Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1046 del 17/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1046 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 20510-2016 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017

contro

3828

CONTI LUCA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 17616/2015 della CORTE SUPREMA

Data pubblicazione: 17/01/2018

DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 04/09/2016
R.G.N. 18445/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;

Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato FRANCESCA BONFRATE per delega
verbale Avvocato LUIGI FIORILLO.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

R.G. n. 20510/2016

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 483 del 18 luglio 2008,
accolse, per quanto di ragione, le impugnazioni proposte da Conti Luca, Boldrini
Fabio, Cadeddu Maria Stella, nei confronti di Poste Italiane Spa, avverso la
sentenza di primo grado del locale Tribunale e dichiarò la nullità dei contratti a

conseguenze economiche. Dichiarò cessata la materia del contendere rispetto
alla posizione di Magarini Mara.
I contratti erano stati stipulati per “esigenze tecniche, organizzative e
produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di
riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di
risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero
conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o
servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23
ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”,
congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio “in concomitanza di
assenza per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo
estivo”.
Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorreva la società
Poste Italiane Spa nei confronti del solo Conti Luca, prospettando cinque motivi
di ricorso. Il lavoratore non si costituiva.
2. Con sentenza n. 17616 del 4 settembre 2015 questa Corte dichiarava
l’inammissibilità del ricorso, “in ragione della nullità della notificazione dello
stesso, attesa la mancata allegazione all’atto notificato dell’avviso di ricevimento
della raccomandata effettuata ai sensi dell’art. 140 cpc”.
3. Avverso tale pronuncia la società ha proposto ricorso per revocazione affidato
ad un unico motivo, cui non ha resistito l’intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso per revocazione denuncia che la sentenza impugnata “è affetta da
errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa”, ai sensi dell’art.
395, n. 4, c.p.c., in quanto la Corte avrebbe dichiarato l’inammissibilità della

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termine stipulati tra le parti dal 10 luglio al 30 settembre 2002, con le relative

R.G. n. 20510/2016

impugnazione sull’erroneo presupposto che l’originario ricorso per cassazione
sarebbe stato notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c. a mezzo del servizio postale,
mentre dalla relata dell’ufficiale giudiziario, “allegata all’originale del ricorso per
cassazione tempestivamente depositato dalla società”, viene dato atto
“dell’avvenuta notifica del ricorso mediante consegna a mani”.
2. Il ricorso per revocazione va accolto a mente dell’art. 395, n. 4, c.p.c. in
quanto la sentenza n. 17616 del 4 settembre 2015 di questa Corte è l’effetto di

sulla supposizione di un fatto – notificazione dell’originario ricorso per cassazione
a mezzo posta – che è smentito dall’originale dell’atto di ricorso che reca in calce
una relata di notificazione dalla quale risulta che lo stesso è stato notificato al
difensore del Conti presso la cancelleria della Corte di Appello di Roma, ove era
elettivamente domiciliato, in data 17 luglio 2009 a mani di dipendente addetto
alla ricezione degli atti.
Per pacifica giurisprudenza di questa Corte tale genere di errore presuppone il
contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una
dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la
realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o
di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata
contestata dalle parti (per tutte Cass. SS.UU. n. 5303 del 1997; v. poi Cass.
SS.UU. n. 15979 del 2001); pertanto l’errore non può riguardare la violazione o
falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l’interpretazione
dei fatti storici; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice
rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i
documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari
indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la
percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui
emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia
sarebbe stata diversa.
Nella specie ha detti caratteri l’errore di percezione denunciato nel ricorso per
revocazione in quanto la sentenza impugnata ha dichiarato l’inammissibilità
dell’originario ricorso sull’assunto che non era stato allegato all’atto notificato
l’avviso di ricevimento di una raccomandata che non era stata spedita in quanto

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un errore di fatto risultante dagli atti della causa, poiché la decisione è fondata

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la notificazione era avvenuta mediante consegna di copia conforme all’originale
a mani di addetto all’ufficio del destinatario in data 17 luglio 2009.
Si impone, pertanto, la revocazione della sentenza n. 17616 del 2015 di questa
Corte, con conseguente necessità di decidere il ricorso della società in fase
rescissoria.
Con il primo motivo dell’originario ricorso per cassazione Poste Italiane Spa
censura diffusamente, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1. del d. Igs. n.

termine in quanto la causale non soddisferebbe il requisito di specificità voluto
dal legislatore.
Il motivo, assistito da idoneo quesito di diritto, è fondato in quanto la questione
in esame è già stata affrontata numerose volte da questa Corte con riferimento a
fattispecie nelle quali erano state adoperate clausole giustificatrici di contenuto
analogo a quello utilizzato nel caso in esame (cfr. Cass. n. 2279 del 2010; Cass.
n. 10033 del 2010; Cass. n. 8286 del 2012): premesso che, in tema di
apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo
l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in
consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di
Giustizia (cfr. sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/07 ed altre; sentenza
del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione delle
ragioni oggettive del termine finale, si è precisato che tale specificazione può
risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro attraverso il riferimento per
relationem ad altri testi scritti accessibili alle parti, tra cui gli accordi collettivi (v.
Cass. n. 21243 del 2015; Cass. n. 4248 del 2015, cui si rinvia per ulteriori
argomentazioni di supporto).
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi
avendo ritenuto la mancanza di specificità della clausola senza aver previamente
ed adeguatamente esaminato l’intero contenuto degli accordi ai quali la clausola
stessa faceva riferimento, per cui in applicazione dei principi sopra enunciati
occorre invece uno specifico esame di tutti gli accordi citati nel contratto
individuale per verificare se in concreto il requisito della specificità possa essere
considerato sussistente o meno.

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368 del 2001, l’assunto della Corte territoriale che ha ritenuto la nullità del

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Pertanto, il primo motivo dell’originario ricorso proposto da Poste Italiane nei

confronti di Luca Conti merita accoglimento, assorbiti gli altri quattro successivi
in ordine logico, con cassazione della sentenza impugnata in relazione alla
censura accolta e rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a
nuovo esame conformandosi agli indicati principi di diritto e provvederà altresì
sulle spese del giudizio.

La Corte accoglie il ricorso per revocazione, revoca la sentenza n. 17616 del
2015 di questa Corte e, nuovamente pronunciando sul ricorso per cassazione
proposto da Poste Italiane Spa avverso la sentenza della Corte di Appello di
Roma n. 483/2008, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la
sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa
composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 ottobre 2017

P.Q.M.

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