Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10479 del 30/04/2010
Cassazione civile sez. trib., 30/04/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 30/04/2010), n.10479
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
U.P.F., elettivamente domiciliato in Roma in via
Crescenzio n. 91 presso l’avv. Lucisano Claudio che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale e’ domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del
Piemonte n. 34/2/07, depositata il 17 dicembre 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
14 gennaio 2010 dal Relatore Cons. GRECO Antonio;
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Ritenuto che le censure concernenti le asserite violazioni di legge si concludono senza il prescritto quesito che consenta l’individuazione di una regola iuris contrapposta a quella sottesa al provvedimento impugnato la cui applicazione porterebbe ad una decisione di segno diverso, per cui il ricorso appare manifestamente inammissibile in tutti i suoi motivi;
visto l’art. 375 c.p.c., comma 1.
Propone la decisione in Camera di consiglio con declaratoria di inammissibilita’ del ricorso”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e alle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, osservando inoltre, in ordine al secondo motivo del ricorso, che “in tema di spese giudiziali, la parte e’ onerata di indicare in modo specifico ed autosufficiente quali siano le voci della tabella forense non applicate dal giudice del merito, elencando in dettaglio le prestazioni effettuate, per voci ed importi, cosi’ consentendo al giudice di legittimita’ il controllo di tale error in iudicando, pena l’inammissibilita’ del ricorso; con riguardo agli onorari, se sussiste puntuale specificazione dell’importo minimo maturato per ciascuna attivita’, e’ invece possibile il predetto controllo” (Cass. n. 17059 del 2007);
che pertanto, ribadito il principio di diritto sopra enunciato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
LA CORTE Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1200,00, ivi compresi Euro 200,00 per spese vive.
Cosi’ deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2010