Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10467 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 21/04/2021), n.10467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5970/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

R.A., con l’avv. Michelantonio Placentino, nel domicilio

anche telematicamente eletto preso il suo studio in San Giovanni

Rotondo, via Placentino n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Puglia – Foggia n. 2636/26/2014, depositata il 18 dicembre 2014, non

notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio

2021 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente era destinatario di ripresa a tassazione a fini Irpef, Irap, Iva per gli anni di imposta dal 1998 al 2002 compreso. Dopo un primo momento integralmente favorevole, i gradi di merito esitavano in una rimodulaziione dell’originaria pretesa tributaria su cui scendeva il giudicato, per la cui esecuzione era emessa cartella esattoriale avverso cui spiccava ricorso il contribuente, lamentando errori di calcolo, duplicazioni di importi e – per quanto interessa il prosieguo – il riconoscimento dei costi solo ai fini delle imposte dirette e non dell’Iva, come previsto testualmente in sentenza. L’Ufficio rimarcava come una lettura della sentenza ottemperanda coerente con le disposizioni legislative non consentiva la deduzione di costi per l’Iva, semmai la deduzione dell’Iva versata in eccesso, secondo il meccanismo di compensazione sulla neutralità dell’Iva. Altresì, l’Ufficio dichiarava di aver tenuto conto per le sanzioni del calcolo più favorevole al contribuente, nella fattispecie risultando più mite la sanzione per il 2002, incrementata ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1996, art. 12, comma 5, ma diminuita delle sanzioni in precedenza liquidate per le pregresse annualità.

La CTP era parzialmente favorevole al contribuente, confermando gli importi iscritti a ruolo per alcuni titoli, ma annullando per altri, tra cui i profili Iva nella parte in cui non aveva consentito la deduzione ai fini del calcolo dell’imponibile. Questa pronuncia era confermata in appello, sull’argomentazione testuale che la sentenza ottemperanda testualmente disponeva per l’applicazione di “un coefficiente di redditività pari al 14% da applicarsi sul volume d’affari accertato, con riconoscimento dei costi afferenti agli stessi.”

Ricorre per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato, proponendo tre motivi, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso che, in prossimità dell’udienza, ha depositato altresì memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si propone censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, dell’art. 2909 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1996, art. 12, comma 5, nella sostanza affermando che la sentenza ottemperanda non contenga alcuna statuizione specifica sulla deduzione dei costi ai fini Iva e che, comunque, una lettura adeguata della sentenza porta a concludere per l’illegittimità di ogni forma di scomputo Iva dal volume d’affari diversa dal meccanismo della compensazione.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ inammissibile per la parte in cui afferma che la sentenza ottemperanda non contenga alcuna statuizione in materia di Iva perchè non vengono riportate compiutamente e specificamente le parti della pronuncia ove la portata delle disposizioni oggetto di giudicato da eseguirsi disporrebbero n& senso voluto dall’Ufficio.

E’ infondato perchè, in difetto di tale adempimento, ci si deve limitare alla lettura degli stralci della pronuncia da eseguirsi riportati nella gravata sentenza, da cui si evince che il giudicato si estende all’onnicomprensività del coefficiente del 14%, da estendersi anche all’Iva pur in difformità dalle previsioni normative, come pure riconosce il giudice dell’appello (primi due capoversi dell’ultima pagina della sentenza in scrutinio) che si ritiene vincolato a tale disposizione coperta dal giudicato. La violazione del D.Lgs. n. 472 del 1996, art. 12, comma 5, pur invocata in epigrafe, non viene poi coltivata.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si profila vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo novellato, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, nella sostanza contestando non essere stato accuratamente esaminato il documento ove l’Ufficio rappresentava i calcoli operati per concludere che le sanzioni irrogate erano state computate nel senso più favorevole al contribuente, previa comparazione dei diversi criteri di calcolo.

La circostanza è smentita dal terzo capoverso della gravata sentenza, ove la commissione di merito dà atto di aver presto in considerazione tale documento, ritenendolo non chiaro e non convincente. Più radicalmente, il motivo è inammissibile perchè suggerisce come omesso esame di un fatto ciò che è un documento. Ed infatti, questa Corte ha più volte avuto occasione di richiamare che il fatto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve concretarsi in un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso. E di tale fatto deve essere indicata anche la natura “decisiva” ai fini del decidere (Cass., Sez. V, n. 16655 del 2011).

Il motivo è quindi inammissibile.

3. Con il terzo motivo, in via subordinata, si propone censura ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 35, comma 3, nonchè dell’art. 277 c.p.c., nello specifico lamentando come il giudice d’appello non abbia fatto applicazione del principio dell’annullamento/merito, proprio del rito tributario, per cui al riconoscimento di un vizio dell’atto impositivo o del calcolo dell’obbligazione tributaria, la sentenza non debba limitarsi alla resezione chirurgica, ma sostituire a quella errata una quantificazione corretta del dovuto.

La lettura della grava sentenza porta a ritenere, per contro, come il giudice dell’appello abbia ben avuto contezza del regime particolare della deduzione dei costi, anche ai fini Iva operata dalla sentenza ottemperanda, ma si sia ritenuto ad essa vincolato.

In altri termini, quindi, non si tratta di individuare un vizio e di non avervi posto rimedio con una nuova quantificazione, bensì di aver preso atto di una determinazione non più modificabile, almeno in sede di appello sulla sentenza che ha conosciuto della cartella. Il motivo è quindi inammissibile.

In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della parte contribuente, che liquida in Euro seimilacinquecento/00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA