Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10453 del 27/04/2017

Cassazione civile, sez. I, 27/04/2017, (ud. 08/02/2017, dep.27/04/2017),  n. 10453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12355/2014 proposto da:

SO.GE.A.R. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via T. Salvini n.2/a, presso

l’avvocato Pedretti Luigi, rappresentata e difesa dall’avvocato

Alessandro Ciaccia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Campania s.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via T. Campanella n.11, presso

l’avvocato Patrizia Titone, rappresentata e difesa dall’avvocato

Dante Messinese, giusta procure in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/2014 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 27/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GABRIELE DI GENESIO PAGLIUCA,

con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato DANTE MESSINESE che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale PRATIS

Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. SO.GE.A.R. ricorre per cassazione nei confronti della s.r.l. Campania, articolando sei motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, depositata il 27 febbraio 2014 n. 107.

La pronuncia della Corte territoriale ha integralmente confermato la decisione che in primo grado era stata presa dal Tribunale di Taranto, con sentenza del 15 dicembre 2009 – 12 gennaio 2010. Quest’ultimo, a sua volta, aveva respinto l’opposizione che l’attuale ricorrente aveva proposto contro il decreto con cui le era stato ingiunto di restituire a Campania s.r.l. delle somme erogatele a titolo di mutuo, per sorte capitale e per sorte interessi.

Nell’emettere la detta pronuncia, la Corte territoriale ha tra l’altro ribadito che non sussiste alcun difetto di legittimazione nella persona del Curatore speciale di Campania s.r.l., che il decreto ingiuntivo poi opposto aveva per l’appunto richiesto; e pure che a far valere l’esistenza di un conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato è legittimato solo il rappresentato e non anche altri soggetti, come invece pretendeva ancora SO.GE.A.R. s.r.l. Di fronte alle contestazioni di questa, d’altra parte, la Corte d’Appello ha pure ribadito che il credito da restituzione del mutuo risulta nel concreto provato, sia nell’an che nel quantum, e altresì che si tratta di credito senz’altro esigibile.

Contro il ricorso presentato da SO.GE.A.R. s.r.l. resiste, con apposito controricorso, la s.r.l. Campania.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I motivi di ricorsi presentati dalla s.r.l. SO.GE.A.R. denunciano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo, invocando le norme dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, denunzia “violazione e/o falsa applicazione di norme di legge – Abuso del diritto in relazione alla violazione e non corretta applicazione dei principi di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 78 c.p.c. in relazione agli artt. 2409 e 2475 c.c.. Abusivo e/o improprio utilizzo del procuratore speciale ex art. 78 e 79 c.p.c.”.

Il secondo motivo, rifacendosi alle norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 78 e 80 c.p.c. e art. 1394 c.c. – Erronea delibazione in ordine agli effetti della ratifica effettuata da curatore speciale della società”.

Il terzo motivo a sua volta censura “art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione di legge in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 78 e 80 c.p.c. sotto ulteriore profilo – art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione in relazione all’omessa pronuncia su circostanza rilevabile ex officio e dedotta dalla parte”.

Il quarto motivo censura, inoltre, “art. 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’errata applicazione dell’art. 167 c.p.c., nel testo vigente nel 2005, dell’art. 2731 c.c., e dell’art. 115 c.p.c. – Art. 360 c.p.c., n. 5 – Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alle conseguenze dell’identica composizione delle compagini societarie ai fini della consapevolezza dell’esistenza del mutuo nel bilancio della società debitrice e della mancata prova della sua estinzione”.

Il quinto motivo, nel richiamarsi alla norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunzia, altresì, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 2697, 2709, 2710 e 2331 c.c., ed agli artt. 115 (testo ante riforma), 214, 215 e 634 c.p.c., con riferimento al valore probatorio dei bilanci e delle scritture contabili delle parti in causa quale prova del contratto di mutuo, posto alla base del credito ingiunto”.

Il sesto motivo, riportandosi alla norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 “in relazione agli artt. 2709 e 2710 c.c. e art. 634 c.p.c.”, rileva, infine, “vizio di nullità della sentenza per derivazione essendo il decreto ingiuntivo opposto fondato su prova scritta del credito nulla e/o inesistente”.

2. Il primo motivo di ricorso invoca la sussistenza, in fattispecie, di un abuso del diritto, che si assume perpetrato ai danni della ricorrente società SO.GE.A.R. Secondo la prospettazione della ricorrente, a tale abuso la “controparte (i.e. il ricorrente per la nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c., ing. B.G.) ha fatto ricorso per raggiungere lo scopo di realizzare l’inesistente e inidoneo diritto di credito”, corrispondente all’obbligo di restituzione ex mutuo, “vantato dalla consociata società Campania nei confronti dell’odierna ricorrente SO.GE.A.R.”.

Nel concreto dello svolgimento del motivo in esame, tale abuso si è concentrato – sotto il profilo strutturale – nella richiesta di nomina, con connessa nomina da parte del Tribunale di Taranto, di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. per la Campania s.r.l. Tale iniziativa viene ritenuta abusiva per tre distinte ragioni.

