Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10468 del 20/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10468 Anno 2016
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: SOLAINI LUCA

SENTENZA

sul ricorso 24483-2009 proposto da:
APOLLO il SRL in persona del Presidente, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA A. GRAMSCI 28, presso lo
studio dell’avvocato MANILIO FRANCHI, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
FRANCESCO

SAVERIO

MERLINO, UGO PERI giusta delega a

margine;
– ricorrente contro

PUBLIAMBIENTE SPA in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA

PANAMA, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA MOLINO,

Data pubblicazione: 20/05/2016

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO
STANCANELLI, GIUSEPPE STANCANELLI giusta delega a
margine;
– controricorrente nonchè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 51/2009 della COMM.TRIB.REG.

ToStAh-l-ta
51,RERaE, depositata 1’08/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCA
SOLAINI;
udito per il controricorrente l’Avvocato STANCANELLI
ANTONIO che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

COMUNE DI FUCECCHIO;

RG 24483/09
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 51/09/09, depositata il giorno 8.5.2009 la Commissione Tributaria Regionale della
Toscana accoglieva l’appello proposto dalla società Publiambiente s.p.a., avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Firenze n. 145 pronunciata il 21.7.2007 che aveva acc(21u) il
ricorso avanzato dalla conceria Apollo l srl di Fuceechio. Il contenzioso trae origine dalla
impugnazione da parte della conceria Apollo 11 srl, di una fattura con la quale Publiarnbiente spa,
in qualità di concessionario per l’accertamento e la riscossione della Tariffa Igiene Ambientale
TIA aveva richiesto £ 8.385,65 a saldo del dovuto per gli anni 2002, 2003, 2004 e 2005.

In primo grado, i giudici avevano respinto la tesi della concessionaria, secondo la quale, ai fini TIA,
rilevano anche se con riduzioni, le superfici dei locali nei quali sono prodotti rifiuti speciali che
devono essere smaltiti autonomamente.
Con atto di appello, Publiambiente spa rilevava come la conceria Apollo 11 srl conciava cuoio in
vari locali dell’azienda, e che il Comune di Fucecchio, fin dal 2002 aveva approvato il regolamento
per l’applicazione della Tia per rifiuti solidi urbani e assimilati: sancendo, di fatto, il passaggio dalla
Tarsu alla Tia. Mentre, nel 2003, il medesimo Comune di Fucecchio aveva approvato un nuovo
regolamento attuativo; da qui, l’emissione della fattura impugnata per gli anni 2002-2005, nella
quale si distingue la parte fissa, con l’applicazione di riduzioni concordate con l’associazione di
categoria, e la parte variabile, con le riduzioni del 70% per il 2002 e dell’80% dal 2003. La
concessionaria ribadiva la non impugnabilità della fattura, perché atto non opponibile, ed in ogni
caso, doveva considerarsi legittima, perché applicava una tariffa a superfici, che non risultavano
modificate rispetto ai mq presi a base per il precedente calcolo della TARSU, né vi era bisogno di
avviso di accertamento (basandosi su dichiarazioni, con efficacia ultrannuale), pertanto, si poteva
procedere direttamente alla riscossione. La conceria ribadiva la necessaria esclusione delle aree
assoggettate a lavorazioni nelle quali si producono rifiuti speciali o assimilabili (in pratica, la
società richiedeva l’applicazione della TIA per i soli locali adibiti ad uffici e servizi igienici, perché
nei restanti spazi produceva rifiuti smaltiti autonomamente), richiamava, inoltre, le
autocertificazioni MUD, con le quali attestava le superfici destinate alla produzione di rifiuti
speciali non assimilabili a quelli urbani. Si costituiva il Comune di Fucecchio, con appello
incidentale.
La CTR accoglieva l’appello, in quanto nell’importo della tariffa era incluso non solo la refusione
del costo di smaltimento del rifiuto, ma anche le quote per l’intera igiene ambientale (discariche,
spazzamento strade, manutenzione del verde, ecc.), alla luce dell’art. 25 del regolamento comunale,
che per le categorie produttive di cui trattasi, è prevista una riduzione dell’80% delle superfici
complessive degli opifici, sulle quali applicare la tariffa.
La conceria Apollo 11 srl ricorre davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico
articolato motivo, mentre la Publiambiente spa, resiste con controricorso.

