Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10461 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. II, 03/06/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 03/06/2020), n.10461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27544/2015 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 36,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO QUEIROLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO SARTORI;

– ricorrente –

contro

G.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 75/2015 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZ.

DIST. di BOLZANO, depositata il 18/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla domanda proposta da P.A. nei confronti di G.R., innanzi al Tribunale di Rovereto, per ottenere il pagamento della somma di Euro 49.000,00 a titolo di provvigione per l’attività di mediazione svolta nell’ambito di una compravendita immobiliare.

Il convenuto aveva resistito alla domanda ed eccepito, in via preliminare, la prescrizione del diritto alla provvigione.

A seguito di dichiarazione di incompetenza territoriale da parte del Tribunale di Rovereto, la causa veniva riassunta innanzi al Tribunale di Bolzano, Sezione Distaccata di Bressanone, che accoglieva la domanda.

La Corte d’appello di Bolzano, con sentenza del 18.4.2015, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’eccezione di prescrizione e, per l’effetto rigettava la domanda proposta dal P..

In via preliminare, la corte di merito rigettava l’eccezione di inammissibilità dell’appello; affermava, quindi, che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, fosse necessario aver riguardo al momento in cui il destinatario aveva avuto conoscenza legale dell’atto: esso non coincideva con il momento della spedizione ma della ricezione, in quanto la scissione dei termini per il notificante e notificatario si applicava solo agli atti processuali e non a quelli sostanziali.

Nella specie, mancava la prova della ricezione dell’atto di riassunzione entro un anno dal precedente atto interruttivo in quanto il primo atto di citazione era stato ricevuto il 10.4.2006, l’atto di riassunzione era stato spedito il 26.3.2007, ma non vi era prova della sua ricezione.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.A. sulla base di quattro motivi ed ha depositato memoria difensiva in prossimità dell’udienza.

G.R. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va, preliminarmente disattesa la tesi controricorrente secondo cui l’assenza di deposito del controricorso produrrebbe gli effetti di cui all’art. 115 c.p.c., con conseguente “mancata contestazione delle tesi in diritto e delle domande proposte dal ricorrente per la cassazione della sentenza impugnata”.

Il principio di “non contestazione” opera nel processo civile su rapporti disponibili quando i fatti allegati da una parte non sono espressamente contestati dall’altra.

L’art. 115 c.p.c., si riferisce, dunque, ai “fatti” non specificamente contestati dalla parte costituita nel giudizio di merito in relazione alla domanda svolta dall’attore.

Diversamente, il giudizio di cassazione è un giudizio di legalità, con il quale si denunciano errori di diritto, in iudicando ed in procedendo; il giudizio sui fatti storici della lite esula dal sindacato della cassazione, che non è mai il giudice del fatto in senso sostanziale ma esercita un controllo di legalità della decisione, che non si estende al riesame ed alla valutazione del merito della causa.

Ne consegue che il principio di non contestazione può operare solo con riferimento al merito della causa e non con riferimento al sindacato di legittimità.

Nella specie, solo nel giudizio di merito, avente ad oggetto la domanda di pagamento della provvigione poteva trovare applicazione l’art. 115 c.p.c. e non certamente alla richiesta di annullamento della sentenza per effetto del ricorso per cassazione, che, si ribadisce, non è tecnicamente una domanda.

Passando all’esame del merito, va, per ragioni di carattere logico -giuridico, esaminato in via prioritaria il quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. e dell’art. 2950 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; il ricorrente contesta la qualificazione giuridica dei contratti conclusi tra le parti, che la corte di merito ha ricondotto nell’ambito della mediazione, applicando il termine di prescrizione annuale, mentre, invece, si tratterebbe di un mandato a vendere, in relazione al quale vi sarebbe stata una ricognizione di debito, soggetta a prescrizione decennale.

Il motivo è inammissibile per genericità, in quanto il ricorrente non chiarisce le ragioni per le quali la qualificazione giuridica fornita dal giudice di merito sarebbe erronea e si limita a fornire apoditticamente la propria interpretazione. La censura è del tutto svincolata dal contenuto degli accordi, che il ricorrente non allega nè trascrive, nè chiarisce le ragioni per le quali le parti abbiano concluso un contratto diverso da quello di mediazione.

Va, inoltre, ribadito che l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito e questa Corte deve solo effettuare il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cassazione civile, sez. VI, 21/12/2017, n. 30684; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2008, n. 20373; Cassazione civile, sez. I, 07/07/2006, n. 15603).

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c. e art. 348 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 5, per avere la corte territoriale ritenuto che l’appello del G. fosse ammissibile, nonostante la sua genericità, con particolare riferimento all’eccezione di prescrizione.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto il ricorrente non indica per quali ragioni l’appello fosse generico, omettendo di confrontarsi con la sentenza di primo grado e con le censure svolte nell’atto di gravame.

Pur trattandosi di una violazione di carattere processuale, infatti, è onere del ricorrente riportare nel ricorso i motivi d’appello formulati dalla controparte, deducendo le ragioni per le quali essi difettassero di specificità (Cassazione civile, sez. III, 23/03/2017, n. 7406; Cass. 10 gennaio 2012, n. 86; Cass. 21 maggio 2004, n. 9734).

