Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10471 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/05/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 12/05/2011), n.10471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, elettivamente domiciliata in Roma, via delle

Quattro Fontane n. 20, presso lo studio dell’avv. Fusillo Matteo, che

la rappresenta e difende per procura speciale rilasciata a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G.P., elettivamente domiciliato in Roma, via G.

Cuboni n. 12, presso lo studio dell’Avv. Noto Elisa, rappresentato e

difeso dall’Avv. Lazzeretti Mario, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 439/07 della Corte d’appello di Milano,

depositata in data 17.5.07; R.G. 1313/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6.04.11 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

uditi gli Avvocati Fusillo e Lazzeretti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Vigevano, il rag. C. G.P. premesso di avere, quale iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Ragionieri e i Periti Commerciali (CNPR) dal 1969, ottenuto la pensione di anzianità con decorrenza 1.12.02, a seguito di domanda presentata il 20.3.01, esponeva che la prestazione era stata liquidata in base alla delibera del Comitato dei delegati della Cassa del 22.6.02, per la quale la base di calcolo cui applicare il coefficiente di rendimento era portata dalla media dei migliori 15 redditi annuali degli ultimi 20 anteriori alla maturazione del diritto a pensione, alla media di tutti i redditi professionali percepiti per ogni anno di contribuzione.

Ritenendo illegittima la liquidazione, C. chiedeva il ricalcolo della pensione secondo i criteri anteriori al 22.6.02, anche in applicazione del principio del pro rata, con condanna della Cassa agli arretrati dalla data di decorrenza della pensione, con interessi e danno da svalutazione.

2.- Accolta la domanda e proposto appello dalla Cassa, con sentenza pubblicata il 17.5.07, la Corte d’appello di Milano rigettava l’impugnazione, rilevando – sulla base degli artt. 49 e 50 del Regolamento della Cassa – che il diritto alla pensione era nato il 20.3.01, al momento del raggiungimento dei requisiti anagrafici e contributivi per il godimento della prestazione, non rilevando il momento della cancellazione dell’assicurato dall’Albo professionale, di modo che a tutela dei diritti quesiti dell’assicurato, maturati prima del 22.6.02, doveva farsi applicazione del criterio di liquidazione previsto anteriormente a quella data.

3.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per i Ragionieri e i Periti Commerciali, cui risponde l’assicurato con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.- I due motivi dedotti dalla Cassa di previdenza possono essere sintetizzati come segue.

4.1.- Con il primo motivo la Cassa ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il giudice pronunziato su questione non proposta dall’assicurato, il quale aveva sostenuto che nei suoi confronti la delibera 22.6.02 non era applicabile in quanto l’approvazione ministeriale era intervenuta solo in data 3.3.03, dopo il conseguimento del diritto a pensione, non tenendo conto che, invece, la pensione non era stata concessa solo perchè egli non aveva ancora chiesto la cancellazione dall’Albo.

4.2.- Con il secondo motivo è dedotta violazione degli artt. 49 e 50 del Regolamento della Cassa nella formulazione applicabile ratione temporis, contestandosi la pronunzia nella parte in cui sostiene che, ai fini della concessione della pensione, sarebbe irrilevante la cancellazione dall’Albo, atteso che, invece, è proprio il momento dell’avvenuta cancellazione che determina l’applicazione del regime anteriore o posteriore alla delibera 22.6.02.

5.- Prima di procedere all’esame dei due mezzi di impugnazione deve esaminarsi l’eccezione proposta nel controricorso dall’assicurato, secondo il quale il ricorso sarebbe inammissibile perchè notificatogli presso il domicilio da lui eletto per il giudizio di primo grado e non presso il domicilio eletto per il secondo grado.

L’eccezione è basata sulla giurisprudenza di questa Corte per la quale la notificazione del ricorso per cassazione eseguita presso il procuratore domiciliatario della parte in primo grado è inesistente, dato che la procura rilasciata per l’appello con nuova elezione di domicilio implica la revoca della precedente elezione (v. da ultimo Cass. 17.4.07 n. 9147).

Tale principio è nella specie in applicabile, non ricorrendo la fattispecie esaminata dalla citata giurisprudenza.

