Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10461 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. II, 12/05/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 12/05/2011), n.10461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BARILLA ALIMENTARE S.P.A., anzi BARILLA G.ER. Fratelli s.p.a., P. IVA

(OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G MONTANELLI 11, presso lo

studio dell’avvocato AMENTA PIERO, rappresentata e difesa dagli

avvocati ARTONI GIAN CARLO, STRAMAGLIA VINCENZO;

– ricorrente –

contro

S.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GAETANO KOCH 42, presso lo studio dell’avvocato AMODIO

VITANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato PADRONE RAFFAELE

EMILIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 500/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato VITANTONIO AMODIO con delega dell’avvocato RAFFAELE

EMILIO PADRONE difensore del resistente che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Barilla Alimentare spa, premesso che era proprietaria, in agro di (OMISSIS), di uno stabilimento industriale per la conservazione e lavorazione del grano duro e che, lungo il muro di confine di detto stabilimento, la ditta S. D., abusivamente, aveva realizzato, a ridosso dello stesso muro, un manufatto coperto, per l’intera zona di distacco di m. 5; che detta costruzione violava la normativa comunale sulle distanze legali ed in particolare l’art. 6, comma 4 delle vigenti norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di (OMISSIS), prescrivente dal confine il distacco di cinque metri; conveniva dinanzi al Tribunale di Bari S.D. per sentire dichiarare la illegittimità delle opere abusive realizzate e condannare il medesimo all’abbattimento delle stesse, oltre che al risarcimento di tutti i danni.

Si costituiva il convenuto deducendo che, se era vero che gli artt. 6 e 17 delle norme tecniche di attuazione del PRG stabilivano la inedificabilità delle zone di distacco tra i confini di due proprietà per 5 metri, era altresì vero che, in data 12-1-1977, era stato approvato dal Comune il piano particolareggiato di esecuzione del Piano Regolatore Generale D1 per la Zona Industriale ed Artigianale, norma speciale rispetto a quella generale, che prevedeva, nelle zone compromesse da fabbricati preesistenti, riportate nella tavola 10, per le distanze dai confini e tra i fabbricati, il rinvio alle norme del codice civile, sicchè , ricadendo il manufatto in questione nella zona compromessa, erano pplicabili le previsioni di cui all’art. 873 e segg. e, quindi, anche quelle di costruire sul confine in base al principio della prevenzione. Aggiungeva che aveva già presentato domanda di sanatoria per il manufatto realizzato in variante al progetto originario ed era in attesa del rilascio della relativa concessione.

Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 998 del 2000, riteneva che, alla stregua dell’art. 6 del piano particolareggiato di esecuzione del Piano Regolatore D1 per la Zona Industriale ed Artigianale, andavano applicate le disposizioni dettate dall’art. 873 cod. civ., per cui condannava il convenuto ad arretrare la costruzione a mt 1,50 dal confine, non potendo tenersi conto del muro di cinta della società attrice.

Con sentenza dep. il 24 maggio 2005 la Corte di appello di Bari, in riforma della decisione impugnata dal convenuto, rigettava la domanda proposta dall’attrice escludendo la illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto in virtù del principio della prevenzione, sul rilievo che l’immobile edificato dall’attrice venti anni prima era ubicato ad alcune centinaia di metri dal confine, cioè in un luogo del tutto diverso e che non aveva alcuna relazione di interdipendenza con la proprietà S., per cui la medesima non avrebbe potuto invocare a suo favore il principio della prevenzione.

D’altra parte, non poteva essere negata, come preteso dalla società Barilla, l’applicabilità al caso di specie del piano particolareggiato di esecuzione del PRG relativo alla zona industriale ed Artigianale, in quanto mancante del piano particellare di esproprio, sia perchè non risultava da alcuna norma che il piano particellare di esproprio costituisse condizione di validità o di efficacia del detto piano particolareggiato di esecuzione del PRG in zona D1 Industriale ed Artigianale adottato in data 12-1-77 dal Comune, sia perchè non risultava che il piano particolareggiato fosse stato mai annullato o revocato in sede di autotutela dal Comune o in sede di giurisdizione dal giudice amministrativo sia perchè il manufatto della ditta S. era stato assentito dal Comune, con concessione in sanatoria, proprio sulla base della validità ed efficacia delle norme di tale piano particolareggiato. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la società Barilla Alimentare spa sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 875 cod. civ. per insufficiente e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, deduce la falsa e errata applicazione del principio della prevenzione atteso che il convenuto, il quale aveva costruito in appoggio al muro di confine di proprietà dell’attrice che aveva abusivamente e illegittimamente innalzato, avrebbe dovuto chiedere la comunione forzosa del predetto muro.

