Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10456 del 27/04/2017

Cassazione civile, sez. I,27/04/2017, (ud. 10/02/2017, dep.27/04/2017),  n. 10456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15836/2014 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via P.L. Da

Palestrina n. 19, presso l’avvocato Prosperetti Marco, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ufficiale di Stato Civile del Comune di Sanremo;

– intimato –

avverso la sentenza n. 370/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 02/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2017 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARCO PROSPERETTI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI

Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

CUCCO Guido ha proposto ricorso per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione, n. 370 del 2014,

che aveva rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte

d’appello di Genova, confermativa del rigetto della sua domanda di

imporre all’Ufficiale dello stato civile di Sanremo di iscrivere nei

registri B. come suo figlio, nato nel (OMISSIS) (e deceduto nel

(OMISSIS)) da una relazione con M.S., all’epoca coniugata dal

1946 con il cittadino tedesco M.W., poi divorziata con sentenza

emessa in Germania nel 1956 e delibata in Italia; il C. aveva poi

contratto matrimonio con la M. nel 1961.

I giudici di merito avevano ritenuto corretto il diniego

opposto dall’Ufficiale di stato civile, in considerazione del fatto che

l’art. 253 c.c.

non consente il riconoscimento della paternità di un figlio in

contrasto con lo stato di figlio legittimo nato nell’ambito di una

relazione coniugale, i cui effetti sono superabili solo da un giudicato

contrario di disconoscimento. E’ stata così rigettata la tesi del C.,

il quale aveva dedotto, come elemento di prova della paternità, il

fatto che la sentenza tedesca avesse dato atto che la M. aveva

avuto un figlio quando era definitivamente cessata la convivenza con il

M., ritornato in Germania nel 1950.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso di C., ha evidenziato che l’azione era ostacolata, oltre che dal citato art. 253 c.c., anche dall’art. 255 c.c.

che prevede il riconoscimento del figlio premorto solo in favore dei

discendenti; che il tribunale tedesco non si era pronunciato sulla

effettiva paternità ma aveva fatto cenno alla nascita di un figlio dopo

la cessazione della convivenza della M. con il Mu., al solo fine

di dimostrare l’irreversibile rottura del rapporto coniugale; che non

era concepibile che un figlio legittimo possa mutare stato ad insaputa

sua e del padre legittimo, nella specie neppure interpellato, operando

la presunzione di paternità del figlio concepito durante il matrimonio (art. 231 c.c.),

che è integrativa dello stato di figlio legittimo; infine, ha ritenuto

irrilevanti le questioni relative all’applicabilità della legge tedesca,

al favor veritatis e alla eccepita illegittimità costituzionale dell’art. 253 c.c.

Il ricorso per revocazione è articolato in un motivo,

illustrato da memoria, ed è stato notificato all’Ufficiale di stato

civile del Comune di Sanremo e al PG presso la Corte d’appello di

Genova, che non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia, a norma dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395

c.p.c., n. 4, l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la Corte di

Cassazione, per avergli imputato di non avere attivato il procedimento

per la dichiarazione giudiziale di paternità nei confronti del figlio e

del Mu., senza tuttavia considerare che entrambi erano premorti

(rispettivamente nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS)); per non avere rilevato

che, essendo il figlio cittadino tedesco, doveva applicarsi la

legislazione tedesca che, come quella italiana, recepisce il favor

veritatis; per non avere la Corte considerato che egli non aveva

interessi patrimoniali nella causa; per avere ravvisato un ostacolo

all’accoglimento della domanda nell’art. 255 c.c.,

non richiamato nel provvedimento di rifiuto dell’Ufficiale di stato

civile e male interpretato; in tale disposizione, infatti, al contrario

di quanto affermato nella sentenza impugnata, non vi sarebbe alcun

divieto di riconoscimento del figlio premorto che non abbia discendenti.

Il ricorso è inammissibile.

Le censure avanzate dal ricorrente imputano alla sentenza della

Corte di cassazione errori di diritto, non denunciabili con il proposto

motivo di revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., con il quale è possibile rimediare ad errori di fatto che, a norma dell’art. 395 c.p.c.,

n. 4, consistono in una svista, a causa della affermazione o

supposizione della esistenza o inesistenza di un fatto, la cui verità

risulti invece indiscutibilmente esclusa o accertata, sempre che il

fatto medesimo non abbia costituito un punto controverso su cui la Corte

si sia pronunciata (Cass., sez. un., n. 4413/2016; n. 12655/2015, n. 3494/2013, n. 27094/2011).

Nella specie, l’errore revocatorio non è configurabile, essendo

stati dedotti errori di diritto, al fine di ottenere una revisione

della decisione impugnata mediante l’adozione di una soluzione giuridica

diversa da quella adottata, tanto più che l’asserita erronea percezione

degli atti di causa ha formato oggetto di discussione e della

consequenziale pronuncia, a seguito dell’apprezzamento delle risultanze

processuali compiuto dalla Corte.

Non si deve provvedere sulle spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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