L’odierno ricorso è notificato “al rag. C.G.P., presso gli avv.ti Mario Lazzeretti e Giuseppe Di Caro, domiciliati presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Di Caro in Vigevano, via Manara Negrone 31”, ovvero nel primo dei luoghi alternativi previsti dall’art. 330 c.p.c., comma 1, seconda ipotesi, per il quale l’impugnazione “si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio”. In altre parole, nel caso di specie, tra questi tre luoghi alternativi, la Cassa ricorrente ha scelto il primo (lo studio del procuratore costituito) e non il terzo (il domicilio eletto dalla parte).

Dato che la notifica è stata eseguita comunque presso l’Avv. Lazzeretti, procuratore costituito in entrambi i gradi del giudizio (ed anche nel presente giudizio di cassazione), in un luogo non privo di collegamento con il destinatario (nella specie, nello studio professionale eletto dalla parte a domicilio per il giudizio di primo grado), deve ritenersi che la notifica – in ragione di quel collegamento che non rende del tutto estraneo il luogo di notifica alla parte interessata – sia nulla e non inesistente e che, pertanto, possa essere sanata con effetto ex tunc per raggiungimento dello scopo, sia mediante la sua rinnovazione, sia mediante la costituzione in giudizio dell’intimato cui la notificazione stessa era diretta (Cass. 19.7.05 n. 15190).

Essendosi il Cerniti difeso in questo giudizio di cassazione, la nullità deve ritenersi sanata e l’eccezione deve essere rigettata.

6.- Tanto premesso, deve rilevarsi l’infondatezza del ricorso.

7.- Il primo mezzo di impugnazione (v. 4.1) è la sostanziale riproduzione del primo motivo di appello, con il quale l’appellante CNPR lamentava che il primo giudice avesse accolto la domanda richiamando il principio del pro rata, la cui applicazione non era stata dedotta dall’assicurato. Nel giudizio di appello la Corte di merito ha rigettato la censura escludendo che il Tribunale fosse incorso nel vizio denunziato atteso che, fermo restando il dato di fatto evidenziato (la maturazione del diritto a pensione), il giudice si era limitato a fare applicazione della norma di legge ivi rilevante.

All’esito dell’esame degli atti del giudizio di primo grado, qui consentita in ragione del vizio denunziato, deve rilevarsi che l’assicurato, nel presentare le sue conclusioni, aveva chiesto l’applicazione dell’art. 49 del Regolamento della Cassa nel testo anteriore alla modifica del 22.6.02, sulla base di due argomenti: a) perchè essa era stata approvata dal Ministero vigilante solo il 3.3.03, b) “… e comunque tenendo conto del principio del pro rata in relazione alle indennità maturate prima dell’introduzione della modifica stessa”. Di quest’ultimo principio, nella discussione di diritto, lo stesso richiedente indicava nella L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, la fonte legittimante.

A prescindere, dunque, dal suo potere-dovere di individuare la norma di legge applicabile alla fattispecie sottoposta, deve qui escludersi che il giudice di merito abbia deciso extra petita, in quanto la domanda era basata su una pluralità di ragioni di diritto, tra cui sicuramente rientrava quella dell’applicazione del principio pro rata, nella specie rilevante ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, (v. quanto affermato in seguito, sub n. 9).

Il motivo è, pertanto, infondato.

8.- Con il secondo motivo si contesta la pronunzia di secondo grado nella parte in cui afferma che, nonostante la cancellazione dell’assicurato dall’Albo professionale fosse intervenuta il 19.11.02, sulla base dell’art. 50 del Regolamento della Cassa (che distingueva tra diritto alla pensione e diritto alla corresponsione della prestazione), il diritto alla pensione di anzianità era sorto il 20.3.01 (al momento della maturazione dei requisiti contributi ed anagrafici. Di tale statuizione si assume l’erroneità, per violazione della L. 30 dicembre 1991, n. 414, avente ad oggetto la riforma della CNRP, ed in particolare degli artt. 1 e 3 (recepiti dagli artt. 48-49-50 del regolamento della Cassa), per la parte in cui determinano il momento della maturazione del diritto alla pensione di anzianità e del diritto alla corresponsione della prestazione.