La prima è che si è fatto ricorso “a un istituto tipico del diritto di famiglia, quale quello della curatela ex art. 78 c.p.c., ma del tutto eccezionale (e, per certi versi, inammissibile) in materia societaria, per promuovere direttamente le azioni giudiziarie di recupero del credito (?), invece di avviare una ben più lunga e tortuosa azioni di responsabilità nei confronti dell’amministratrice inadempiente” della Campania.

La seconda è che la richiesta di nomina ha “evocato una presunta situazione di conflitto di interessi tra l’amministratrice e le società coinvolte, allo scopo di aggirare in tal modo le norme del diritto societario in ordine all’amministrazione delle società di capitali”.

La terza è che la detta iniziativa abusiva “ha potuto superare anche le difficoltà rappresentate sia dalla prova rigorosa del danno alla società e del nesso di causalità con la condotta dell’amministratrice (richiesta in sede di diritto societario), che dalla prova scritta della certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti, richiesta in sede monitoria, mediante il ricorso a supporti probatori irrituali ed inidonei, quali una situazione patrimoniale della società asserita creditrice (la Campania) redatta al 30/4/2005 (?) da un “institore” (!?) e l’estrapolazione di dati di bilancio ad usum delphini”.

3.- Il motivo, che si è appena sopra riferito, si manifesta inammissibile e pure infondato.

In proposito si deve notare, prima di ogni altra cosa, che lo stesso introduce una questione nuova, che non risulta sia stata sottoposta all’esame dei giudici del merito. Come tale, la stessa non può certo essere introdotta nel presente grado di giudizio.

D’altra parte, il motivo fa riferimento a un comportamento – di abuso e strumentalità – che non risulta imputato al soggetto contro cui è stata, ed è, diretta l’azione dall’attuale ricorrente promossa a mezzo dell’opposizione a decreto ingiuntivo. Nel contesto del ricorso svolto, la Campania s.r.l. appare piuttosto il destinatario diretto e immediato del comportamento che si pretende abusivo e che il ricorso ascrive, senza incertezze e in termini proprio dichiarati, all’ing. B.G., che è terzo estraneo al presente giudizio. Tanto più che la prospettazione del ricorso è ben lontana dall’ombreggiare l’idea di una qualche riconducibilità della Campania all’ing. B.G., definendola invece come la “vera e propria cassaforte delle iniziative immobiliari facenti capo al… gruppo familiare” dei signori B..

A parte questo, ancora è da rilevare che l’istituto del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. e ss. non risulta per nulla confinato all’ambito del diritto di famiglia, come invece sostiene la ricorrente. Secondo quanto risulta chiaramente dal tenore della norma dell’art. 78 c.p.c., si tratta, in effetti, di un istituto di carattere propriamente generale; come non ha mancato di riscontrare, d’altronde, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., così, Cass., 16 marzo 1995, n. 2800).

Quanto poi all’assunto che la nomina di un curatore speciale avrebbe consentito “scorciatoie” probatorie in punto di ottenimento del decreto ingiuntivo, di cui alla pretesa di restituzione ex mutuo, appare sufficiente notare come lo stesso sia rimasto allo stadio della mera, e del tutto generica, allegazione.

4.- Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati in modo congiunto in ragione della loro sostanziale unitarietà.

Nel contesto di una esposizione non propriamente lineare, i due motivi assumono che il curatore speciale della Campania ha richiesto il decreto ingiuntivo “in totale assenza di potere”, “poichè il provvedimento di nomina… non immediatamente esecutivo era stato oggetto di reclamo”. E che la ratifica dallo stesso curatore effettuata dopo la conferma della relativa nomina (come disposta dal giudice di riscontro del reclamo) è rimasta afflitta da conflitto di interessi: perchè il curatore ha agito al solo “fine di tentare di sanare le nullità dallo stesso poste in essere” e perchè “vincolato a operare tale ratifica per non rispondere in proprio delle spese di lite”.

Di fronte a una situazione del genere – aggiunge il ricorrente – ha errato la Corte territoriale ad affermare che “legittimato a far valere l’esistenza di un conflitto di interessi fra rappresentato e rappresentante è soltanto il rappresentante, in questo caso la Campania s.r.l., e non anche il terzo che con questo si trovi in rapporto”. Ciò in quanto la norma dell’art. 1394 c.c. “ha rilevanza puramente sostanziale” e comunque la regola espressa da tale norma “non è priva di eccezioni”, così come avviene nel caso del mandato in rem propriam e nella cessio honorum. Ma in proposito va pure tenuto conto – avverte il ricorrente – della norma dell’art. 2475-ter che disciplina il caso dei conflitti di interessi dei contratti conclusi dagli amministratori di società a responsabilità limitata.

5.- Il secondo e il terzo motivo del ricorso si manifestano infondati.

