Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10456 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. II, 12/05/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 12/05/2011), n.10456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI CIVITAVECCHIA in persona del sindaco p.t. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BABUINO

107, presso lo studio dell’avvocato SCHIANO ANGELO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.G. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

figlio ed erede legittimo pro indiviso P.S.M.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO AMBROSIO 4, presso lo

studio dell’avvocato BELLOMI ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

IACP CIVITAVECCHIA, D.A.M. ((OMISSIS));

– intimati –

e sul ricorso 7073-2008 proposto da:

AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL

COMPRENSORIO DI CIVITAVECCHIA C.F. (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA T. SALVINI 45, presso lo studio

dell’avvocato BARONE ANDREA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ric. Incidentale –

contro

D.G. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

coerede legittimo pro indiviso ab intestato di P.S.

M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO AMBROSIO 4,

presso lo studio dell’avvocato BELLOMI ALESSANDRO, che lo rappresenta

e difende giusta delega a margine del controricorso al ricorso

principale;

– controricorrente al c/ricorso e ric. incidentale –

e contro

COMUNE DI CIVITAVECCHIA, D.A.M., D.E.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 5484/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato ANGELO SCHIANO difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale rigetto del ricorso

incidentale;

udito l’Avvocato ANDREA BARONE difensore del controricorrente e

ricorrente incidentale che si riporta agli atti;

udito l’Avvocato ALESSANDRO BELLOMI difensore del controricorrente al

ricorso principale e al controricorso e ricorso incidentale che si

riporta agli atti l’avvocato BELLOMI ALESSANDRO deposita procura

speciale notarile Rep. n. 21026 del 24/01/2011 per Dr. MARCO PINARDI

notaio in Roma;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per inammissibilità – in

subordine per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.G., P.S.M., D.M. e D.A., coeredi pro indiviso di D.P. deceduto in data (OMISSIS), chiedevano la reintegra del possesso dell’area oggetto di concessione superficiaria rilasciata al loro dante causa dal Comune di Civitavecchia, assumendo di esserne stati da quest’ultimo spogliati.

Con sentenza del 29 novembre 2000 il Tribunale di Civitavecchia, revocata l’ordinanza interdittale del Pretore, rigettava la domanda.

Con sentenza dep. l’11 dicembre 2006 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione impugnata dai ricorrenti, accoglieva la domanda di reintegrazione, ritenendo i medesimi titolari dello ius possessionis dell’area in oggetto.

Dopo avere affermato che la detenzione da parte degli eredi non era stata mai ritualmente contestata dal Comune, i Giudici rilevavano che andava comunque riconosciuto agli attori il possesso, atteso che i medesimi erano da considerarsi istituiti eredi e non legatari di D.P. in quanto la dizione letterale di legato adoperata nel testamento dal de cuius doveva intendersi nel senso di devoluzione dei beni.

Era respinto l’appello incidentale spiegato dall’I.A.C.P., proprietario delle aree oggetto della concessione superficiaria.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di Civitavecchia sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi D.G., in proprio e quale coerede di P.S.M., nonchè l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica del Comprensorio di Civitavecchia subentrata all’I.A.C.P., quest’ultima proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo illustrato da memoria.

D.G. ha proposto controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 588 e 1362 cod. civ., censura la decisione gravata che, pur avendo accertato che il testatore nell’attribuire ai suoi discendenti beni determinati -aveva sempre usato l’espressione legato, aveva poi considerato che l’attribuzione fosse avvenuta a titolo universale, riconoscendo ai medesimi la qualità di possessori.

Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, i Giudici di appello non avevano dato rilievo al criterio di letteralità che è prioritario e esaustivo in special modo quando altri elementi concorrono ad attribuire alle espressioni usate il senso comunemente loro dato, tenuto conto che non era risultato che l’attribuzione dei beni determinati era avvenuta quale quota del patrimonio , secondo quanto previsto dal citato art. 582 Formula il seguente quesito “Se, a fronte della attribuzione in via testamentaria di un bene determinato ad un soggetto che rispetto al testatore abbia la qualità di legittimario, sia sufficiente la stessa per ritenere che i beni siano stati attribuiti come quota del patrimonio, nonostante che nel testamento l’attribuzione dei beni determinati risulti operata a titolo di legato, e l’assenza, nello stesso, di qualsiasi elemento tale da far ritenere che – nonostante l’espressione usata- il testatore intenda invece effettuare una devoluzione di quota del patrimonio. Il motivo è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4) e, qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Orbene, nel caso di violazioni denunciate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4), il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07).

Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di diritto, nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall’esposizione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 20603/07; Ord. 4309/2008; Ord. 8897/2008; Ord 27680/2009) .In tal caso, l’illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che, incidendo nella erronea ricostruzione del fatto, sia stato determinante della decisione impugnata. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia sia ricondotta nell’ambito delle attribuzioni conferite dall’art. 360 c.p.c., n. 5 al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell’iter logico – giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l’analisi del provvedimento impugnato, non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l’esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l’esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l’esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa.

