Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1048 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, (ud. 18/04/2018, dep. 17/01/2019), n.1048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20168/2015 R.G. proposto da:

S.M., rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli

Avv.ti Cesare Glendi e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo

di quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

– ricorrente –

contro

Equitalia Nord s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Aldo Bruzzone, domiciliata

ex art. 366 c.p.c., comma 2, in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Genova depositata il 4 febbraio

2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 aprile 2018

dal Consigliere Cosimo D’Arrigo;

udito l’Avv. Gianluca Calderara in sostituzione dell’Avv. Luigi

Manzi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Soldi Anna Maria, che ha concluso chiedendo

l’inammissibilità del primo motivo e il rigetto del secondo; in

subordine rigetto anche del primo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

In data 30 aprile 2012 S.M. propose opposizione avverso una procedura esecutiva immobiliare intrapresa – ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 76 ss. – dall’agente di riscossione Equitalia Nord s.p.a. Il giudice dell’esecuzione sospese la procedura esecutiva opposta, assegnando alle parti un termine perentorio per riassumere il giudizio di merito.

Equitalia Nord s.p.a. introdusse il giudizio di merito innanzi al Tribunale di Genova, chiedendo il rigetto dell’opposizione. La S. si costituì, insistendo nell’opposizione.

Il Tribunale di Genova, con sentenza del 4 febbraio 2015, respinse l’opposizione, con condanna della S. al pagamento delle spese processuali.

Tale decisione è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte della S., per due motivi. Equitalia Nord s.p.a. ha resistito con controricorso.

La S. ha depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Anzitutto va rilevato che il Tribunale ha espressamente qualificato il ricorso della S. come “in opposizione all’esecuzione”.

L’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata con riferimento esclusivo alla qualificazione giuridica dell’azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte (Sez. 3, Sentenza n. 12872 del 22/06/2016, Rv. 640421).

Peraltro, la qualificazione operata dal Tribunale è corretta, quantomeno con riferimento al regime di pignorabilità dell’immobile, che può dedursi solamente ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2.

Il giudizio non rientra neppure nel breve periodo in cui – per effetto della modifica apportata dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, poi revocata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 – l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. veniva decisa “con sentenza non impugnabile”.

Consegue che, in ragione di quanto sopra, la sentenza del Tribunale non poteva essere impugnata mediante ricorso per cassazione, bensì proponendo appello.

Il ricorso è quindi inammissibile.

2. Sebbene il superiore rilievo sia assorbente, non è superfluo annotare la presenza di ulteriori profili di inammissibilità.

Con il primo motivo si deduce che non ricorrerebbero le condizioni alle quali il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76 (come modificato dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98) l’agente della riscossione può dare corso all’espropriazione immobiliare.

Si tratta della riproposizione di una questione già vagliata dal Tribunale, che ha ritenuto l’eccezione tardivamente proposta e comunque sprovvista di prova dei presupposti.

La ricorrente sul punto osserva che l’eccezione non poteva qualificarsi come tardiva, sebbene proposta solo in corso di causa, in quanto dipendente da ius supervenies. Quanto al difetto di prova, invoca la non contestazione da parte dell’agente di riscossione dell’affermazione che si trattasse dell’unico immobile di proprietà dell’esecutata.

Com’è noto, qualora con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica. (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24062 del 12/10/2017, Rv. 645760).

Nel caso di specie la stessa ricorrente ammette di aver dedotto la sussistenza delle condizioni ostative all’azione espropriativa immobiliare dell’agente di riscossione solamente con la comparsa conclusionale, in quanto la modifica del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76 disposta dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, era intervenuta solo dopo la scadenza dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, sicchè la comparsa conclusionale costituiva il primo atto difensivo utile a far valere lo ius supervenies.

In ragione di quanto sopra, la “non contestazione” avrebbe potuto essere riferita, al più, all’unico scritto difensivo di controparte successivo, ossia alle memorie di replica.

Orbene, a prescindere dalla questione dell’applicabilità del principio di “non contestazione” ad una affermazione in punto di fatto contenuta negli scritti difensivi conclusivi del giudizio, si deve rilevare che l’agente di riscossione sostiene di aver contestato, con le proprie memorie di replica, il contenuto della comparsa conclusionale avversaria (v. pag. 5 del controricorso per cassazione). Sul punto la S., pur avendo depositato note difensive ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., non ha preso posizione.

Tale rilievo è certamente assorbente e determina l’inammissibilità del motivo in esame per carenza del requisito di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, art. 49, comma 2 e art. 78,comma 2, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo.

Si tratta della riproposizione della questione della nullità della notificazione dell’avviso di vendita, che il Tribunale ha ritenuto infondata in quanto l’opponente, pur sostenendo che l’avviso non venne mai affisso alla porta della sua abitazione, non propose querela di falso nei confronti delle attestazioni di diverso tenore contenute nella relata di notifica.

La S. sostiene che male avrebbero fatto a notificare l’atto con le formalità previste per i destinatari irreperibili, laddove essa era semplicemente temporaneamente assente.

La censura risulta carente di interesse, per due ragioni.

Anzitutto, anche ipotizzando che la notificazione dell’avviso fosse irregolare o nulla, la S., che comunque ebbe notizia dell’avviso di vendita, non ha dedotto quale concreto interesse sia stato leso da tale tardiva conoscenza. La ricorrente, infatti, si è costituita in opposizione e ha ottenuto la sospensione della procedura esecutiva prima che fosse disposta la vendita dell’immobile.

In secondo luogo, le formalità previste in caso di temporanea assenza del destinatario, invocate dalla S., offrono un livello di garanzia dell’effettiva conoscibilità dell’atto da parte del destinatario inferiore a quelle adottate nella specie (notifica a persona di residenza o domicilio sconosciuti.

Dunque, anche questo motivo è inammissibile.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono, inoltre, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lei proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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