Secondo quanto rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, la “nomina del curatore speciale previsto dall’art. 78 c.p.c. ha efficacia ex tunc, atteso che, diversamente, si produrrebbero in capo al rappresentato conseguenze distorsive… antitetiche con la cura degli interessi di quest’ultimo, alla cui tutela la norma è preposta” (cfr. Cass., 11 settembre 2014, n. 19149).

La rilevazione è, per sua natura, assorbente. Nel senso che viene comunque a togliere rilievo e peso anche a eventuali questioni sulla ratifica, posta in essere dal curatore speciale dopo la raggiunta conferma giudiziale della propria nomina.

In ogni caso, risulta corretto, e va confermato, il principio generale espresso dalla Corte territoriale, per cui solo il rappresentato – e non anche il terzo – può eccepire il conflitto di interessi dell’atto posto in essere dal rappresentante. Come conferma, del resto, pure il tenore della norma dell’art. 2475-ter c.c., comma 1, che la ricorrente ha richiamato non a proposito. Non diversamente è a dirsi, del resto, per il richiamo dell’istituto del mandato in rem propriam e a quello della cessio bonorum, che pure sono stati ripresi dalla ricorrente: che tali istituti rimangono decisamente estranei all’istituto del curatore speciale, che qui risulta preso in considerazione.

6.- Il quarto e il quinto motivo del ricorso censurano sotto il profilo probatorio la valutazione compiuta dai giudici del merito circa la effettiva sussistenza del mutuo di cui è stata ingiunta la restituzione delle somme erogate. Per tale loro complementarietà, gli stessi vengono trattati in modo congiunto.

Con gli stessi la ricorrente lamenta, anzitutto, che la Corte territoriale abbia assegnato indebito valore di confessione ex art. 2731 c.c. a una mera “deduzione difensiva” del difensore della medesima ricorrente. E pure afferma che la Corte ha errato quando ha letto – nella circostanza della “sovrapponibilità della compagine sociale” delle due società interessate – un vero e proprio “riconoscimento del debito”.

Ancora afferma il ricorso che, nel dare peso alle scritture contabili della società creditrice Campania, erroneamente la Corte non ha tenuto in debito conto, in ragione soprattutto della norma dell’art. 2709 c.c., anche delle scritture contabili della SO.GE.A.R.: il bilancio al 31 dicembre 2002 di quest’ultima non riportava il credito accampato dalla Campania, sì che è risultata “totalmente mancante anche la corrispondenza delle scritture contabili ex art. 2710 c.c.”. Dalla circostanza che SO.GE.A.R. non abbia risposto alla richiesta di pagamento formulata da Campania, infine, non si può desumere – come si afferma abbia fatto invece la Corte – una “sorte di silenzio – assenso”.

7.- I due motivi di ricorso, appena sopra richiamati, si manifestano inammissibili e pure infondati.

Nei fatti, il ricorso sembra fraintendere i contenuti motivazionali che sono stati svolti dalla Corte di Appello. Quest’ultima non ha assegnato qualifiche confessorie a dichiarazioni compiute dal difensore di SO.GE.A.R.; nè ha imputato riconoscimenti di debito alla compagine sociale espressa da tale Società. E nemmeno ha dato al silenzio serbato dalla SO.GE.A.R., di fronte alla richiesta di pagamento formulata dalla Campania, il valore conclusivo di un “assenso”.

In realtà, la Corte non ha proceduto a un esame distinto e separato delle singole risultanze probatorie, come per contro le imputa la ricorrente. Essa ha invece valorizzato una serie di circostanze indiziarie, considerandole nel loro complesso. E ha sviluppato, in proposito, un percorso motivazionale improntato alla linea del ragionevolezza e senz’altro plausibile.

Nell’ambito del quale, del resto, la Corte ha dato pure rilievo alla documentazione contabile prodotta dalle parti: l’asserzione della ricorrente per cui, per potere fare prova le scritture prodotte da una parte dovrebbero di necessità trovare effettivo riscontro in quelle prodotte dall’altro, urta contro il testo della norma dell’art. 2710 c.c., oltre che confliggere con il buon senso.

8.- Il sesto motivo di ricorso si sostanzia in due affermazioni. Questa la prima “per il rilascio del d.i. non è sufficiente la produzione di bilanci e situazioni patrimoniali intermedie (come ha fatto il curatore speciale di Campania: cfr. cfr. all.ti 3, 4, 5, e al ricorso per d.i. dep.to il 15/11/2005)”. Questa la seconda: “la mancanza di prova scritta del credito… comporta la nullità del decreto ingiuntivo opposto e la conseguente caducazione, per derivazione, degli effetti da esso prodotti”.

Il motivo è inammissibile.

Lo stesso non rispetta, prima di tutto, la regola dell’autosufficienza, posto che non riporta e trascrive la documentazione che viene a censurare. D’altra parte, è acquisito principio quello per cui, in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice non deve limitarsi a esaminare se l’ingiunzione è stata legittimamente emessa, ma deve comunque procedere a una autonoma valutazione di tutto il materiale probatorio che gli viene offerto (Cass., 14 marzo 2013, n. 6550).

9.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la s.r.l. SO.GE.A.R. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 17.200,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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