Nella specie, il quesito proposto è del tutto inidoneo, perchè da per presupposto ciò che invece dovrebbe dimostrarsi ovvero che il de cuius avesse disposto un legato, dando rilevanza decisiva al termine al riguardo usato dal testatore quando in realtà, essendo stata denunciata la interpretazione del testamento ovvero la ricostruzione di quella che era stata – alla stregua del complessivo contenuto della scheda testamentaria – l’intenzione del testatore in merito all’attribuzione del bene in oggetto, il motivo nella sostanza denuncia il procedimento logico-giuridico seguito dai Giudici nella ricerca della volontà del testatore. Orbene, l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente indicata in modo da dimostrare – in relazione al contenuto del testo contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della predetta violazione è giunta la decisione, che altrimenti sarebbe stata con certezza diversa la decisione: la deduzione deve essere, altresì, accompagnata dalla trascrizione integrale del testo contrattuale in modo da consentire alla Corte di Cassazione, che non ha diretto accesso agli atti, di verificare la sussistenza della denunciata violazione decisività. Ne consegue che, ai sensi del citato art. 366 bis, il quesito avrebbe semmai dovuto ad avere ad oggetto la regola interpretativa di cui all’art. 1362 cod. civ. e segg., che sarebbe stata disapplicata o erroneamente applicata, e ciò previa trascrizione del testo del testamento, in relazione al quale si sarebbe verificata tale violazione : in realtà, il motivo di cui il quesito rappresenta una sintesi avrebbe dovuto investire la Corte della verifica circa la correttezza o meno del procedimento seguito dai Giudici laddove avevano ritenuto che nella specie si fosse in presenza di un’attribuzione a titolo universale e non particolare; in relazione, poi, all’eventuale vizio di motivazione, che peraltro non è stato neppure specificamente dedotto, è mancata la chiara e separata indicazione del fatto controverso e del vizio di motivazione. La risposta al quesito, così come formulato, non consentirebbe di pervenire alla decisione del ricorso.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., censura la decisione laddove aveva comunque ritenuto circostanza non contestata dall’Amministrazione il possesso esercitato dagli attori: il che invece era smentito dalle difese svolte dal Comune. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non ha interesse a proporre tale doglianza che, anche ove fosse fondata, non sarebbe tale da portare alla cassazione della sentenza impugnata la quale, infatti, si fonda su una duplice rado decidendi: a seguito del rigetto del primo motivo, si è rivelata corretta e idonea di per sè a sorreggere la decisione la motivazione che ha ritenuto, ai sensi dell’art. 1146 c.c., comma 1 l’acquisto del possesso da parte degli attori per essere eredi di D.P..

RICORSO INCIDENTALE. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso proposto da D.G. avverso il ricorso incidentale, sollevata dalla resistente e ricorrente incidentale Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica del Comprensorio di Civitavecchia, che ha dedotto la mancanza di procura speciale validamente rilasciata nelle forme prescritte dall’art. 83 cod. proc. civ., non potendo al riguardo considerarsi tale quella rilasciata a margine del controricorso al fine di resistere al ricorso principale quando ancora non era stato notificato e conosciuto il ricorso incidentale; in ogni caso, tale procura non sarebbe conforme alle prescrizioni tassative di cui all’art. 83 cod. proc. civ. circa gli atti sui quali la stessa può essere rilasciata.

Orbene, premesso che l’ambito della procura speciale non è limitato semplicemente all’atto per il quale è stata conferita, ma deve intendersi esteso a tutti quegli atti che costituiscono l’ulteriore svolgimento naturale del processo, e che la facoltà di proporre tutte le domande ricollegabili all’interesse del suo assistito e riferibili all’originario oggetto della causa è attribuita al difensore direttamente dall’art. 84 dello stesso codice di rito e non dalla volontà della parte che conferisce la procura alle liti, rappresentando tale conferimento non un’attribuzione di poteri, ma semplicemente una scelta ed una designazione (S.U. 19510/2010), l’ampia dizione usata induce a ritenere che con la procura rilasciata a margine del controricorso la parte resistente aveva inteso conferire i più ampi poteri di difesa al fine di vedere confermato quanto statuito nella sentenza a lei favorevole, tanto più che con il controricorso al ricorso incidentale la parte si limita a contrastare le deduzioni formulate ex adverso con il ricorso incidentale senza formulare richieste che possano implicare l’estensione del thema decidendum: il che appare ancor più evidente nella specie attesa la convergente posizione assunta dal Comune e dall’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica del Comprensorio di Civitavecchia nei confronti della parte attrice.

Una volta affermata la idoneità della procura rilasciata a margine del controricorso a consentire il potere di proporre il controricorso al ricorso incidentale, deve ritenersi l’osservanza del requisito di forma prescritto dall’art. 83 citato.

Il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile sotto l’assorbente rilievo della non conformità al paradigma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. Ed invero l’unico motivo con cui è stata denunciata l’omessa motivazione in ordine allo stato di abbandono del terreno de quo e alla conseguente perdita del possesso da parte degli attori, non è conforme ai requisiti prescritti dalla citata norma nel caso sia denunciato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che, secondo quanto sopra si è evidenziato, l’illustrazione del motivo non contiene la separata e specifica indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, risultati soccombenti, a favore del resistente costituito.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale e dichiara inammissibile l’incidentale.

Condanna il ricorrente principale e il ricorrente incidentale in solido al pagamento in favore di D.G. delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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