Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1047 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 17/01/2020), n.1047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

N.P., rappr. e dif. dall’avv. Umberto Iorio e dall’avv. Gabriele

Pafundi, elett. dom. presso lo studio del secondo in Roma, viale

Giulio Cesare n. 14/A, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici, in

Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

– costituito –

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Brescia 9.10.2018, cron.

4011/2018, R.G. 2973/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 19.12.2019;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. N.P. impugna il decreto Trib. Brescia 9.10.2018, cron. 4011/2018, R.G. 2973/2018 che ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per la dichiarazione dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. il tribunale, circoscritta la disamina del provvedimento impugnato ai soli requisiti della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, in conformità agli stessi limiti della domanda, ha: a) negato la attendibilità della narrazione del ricorrente, perchè generica e contraddittoria; b) escluso che nel Paese di provenienza, il Gambia, sussistesse conflitto armato; c) ritenuto non praticabile la comparazione richiesta, rispetto alla vulnerabilità, per la verifica circa il diniego di esercizio di diritti umani fondamentali, essendo in sè insufficiente e comunque limitato anche l’inserimento sociale nel Paese d’accoglienza;

3. il ricorso descrive tre motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si contesta, anche per violazione degli artt. 131132, 421,422 e 424 c.p.c., la effettività della motivazione del decreto, in relazione anche all’uso della lingua (“Jola”) in cui sarebbe avvenuta la audizione, “lingua tribale sconosciuta al tribunale di Brescia”, così che i giudici non hanno esercitato alcun controllo critico sulla traduzione;

2. con il secondo motivo si censura la valutazione delle dichiarazioni del richiedente, alla luce di una serie di fattori (la giovane età, l’analfabetismo e la crisi economica) che avrebbero giustificato le contraddizioni riscontrate;

3. con il terzo motivo si contesta il limite di motivazione del tribunale quanto all’età (risultata non chiara) del ricorrente, le sue necessità economiche di ricorrere ad una vendita di bovini (rimproveratagli dallo zio e alla base delle punizioni subite), le modalità di pagamento (della sorella) di una cauzione (vicenda non creduta, nei termini del narrato);

4. il ricorso è inammissibile, posta la non specificità e incompletezza della procura apposta a margine (della prima pagina) del ricorso, documento nel quale non è indicata la data di rilascio e così, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”;

5. si osserva che già questa Corte ha statuito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. 17717/2018); e, in fattispecie analoga, Cass. 30620/2019 ha concluso per la inammissibilità della “procura su foglio separato e spillato in calce, ma niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta nè la data di conferimento, nè attestazione veruna”;

6. invero la specialità della norma deriva dalla peculiare connotazione pubblicistica che la “certificazione”, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha invero mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi invece al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale “certificazione” implica di necessità l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito del mandato ad impugnare per cassazione e a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta, e alla correlativa responsabilità, appare invero strettamente connessa ad un “modo” predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del mandato rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, conferita ex lege al difensore abilitato;

7. va dunque espresso il seguente principio: in materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta a margine dell’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria;

8. ne consegue, con la dichiarazione di inammissibilità, che sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 9660/2019, 25862/2019).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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