Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10459 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. II, 03/06/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 03/06/2020), n.10459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29114/2015 proposto da:

DIERRE SRL, in persona dell’Amministratore Unico, elettivamente

domiciliata in ROMA, P.ZA ADRIANA 5 PAL A INT 13, presso lo studio

dell’avvocato ELENA VACCARI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RICCARDO PASOLINI;

– ricorrente –

contro

NATRIBOM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 86/90, presso lo

studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO LAMBIASE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2452/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Per quanto ancora rileva, con sentenza depositata il 10 giugno 2015 la Corte d’appello di Milano, decidendo sull’appello principale proposto dalla Dierre s.r.l. e sull’appello incidentale proposto dalla Locati Trading s.r.l.: a) ha confermato la decisione di primo grado, che, accertato il grave inadempimento della prima società, aveva pronunciato la parziale risoluzione del contratto concluso dalle parti in data 24 marzo 2006, limitatamente alla fornitura dello stampo a corpo; b) ha riformato tale decisione, con riguardo all’ammontare del risarcimento posto a carico della Dierre s.r.l. e rideterminato in Euro 70.000,00, oltre interessi e rivalutazione.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che, anche tenendo conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, invocate dalla Dierre s.r.l., comunque permaneva il grave difetto estetico riscontrato nello stampo a corpo e, soprattutto, la mancata consegna dello stesso, anche dopo la scadenza dei nuovi termini concordati, nonostante fosse sufficiente effettuare un minimo aggiustamento poco oneroso; b) che l’eccezione di inadempimento sollevata dalla Dierre s.r.l., oltre che tardiva, in quanto sollevata solo con la comparsa conclusionale, era infondata, sia perchè il mancato pagamento, da parte della Locati Trading s.r.l. di quanto dovuto per le modifiche apportate allo stampo base non giustificava la condotta della Dierre s.r.l., sia perchè, al momento della missiva inviata dal legale di quest’ultima società (4 ottobre 2006), il contratto si era già risolto, a seguito della diffida della Locati Trading s.r.l. del 13 settembre 2006.

3. Avverso tale sentenza la Dierre s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la Natribom s.r.l., incorporante la Locati Trading s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione delle norme relative alla distribuzione dell’onere della prova; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con riguardo alla prova del danno da risarcire.

Osserva la ricorrente: a) che la controparte non aveva offerto alcuna dimostrazione del pregiudizio subito, in relazione alla fornitura di 8.000 macchinette per il caffè ad un proprio cliente; b) che dagli atti risultava esclusivamente che quest’ultimo aveva unilateralmente ridotto il prezzo di acquisto.

La doglianza è inammissibile.

La ricorrente, a fronte della sentenza impugnata che non indica in alcun modo la proposizione di una censura avente ad oggetto la dimostrazione del danno, limitandosi a riportare il denunciato vizio di ultrapetizione, non riproduce, nell’atto di impugnazione, il contenuto dell’appello e neppur deduce di avere posto la questione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o.di parte (v., ad es., Cass. 20 agosto 2015, n. 17049).

Le indicazioni contenute nella memoria, oltre a non poter integrare le carenze del ricorso, comunque si caratterizzano per una assoluta assenza di specificità quanto al punto dell’entità del risarcimento del danno, salvo che per il tema dell’ultrapetizione nella quale era incorsa la sentenza del giudice di primo grado.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con riguardo all’eccezione di inadempimento, rilevando che la Locati Trading s.r.l. aveva inviato la diffida del 13 settembre 2006, dopo che la Dierre s.r.l. aveva lamentato, con comunicazione del giorno 8 settembre 2006, l’inadempimento della controparte all’obbligo di pagare il corrispettivo pattuito.

La censura è inammissibile, in quanto non si confronta in alcun modo con il rilievo della tardività – processuale – dell’eccezione di inadempimento (eccezione in senso stretto non rilevabile d’ufficio: Cass. 16 marzo 2011, n. 6168), che costituisce una autonoma ratio decidendi delle conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata.

3. In conseguenza, il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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