianzi indicato, mancando l’indicazione del tempo e del modo della loro allegazione. Più specificamente su rileva che:

a) In primo luogo, l’atto di citazione viene localizzato come “contenuto nel nostro fascicolo di primo grado” (v. ricorso: p. 14, ult. cpv.). Tuttavia, si omette di rilevare come l’atto è pervenuto a questa Corte, nonchè di riportarne – almeno in parte qua – il contenuto, essendo, questi, tutti riferimenti necessari anche ove si censuri, come nel caso di specie, un error in procedendo, restando preliminare il vaglio di ammissibilità del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 6, rispetto allo scrutinio in ordine alla sua fondatezza.

b) In secondo luogo, si indica (v. ricorso: p. 15, 1 cpv.) che la consulente di parte aveva sottolineato che nelle emorragie post partum occorre la “massima tempestività per prevenire oltre alla mortalità, anche l’isterectomia” e, ancora, che “è particolarmente importante la verifica della mancata contrazione uterina e la rapida somministrazione di farmaci uterotonici” e che “le fasi successive illustrano generici aspetti carenziali che hanno impedito di porre un tempestivo rimedio alla complicanza”; si localizza la CTP con il riferimento a “doc. 11 – prodotto in primo grado ed allegato al relativo fascicolo”; e si assume che la CTP costituisce parte integrante dell’atto di citazione. Tuttavia, anche questo riferimento è insufficiente ad offrire a questa Corte contezza circa la sua appartenenza al thema decidendum indicato nell’atto di citazione (termine ultimo, nel caso concreto, posto che l’attrice non ha depositato successiva memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1).

c) Infine, si fa riferimento alle conclusioni del primo grado di giudizio asserendo “Alquanto significative sono le conclusioni assunte dal difensore di primo grado: “piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis, accertare e dichiarare la responsabilità della convenuta nella causazione dei danni de quibus…omissis”” (v. ricorso: p. 15, 2 cpv.) che, tuttavia, non scalfisce la statuizione della Corte d’Appello in punto di dilatazione del thema decidendum che, come detto, si cristallizza con i termini ex art. 183 c.p.c., comma 6.

10. Data l’inammissibilità, ex art. 366 c.p.c., n. 6, del secondo motivo, rimane assorbita ogni questione inerente al primo motivo, avente ad oggetto la sentenza di primo grado, riformata dalla pronuncia di appello per quanto sopra detto (cfr. anche Sez. U., Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; Cass. SU sentenza n. 1914 del 2/2/2016).

11. Conclusivamente, il secondo motivo va dichiarato inammissibile, con assorbimento del primo e, per l’effetto, la Corte condanna parte ricorrente alle spese, liquidate come di seguito. Raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il secondo motivo, assorbito il primo; condanna di parte ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfetarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, qualora sia dovuto.

Si dà dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. A, s.i.m..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

 

 

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