Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10450 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. III, 29/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 29/04/2010), n.10450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. SISCA SALVATORE,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.A. titolare della ditta Lavorazione Artigianale Mobili,

elettivamente domiciliato in ROMA, 2383 VIA RENZO DA CERI 195, presso

lo studio dell’avvocato PUGLIESE ALBERTO, rappresentato e difeso

dall’avvocato D’AMICO VINCENZO, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 116/2 008 del Tribunale di COSENZA – Sezione

Distaccata di ACRI dell’1.4.08, depositata il 04/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. LECCISI Giampaolo.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 19 maggio 2009 B.M. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 4 aprile 2008 dal Tribunale di Cosenza – Sezione distaccata di Acri – confermativa della sentenza del Giudice di Pace, che aveva rigettato la domanda di risoluzione del contratto d’opera e di risarcimento del conseguente danno avanzata nei confronti L. A., titolare della ditta Lavorazione Artigiana Mobili.

Il L. ha resistito con controricorso.

2 – L’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso per tardivita’ sollevata dal resistente e’ manifestamente infondata, applicandosi alla specie al termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. il prolungamento di 46 giorni di sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale.

3. – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione: sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullita’ della sentenza per violazione dell’art. 113 c.p.c. lamentando il mancato accoglimento della domanda, formulata in grado di appello, di applicazione dell’art. 1519 bis introdotto con D.Lgs. 2 febbraio 2002.

Il quesito sottoposto all’esame della Corte si rivela inidoneo poiche’ prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata, secondo cui nella specie non si e’ trattato di qualificare giuridicamente la domanda e di applicare la norma regolatrice, ma di vera e propria domanda nuova poiche’ implicava la considerazione di situazioni di fatto non allegate in primo grado.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il tema e’ l’asserita addebitabilita’ al L. del ritardo nell’esecuzione dell’opera. Ma la censura riguarda il tema delle prove (ammissione di testimonianza, esclusione di documentazione) di cui non vengono riferiti i contenuti precisi, in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione e che implica esame degli atti, e apprezzamenti di fatto, attivita’ inibite in sede di legittimita’. D’altra parte il Tribunale ha dato adeguata spiegazione del proprio convincimento, peraltro conforme a quello gia’ espresso dal Giudice di Pace. Considerazioni identiche valgono per il terzo motivo, mediante il quale viene lamentata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il tema, trattato con ampi riferimenti di merito, e’ quello dell’omessa ammissione di una consulenza tecnica che, oltre tutto, non dimostra avere chiesto gia’ in primo grado e il cui diniego non risulta avere formato oggetto di specifico motivo di gravame.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte ne’ memorie, ne’ alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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