Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10452 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. II, 03/06/2020, (ud. 30/05/2019, dep. 03/06/2020), n.10452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27840/2015 proposto da:

B.G. & I. SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN,

23, presso lo studio dell’avvocato UGO SARDO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato UGO GENGAROLI;

– ricorrente –

contro

SOLITEC SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORTINA D’AMPEZZO 65, presso

lo studio dell’avvocato STEFANO NOLA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 12/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/05/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione;

udito l’Avvocato SARDO Ugo, difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato NOLA Stefano, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il Tribunale di Perugia, con sentenza del 3 giugno 2013, respinse l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore della Solitec s.r.l. avente ad oggetto il pagamento in suo favore da parte della s.n.c. B.G. & I. del saldo di un subappalto relativo alla realizzazione di una pavimentazione industriale presso il cantiere Coop di (OMISSIS), rilevando che era pacifico che, presentando l’opera dei difetti, vi era stato accordo tra le parti per l’esecuzione dei lavori di sistemazione i cui costi sarebbero stati divisi fra le stesse in parti uguali; che l’opponente aveva dedotto di aver sostenuto costi superiori a quelli sostenuti da Solitec, maturando un credito che superava la compensazione con quello di quest’ultima, ed aveva spiegato domanda riconvenzionale per il pagamento della differenza dovutale da Solitec; che non vi era prova della consistenza dei lavori eseguiti, in quanto la prova testimoniale dedotta dall’opponente era generica mentre i brogliacci delle ore lavorate erano documenti provenienti dall’opponente, e che pertanto la c.t.u. richiesta non poteva essere disposta a causa della carenza probatoria degli elementi fattuali da sottoporre all’esame del consulente; che il trattenimento dell’importo a garanzia da parte della opponente era indebito, in quanto la committente Coop aveva svincolato le garanzie nei confronti della B.G. & I..

2.- Quest’ultima propose gravame, rigettato dalla Corte d’appello di Perugia con sentenza n. 170 del 2015, con la quale il giudice di secondo grado, rilevato che la committente Coop aveva accettato l’opera, versando il relativo compenso e liberando anche la cauzione, osservò, quanto alla genericità della prova relativa agli interventi di eliminazione dei vizi, ritenuta dal Tribunale, che le prove orali dedotte in primo grado avevano ad oggetto l’invio di operai presso l’immobile Coop in alcune giornate nei periodi ottobre-novembre 2006 e settembre-ottobre 2007, e l’accordo intervenuto tra Solitec e B.G. & I. nell’ottobre 2006 per la divisione delle spese degli interventi, nonchè la individuazione degli stessi. In relazione a quest’ultimo punto, la prova richiesta consisteva nel chiedere ai testi se riconoscessero di aver eseguito i lavori nei punti indicati nella cartina allegata sub 12, mentre i documenti prodotti dalla B. erano in realtà 10 e tra essi nessuno era contrassegnato dal n. 12. Inoltre il richiamo agli interventi del 2006 erano inconferenti, in quanto in causa si discuteva solo di interventi del 2007 e del 2008. Inoltre, quanto agli interventi asseritamente eseguiti nel maggio-giugno 2008, il capitolo di prova formulato non consentiva di individuare i lavori in questione, in quanto faceva riferimento ad una seconda tranche di lavori eseguiti esclusivamente da personale della B.G.i & I. in tale periodo.

Quanto alle fatture prodotte da quest’ultima, asseritamente relative ai materiali utilizzati, rilevò la Corte di merito che tali fatture avevano ad oggetto prodotti chimici, senza che alcun elemento consentisse di ricollegarle alle opere di cui si tratta.