Con l’unico articolato motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3 della legge
n. 241/90 e dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. e dell’ari 2729 c.c., degli artt. 49 e 10 del
d.lgs. n. 22/97 e degli arti 6 e 7 del DPR n. 158 /99, dell’art. 23 del regolamento comunale Tia del
Comune di Fucecchio n. 25 del 14.3.2003, dell’art. 17 del regolamento comunale per la gestione del
servizio rimozione rifiuti urbani n. 24 del 14.3.2003, dell’art. 18 del regolamento comunale per la
gestione del servizio rimozione rifiuti urbani n. 17 del 14.3.2002, nonché violazione dei principi
affermati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 2009, in riferimento ai tratti distintivi
della Tia e alla sua sostanziale analogia con la Tarsu, ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c., ed infine,
vizio di motivazione, ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c., relativamente alla debenza della Tia per i
locali in cui si producono esclusivamente rifiuti speciali non assimilati né assimilabili agli urbani, e
in quantità rilevanti e comunque superiori ai massimi stabiliti dall’art. 17 secondo comma del
regolamento comunale per la gestione del servizio Tia, n. 24 del 14.3.2003; tali superiori censure,
ad avviso della ricorrente, sarebbero fondate, in quanto, innanzitutto, nel 2002, non era ancora
vigente il regolamento comunale sulla Tia e, pertanto, per tale anno, l’imposizione non era dovuta,
mentre, in riferimento alle restanti annate oggetto d’imposizione, sulla base dell’art. 23 del
regolamento comunale n. 25 del 14.3.2003, “sono escluse dall’applicazione della tariffa, i locali in
cui si producono rifiuti speciali non assimilati”, le cui superfici — pertanto, non assoggettabili a
imposta -il ricorrente aveva autocertificato attraverso i modelli MUD; mentre, in riferimento all’art.
17 del medesimo regolamento comunale, era ed è prevista una soglia quantitativa oltre la quale, i
rifiuti speciali, non possono, comunque, ritenersi assimilati a quelli urbani, in quanto non
potrebbero essere smaltiti dal servizio all’uopo predisposto. Più in generale, il ricorrente, ha
lamentato, che la CTR avesse immotivatamente supposto, che sulle superficie oggetto di
autocertificazioni MUD, attestanti la produzione di rifiuti speciali non assimilati né assimilabili,
fossero, invece, prodotti rifiuti qualitativamente misti e quantitativamente tali, da poter essere
conferiti al servizio predisposto per i rifiuti urbani, che è il presupposto per l’applicabilità della Tia,
in violazione dell’art. 116 c.p.c., per l’erroneo apprezzamento delle risultanze istruttorie, e in
violazione dell’art. 2729 c.c., per malgoverno nell’uso delle presunzioni.
Il complesso motivo, nella sola parte in cui deduce la violazione di legge, è fondato.
In tema di TARSU questa Corte ha già avuto occasione di chiarire con riguardo all’art. 62, comma
3, d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 – secondo cui «nella determinazione della superficie tassabile
non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per
destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali» – che soltanto dovesse incombere all’impresa
contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla
delimitazione delle aree che producendo di regola rifiuti speciali non concorrevano alla
quantificazione della complessiva superficie imponibile (Cass. sez. trib. n. 15083 del 2004; Cass.
sez. trib. n. 4766 del 2004). Ora, come di nuovo questa Corte ha già avuto modo di dire, l’appena
veduta regola deve ritenersi applicabile anche alla TIA. E ciò sia a causa della riconosciuta natura di
mera variante TARSU della stessa TIA, della quale quest’ultima mantiene infatti identica natura
tributaria (Corte cost. n. 64 del 2010; Corte cost. n. 300 del 2009; Corte cost. n. 238 del 2009; Cass.
sez. un. n. 5078 del 2016; Cass. sez. un. n. 23114 del 2015; Cass. sez. n. 25929 del 2011; Cass. sez.
un. 14903 del 2010). E sia principalmente perché l’art. 49, comma 3 e 14, d.lgs. n. 22 cit. – laddove
2

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il controricorso il gestore – oltre che a resistere all’avversario gravame — ha anche chiesto che
l’impugnata sentenza venga cassata nella parte in cui quest’ultima ha statuito l’ammissibilità
dell’originario ricorso della contribuente avverso la fattura TIA. Ma quella che nella sostanza è
un’impugnazione della sentenza della CTR, deve essere dichiarata inammissibile per non essere
stata proposta nel rispetto delle forme del ricorso incidentale.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la controversia deve essere decisa nel merito con
l’accoglimento del ricorso della contribuente.
Nel recente consolidarsi del richiamato orientamento, debbono farsi consistere le ragioni che
inducono la Corte a compensare integralmente le spese.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito accoglie l’originario
ricorso della contribuente; compensa integralmente le spese di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio del 10 marzo 2016 e 20 aprila 016.

stabilisce che «la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca
locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a
qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale», salva l’applicazione sulla stessa
di un «coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore
dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua
l’attività di recupero dei rifiuti stessi» – chiaramente presuppone l’assoggettamento a TIA dei soli
rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della stessa in caso di produzione di rifiuti assimilati
«smaltiti in proprio». Cosicché l’irnpugnata sentenza, che pur ha accertato che nelle superfici in
discussione la contribuente produceva «rifiuti speciali, ancorché non assimilabili», ha
erroneamente statuito atteso che per le ridette superfici la contribuente non era invece tenuta a
versare la parte variabile della TIA (Cass. sez. trib. n. 5829 del 2012; Cass. sez. trib. 3756 del
2012).

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