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., comma 2, art. 183 c.p.c., comma 6, art. 112 c.p.c. e art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 5, in quanto l’eccezione di prescrizione sarebbe stata formulata in modo generico, senza fare riferimento agli atti interruttivi ed in particolare alla notifica dell’atto di citazione. La decisione sarebbe, quindi, viziata da ultrapetizione perchè la corte territoriale avrebbe deciso sull’eccezione di prescrizione, senza che essa fosse stata proposta in comparsa di risposta e quando erano già maturate le preclusioni. Inoltre l’assenza della cartolina di ritorno dell’atto di citazione sarebbe stata rilevata d’ufficio dalla corte di merito, senza sottoporre la questione alle parti e disporne le opportune ricerche.

Il motivo non è fondato.

L’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (Cassazione civile sez. I, 27/07/2016, n. 15631; Cass. Civ., sez. 01, del 22/05/2007, n. 11843; Cass. Civ., sez. 06, del 20/01/2014, n. 1064).

E’ quindi sufficiente che la parte eccepisca l’inerzia del titolare prolungatasi per il tempo previsto dalla legge e la volontà di profittare di quell’effetto ma non anche di indicare direttamente o indirettamente le norme applicabili al caso di specie. L’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge costituisce una quaestio iuris demandata al giudice di merito. Nè rileva la genericità o l’errore della parte relativamente al periodo di tempo che dovrebbe intendersi coperto dalla prescrizione, nonchè alla individuazione del termine iniziale, atteso il potere – dovere del giudice di esaminare l’eccezione medesima e di stabilire in concreto ed autonomamente se essa sia fondata in tutto o in parte, determinando il periodo colpito dalla prescrizione e la decorrenza di esso in termini eventualmente diversi da quelli prospettati dalla parte (Cassazione civile sez. lav., 23/08/2004, n. 16573).

L’accertamento della prescrizione da parte del giudice di merito, attraverso l’individuazione del dies a quo e ad quem, si estende anche agli atti interruttivi delle prescrizione.

L’eccezione di interruzione della prescrizione, come più volte affermato da questa Corte con orientamento consolidato, integra, infatti, un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche in appello, sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (Cassazione civile sez. VI, 07/06/2018, n. 14755; Cassazione civile sez. III, 22/06/2015, n. 12876; Cassazione civile sez. un., 27/07/2005, n. 15661).

Ne consegue l’infondatezza del motivo per violazione degli artt. 167 e 112 c.p.c., in quanto l’eccezione di prescrizione era stata sollevata dal convenuto e non era stata rilevata d’ufficio, sicchè, non costituendo una questione nuova, non doveva essere sottoposta alle parti, ai sensi dell’art. 101 c.p.c..

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1335 e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio risultante dagli atti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè, essendo provata ed indiscussa la spedizione a mezzo posta della raccomandata, ai fini dell’interruzione della prescrizione, avrebbe dovuto presumersi la ricezione e la conoscenza dell’atto ai sensi dell’art. 1335 c.c., considerando che il convenuto si era costituito senza nulla eccepire sul punto.

Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite, con la pronuncia del 09/12/2015, n. 24822 hanno affermato che la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicchè, in tal caso, la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altra ipotesi tale effetto si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario.

Nella specie, la notifica dell’atto di riassunzione non costituiva l’unico modo per esercitare il diritto, come nell’ipotesi esaminata dalle Sezioni Unite citate, che riguardava la prescrizione dell’azione revocatoria.

Ne consegue che, in presenza di un atto processuale, idoneo ad interrompere la prescrizione, trattandosi di notifica a mezzo posta, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio richiedeva la produzione dell’avviso di ricevimento nonchè, in caso di temporanea assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o rifiuto delle persone altrimenti abilitate a ricevere il piego in sua vece, della comunicazione di avvenuto deposito (c.d. CAD) del plico presso l’ufficio postale. Il ritiro del piego presso l’ufficio postale ad opera del destinatario (o di persona da lui delegata) determina la sanatoria, per raggiungimento dello scopo, di eventuali vizi del procedimento notificatorio, il quale si perfeziona alla data di tale ritiro (purchè anteriore al decimo giorno dalla spedizione della CAD), sicchè, ai fini della relativa prova, è sufficiente l’attestazione dell’agente postale di avvenuta consegna del plico, con indicazione della data e del soggetto che ha provveduto al ritiro (Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, n. 26287).

Nella specie, la corte distrettuale ha accertato che non vi era prova che l’atto di riassunzione fosse stato ricevuto dal convenuto entro l’anno dal precedente atto interruttivo. Infatti, l’ultima diffida era avvenuta il 10.4.2006, e l’atto di citazione era stato consegnato per la notifica il 26.3.2007 ma non era stata fornita la prova della sua ricezione.

Nè rileva la circostanza che il convenuto si fosse costituito senza nulla eccepire sul perfezionamento della notifica, dal momento che la notifica avrebbe potuto perfezionarsi anche il giorno stesso della costituzione del convenuto, avvenuta in data 19.6.2007, dopo che era decorso il termine di prescrizione, in data 10.4.2007.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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