Non poteva trovare applicazione l’art. 6 delle N.T.A. del piano particolareggiato del PRG posto che l’immobile, costruito dal convenuto in un periodo che va dal 16-3-1985 al 31-12-1993, non rientrava tra i fabbricati preesistenti ai quali faceva riferimento il citato articolo, mentre in data 28-1-1993 era stato adottato il nuovo piano regolatore adeguato alla L.R. n. 56 del 1980 che non richiamava il piano particolareggiato così come non era richiamato neppure dalle norme transitorie, anche per la inefficacia del detto piano che era privo dell’indispensabile piano particellare di esproprio; detto piano particolareggiato era stato dichiarato inesistente dal Consiglio Comunale di (OMISSIS).

In ogni caso andava rispettata la distanza di mt. 1,50 secondo quanto previsto per le costruzioni in aderenza che sono consentite ove vi sia un accordo fra i rispettivi proprietari che sia trascritto.

Il secondo motivo ribadisce la violazione del principio: della prevenzione per avere il convenuto realizzato la costruzione in epoca successiva a quella realizzata dall’attrice; della conservazione degli atti amministrativi, osservando che il piano particolareggiato non era mai entrato in vigore per la mancanza del piano particellare di esproprio.

I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente- sono infondati.

Occorre premettere che:

a) la domanda proposta dall’attrice era basata sulla denunciata violazione delle distanze legali (causa petendi) prescritte dallo strumento urbanistico (distacco dal confine di mt. 5) da parte del convenuto nella costruzione dell’immobile dal medesimo realizzato a ridosso del muro di confine di proprietà di essa attrice;

b) la sentenza di primo grado riteneva l’inapplicabilità delle prescrizioni in materia di distanze contenute nello strumento urbanistico, dovendo piuttosto trovare applicazione – in virtù di quanto previsto dal piano particolareggiato di esecuzione – le disposizioni di cui all’art. 873 cod. civ.; disponeva di conseguenza l’arretramento della costruzione del convenuto a distanza di mt. 1,50 dal confine;

c) i Giudici di appello,accogliendo l’impugnazione proposta dal convenuto, ritenevano la legittimità dell’immobile realizzato dal medesimo, avendo verificato, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, che tale costruzione era stata edificata dal convenuto in appoggio al muro di cinta di proprietà esclusiva dell’attrice e che al di là del confine non vi era un edificio a distanza inferiore ai tre metri, posto che lo stabilimento dell’attrice era ubicato ad alcune centinaia di metri.

Orbene la denunciata violazione del principio di prevenzione è del tutto insussistente, posto che il muro di cinta, quando abbia le caratteristiche previste dall’art. 878 cod. civ., non è considerato costruzione di cui tenersi conto ai fini del calcolo delle distanze legali tra edifici e delle facoltà concesse al vicino di realizzare il proprio fabbricato in aderenza o in appoggio : le distanze legali, perciò, vanno computate come se tale muro non esistesse. D’altra parte, la ubicazione dello stabilimento a centinaia di metri dal confine rende evidente come l’attrice non potesse al riguardo invocare a suo favore il diritto di prevenzione nè, quindi, i presupposti che legittimano l’esercizio da parte del prevenuto di costruire in aderenza o in appoggio, atteso che, per quel che si è detto, il convenuto non era tenuto all’osservanza della distanza dal fondo finitimo.

Peraltro, come si è già detto, la sentenza di primo grado aveva ritenuto applicabili alla specie le previsioni di cui all’art. 873 cod. civ. in virtù di quanto stabilito dal piano particolareggiato di esecuzione per i fabbricati preesistenti : tale statuizione non ha formato oggetto di impugnazione da parte dell’attrice. Ed invero, l’applicabilità o meno del predetto strumento urbanistico all’immobile del convenuto ovvero la sua validità ed efficacia avrebbero dovuto formare oggetto di appello incidentale, non potendo considerarsi sufficiente al riguardo la mera riproposizione ex art. 346 cod. civ., atteso che l’attrice era rimasta soccombente rispetto alla domanda di illegittimità della costruzione per violazione delle norme urbanistiche, che prevedevano il distacco dal confine. Ne consegue che, in relazione all’applicabilità delle distanze previste dall’art. 873 cod. civ. si era formata la cosa giudicata che va rilevata d’ufficio nella presente sede, non essendo stata rilevata dalla sentenza impugnata che dunque erroneamente ha esaminato – disattendendole – le eccezioni relative alla validità ed efficacia del piano particolareggiato esecutivo. Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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