3.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre la B.G. & I. s.r.l. sulla base di cinque motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la Solitec s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1665 e 2697 c.c.. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere avvenuto il collaudo – non esistendo in atti alcuna dichiarazione proveniente dalla committente Coop in tal senso – o comunque l’accettazione dell’opera mancando la indicazione di alcun documento o prova da cui sarebbe stato tratto tale convincimento, non coincidendo la presa in consegna del magazzino da parte della committente, avvenuta per innegabili esigenze gestionali ed organizzative della produzione, nella ricezione senza riserve dell’opera, e sussistendo, per contro, elementi di prova in ordine alla volontà della committente di rifiutarla ovvero di accettarla condizionatamente -, e che tale ipotetica accettazione potesse considerarsi equivalente nei rapporti appaltatore-subappaltatore, desumendo erratamente dal pagamento svincolato dalla Coop in favore della B.G. & I. s.r.l. che ciò potesse liberare anche la cauzione per la subappaltatrice. A tale ultimo riguardo il ricorrente osserva che i diritti e gli obblighi nascenti dal subappalto sono dotati di propria autonomia rispetto a quelli derivati dall’appalto, ed il committente rimane estraneo al rapporto tra appaltante e subappaltante, non acquisendo, quindi, alcun diritto nè assumendo alcun obbligo nei confronti del subappaltatore.

2.- La doglianza, nelle sue diverse articolazioni, è immeritevole di accoglimento.

2.1. – Quanto al primo profilo, attinente all’asserito errore del giudice di secondo grado nell’assimilare la mera presa in consegna del bene all’accettazione tacita della prestazione, è ben vero che, in tema di appalto, ai sensi dell’art. 1665 c.c., comma 4, occorre distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale che comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell’opera ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (v., ex aliis, Cass., sent. n. 19019 del 2017). L’art. 1665 c.c., poi, pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell’opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell’accettazione da parte del committente e, in particolare, al comma 4, prevede come presupposto dell’accettazione (da qualificare come tacita) la consegna dell’opera al committente (alla quale è parificabile l’immissione nel possesso) e come fatto concludente la ricezione senza riserve da parte di quest’ultimo, anche se non si sia proceduto alla verifica.

La concreta esistenza di tali circostanze costituisce, peraltro, una quaestio facti rimessa all’apprezzamento del giudice del merito (Cass., sentt. n. 19019 del 2017, cit., n. 4353 del 2000).

Nella specie, la Corte umbra ha ritenuto configurabile quale accettazione dell’opera non già la mera circostanza della presa in consegna della stessa, sibbene tale circostanza unita a quella dell’avvenuto pagamento da parte della committenza della somma dovuta, ivi compreso lo svincolo delle somme ritenute a garanzia.

L’accertamento compiuto dalla Corte distrettuale quanto all’intervento di un’accettazione tacita dell’opera non è sindacabile nella presente sede. Una volta che il giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, con il ricorso per cassazione non può farsi valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte, nè può invocarsi un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti: tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice.

2.2. – Dalla esclusione della fondatezza dell’esaminato primo profilo di censura discende, poi, altresì l’infondatezza dell’altra questione, sollevata in riferimento all’affermazione del giudice di seconde cure circa gli effetti della accettazione e del pagamento dei lavori da parte della committente in favore della B.G. & I. s.r.l. sulla liberazione altresì della cauzione per la subappaltatrice. La Corte di merito ha rilevato che pacificamente la committente Coop aveva effettuato il saldo del pagamento compreso lo svincolo delle ritenute a garanzia. Ne consegue la correttezza della valutazione dalla stessa operata, conforme a quella del primo giudice, circa il carattere indebito del trattenimento delle relative somme da parte della opponente.

