Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10467 del 27/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.27/04/2017), n. 10467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4057-2015 proposto da:

R.A., S.A. e SC.VI., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8, presso lo studio

dell’avvocato ANTONINO PELLICANO’, che li rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dell’avvocato TRIOLO

VINCENZO, unitamente agli avvocati VINCENZO STUMPO e ANTONIETTA

CORETTI;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 5/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

L’Avverso l’esecuzione proposta dagli attuali ricorrenti, sulla

base della sentenza che aveva riconosciuto il loro diritto

all’adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola, l’INPS

proponeva opposizione, accolta dal giudice di primo grado con

conseguente declaratoria di nullità dei precetti e inammissibilità delle

procedure esecutive;

2. la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato il gravame svolto dagli attuali ricorrenti;

3. il ricorso per cassazione avverso tale sentenza è affidato a due motivi: per violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c.,

sulla valenza di titolo esecutivo della sentenza, omesso esame di un

fatto decisivo sul requisito di liquidità del credito posto in

esecuzione; violazione dell’art. 2909 c.c. ed erronea e illogica motivazione per avere ritenuto formato il giudicato;

4. l’INPS ha resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;

5. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

6. il Collegio deve rilevare d’ufficio che l’appello degli

attuali ricorrenti non avrebbe potuto essere proposto, in guanto la

sentenza di primo grado era stata resa nel regime dell’art. 616 c.p.c.,

introdotto dalla L. n. 52 del 2006, art. 14;

7. nella vigenza di quel regime (rimodificato solo dalla L. n. 69 del 2009)

la sentenza pronunciata in primo grado sull’opposizione all’esecuzione

era detta inimpugnabile, con previsione che operava anche per le

sentenze rese secondo il rito di cui all’art. 618 – bis c.p.c., comma 1, e che comportava, per applicazione dell’art. 111 Cost.,

la soggezione della sentenza al solo rimedio del ricorso straordinario

per cassazione, analogamente al regime da sempre previsto per le

opposizioni esecutive ex art. 617 c.p.c. (in proposito, da ultimo e fra

le tante, Cass. n. 22857 del 2016, nn. 16079, 15888 e 15887 del 2015);

8. sull’ammissibilità dell’appello non vi è stata pronuncia

espressa della sentenza impugnata e non si è formato giudicato interno

e, pertanto, il rilievo che l’appello non avrebbe potuto proporsi e la

conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di appello, a norma

dell’art. 382 c.p.c.,

comma 3, non trovano ostacoli, trattandosi di rilevare ex officio che

la sentenza di primo grado, in ragione dell’inammissibilità

dell’appello, era passata in cosa giudicata (si rinvia all’ampia

disamina dell’infondatezza della prospettazione del giudicato implicito,

anche alla luce di Cass. sez. un. n. 24883 del 200, svolta da Cass. n. 2361 del 2010, seguita da Cass. n. 25209 e, da ultimo, da Cass. n. 674 del 2016);

9. la sentenza impugnata dev’essere cassata senza rinvio a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, perchè l’appello non poteva essere proposto;

10. in conseguenza della disposta cassazione della sentenza

d’appello resta ferma la sentenza di primo grado quanto alle statuizioni

di accoglimento delle opposizioni;

11. La cassazione senza rinvio impone di provvedere sulle spese

del giudizio di gravame, che si compensano in ragione della definizione

in rito del giudizio;

12. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

13. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo

posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata

senza rinvio perchè l’appello non poteva proporsi; compensa le spese

del giudizio dì appello; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

del giudizio di legittimità liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro

1.100,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso

forfetario del 15 per cento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,

comma 1 – quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento,

a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di

contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,

comma 1 – bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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