La conseguenza che deriverebbe da tale (pretesa) erronea interpretazione sarebbe che, ove si fosse ritenuto che diritto alla pensione insorto alla data della cancellazione dall’Albo (19.11.02), non avrebbe potuto farsi riferimento al principio del pro rata ed il calcolo della pensione di anzianità del rag. C. avrebbe dovuto essere effettuato integralmente secondo i criteri indicati nel Regolamento, come modificato dalla delibera del 22.6.02, atteso che, in relazione, al momento di insorgenza del diritto, non è possibile vantare “anzianità già maturate”.

9.- A prescindere dalla questione di diritto sollevata circa il momento della maturazione del diritto, deve rilevarsi che è erronea la conseguenza di diritto che parte ricorrente vorrebbe far derivare dalla diversa decorrenza della prestazione.

La delibera 22.6.02, modificando l’art. 49, comma 2, del Regolamento fissava la base di calcolo cui applicare il coefficiente di rendimento era stata portata dalla media dei migliori 15 redditi annuali degli ultimi 20 anteriori alla maturazione del diritto a pensione, alla media di tutti i redditi professionali percepiti per ogni anni di iscrizione e contribuzione.

Il principio del pro rata invocato dall’assicurato è da ricondurre alla disposizione contenuta nel già richiamato della L. n. 335, art. 3, comma 12, secondo la quale gli enti interessati alla riforma adottano i “provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio delira rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.

Circa il contenuto del principio del pro rata, così come inquadrato nel contesto dell’art. 3, comma 12, parte ricorrente ha richiamato – per escluderne l’applicabilità – la sentenza di questa Corte 25.6.07 n. 14701, secondo cui il principio del pro rata non ha portata generale, ma deve intendersi riferito ai parametri suscettibili di frazionamento nel tempo e passibili di separata valutazione in relazione ai periodi temporali di vigenza di diverse normative, tra cui non rientrerebbe il calcolo della pensione, il quale non è suscettibile di frazionamento, in quanto il calcolo stesso può avvenire esclusivamente al momento dell’accoglimento della domanda di pensionamento e deve essere eseguito secondo le norme in vigore in quel momento.

La giurisprudenza più recente (v. Cass. 16.11.09 n. 24202 ed altre seguenti) si è, tuttavia, orientata nel senso che il principio stesso deve essere interpretato coerentemente con l’impostazione generale accolta dalla L. n. 335, che art. 1, comma 12, implicitamente ne enunzia il contenuto, nel momento in cui – con riferimento specifico al passaggio dal sistema retribuivo al sistema contributivo di calcolo della pensione, per i lavoratori soggetti ad entrambi i sistemi (lavoratori assicurati, che, alla data del 31.12.95, possono far valere una anzianità contributiva inferiore a diciotto anni) – afferma che “la pensione è determinata dalla somma:

a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31.12.95 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di pensione corrispondente ai trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.

Il principio informatore cui gli enti di previdenza privatizzati di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 (ivi compresa la Cassa ora in causa) erano tenuti ad attenersi nell’emanazione di: a) provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, b) riparametrazione dei coefficienti di rendimento, c) riparametrazione di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, era, dunque, quello del rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturata in presenza dell’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti.

10.- Sulla base di questa più recente giurisprudenza, cui il Collegio intende dare seguito, pertanto, in base al principio del pro rata i lavoratori iscritti ad enti previdenziali privatizzali, nel caso di successione durante il periodo dell’iscrizione di sistemi diversi di calcolo della pensione, hanno diritto ad altrettante quote di pensione da calcolare, in relazione a ciascun periodo dell’anzianità maturata, secondo il sistema rispettivamente in vigore. Ne deriva che, a prescindere dal momento dell’insorgenza del diritto alla prestazione, la liquidazione della stessa nel caso di specie avrebbe dovuto avvenire, per l’anzianità maturata antecedentemente al 22.6.02, secondo il sistema pensionistico all’epoca in vigore.

Consegue, dunque, l’irrilevanza della questione sollevata e l’infondatezza anche del secondo motivo.

1.1.- Entrambi i motivi sono, dunque, infondati ed il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 (quaranta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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