3.- Con il secondo mezzo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, fatto individuato dal ricorrente nell’accordo pacificamente intervenuto tra le parti per ripartire nella misura della metà ciascuna i costi relativi alla riparazione del pavimento industriale oggetto dell’appalto. Tale accordo presupponeva – rileva il ricorrente l’accettazione della denunzia dei vizi e delle difformità da parte della stessa subappaltatrice, con contestuale riconoscimento di tali difetti ed assunzione dell’impegno ad eliminarli, seppur ripartendone i costi in ugual misura con l’appaltatrice. La Corte distrettuale avrebbe completamente trascurato la circostanza che la controversia riguardava la garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, dei quali era avvenuto il riconoscimento da parte della subappaltatrice, che si era impegnata ad eliminarli. L’assunzione di un tale impegno implicava la rinuncia a far valere l’esonero dalla garanzia previsto dall’art. 1667 c.c., determinando l’assunzione di una nuova obbligazione di garanzia, diversa ed autonoma da quella originaria. Da qui il diritto della attuale ricorrente al trattenimento del residuo corrispettivo delle opere ed, in accoglimento della sua domanda riconvenzionale, alla dichiarazione del diritto della stessa al risarcimento dei danni, pari al costo per la eliminazione dei difetti dell’opera, cui essa aveva provveduto integralmente.

4. – La censura è infondata.

In realtà non è mancato l’esame da parte della Corte di merito dell’accordo intervenuto tra le parti relativo alla distribuzione in quote uguali dell’onere della riparazione dell’opera eseguita. La decisione del giudice di secondo grado, confermativa di quella del Tribunale, relativa alla illegittimità del trattenimento dell’importo a garanzia da parte della attuale ricorrente è ricollegata, come si è dianzi esposto con riferimento all’esame del primo motivo di ricorso, all’avvenuto svincolo delle garanzie da parte della committente Coop nei confronti della stessa.

5.- Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento per omesso esame dei mezzi di prova allegati e mancata ammissione delle stesse prove, in violazione degli artt. 115, 116 e 183 c.p.c.. La Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che i mezzi di prova non erano limitati a quelli allegati in citazione (in numero di dieci), ma che con la memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, n. 2, la attuale ricorrente aveva indicato e prodotto i documenti contrassegnati dai nn. 12 e 13, aventi numerazione consecutiva rispetto a quelli già prodotti con l’atto di citazione, denominati “brogliacci riepilogativi delle lavorazioni 2007 e 2008”, ed aventi ad oggetto l’elenco analitico delle lavorazioni e dei materiali impiegati per l’eliminazione dei difetti di cui si tratta, e completamente obliterati dalla Corte umbra.

6. – La doglianza coglie nel segno.

La Corte territoriale ha motivato la propria decisione relativa alla mancata ammissione della prova volta alla dimostrazione degli interventi di eliminazione dei vizi dell’opera in oggetto alla stregua della considerazione che la prova richiesta riguardava la deposizione testimoniale in ordine al riconoscimento dell’avvenuta esecuzione dei lavori di cui alla cartina allegata “sub 12”, mentre i documenti prodotti dall’opponente erano solo 10, e nessuno di essi era contrassegnato dal n. 12, terminando la numerazione con il n. 10. Ne sarebbe conseguita, secondo la Corte di merito, la inesistenza dell’oggetto della prova. Appare allora con evidenza l’errore in cui è incorso il giudice di secondo grado nel non ammettere la prova testimoniale proprio a causa della pretermissione dell’esame di un documento dallo stesso giudice ritenuto cruciale, siccome afferente agli interventi riparatori del 2007 e del 2008, esame che avrebbe potuto condurre ad una diversa pronuncia sulla base di una corretta e compiuta valutazione del complesso degli interventi eseguiti per porre rimedio alla non corretta esecuzione dei lavori appaltati.

7.- Resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo del ricorso l’esame del quarto e del quinto, con il quale rispettivamente si deduce la violazione degli artt. 61 e 116 c.p.c., per la esclusione, operata dalla Corte territoriale, della possibilità di disporre c.t.u. per indeterminatezza dell’oggetto, e la violazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in relazione alla condanna della opponente, attuale ricorrente, alle spese del giudizio.

8.- Conclusivamente, deve essere accolto il terzo motivo del ricorso, rigettati i primi due ed assorbiti il quarto ed il quinto. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia – cui è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità – che la riesaminerà alla stregua dei rilievi svolti sub 6.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo, rigetta il primo ed il secondo, assorbiti il quarto ed il quinto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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