Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10450 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. II, 03/06/2020, (ud. 14/05/2019, dep. 03/06/2020), n.10450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17256/2015 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA

NUOVA, 679, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO MARIA

BARBANTINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GUSTAVO FRANCESCO BARBANTINI;

– ricorrente –

contro

IMPRESA CASALI DI GROTTAFERRATA SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

A. BROFFERIO 3 C/O ST. CARDAREL, presso lo studio dell’avvocato

GIORGIO RUBINI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2832/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Il Tribunale di Roma, adito dalla snc Casali di Grottaferrata per ottenere il pagamento del saldo dei lavori di ristrutturazione dell’immobile di proprietà di M.R., che aveva a sua volta proposto domanda riconvenzionale per accertare l’inadempimento dell’impresa in relazione ad alcuni lavori non eseguiti, accolse la eccezione, sollevata dallo stesso convenuto, di nullità dell’atto di citazione, erroneamente notificato ad M.A., e poi in rinnovazione all’effettivo destinatario, M.R., perchè nella copia dell’atto mancava la indicazione della firma di colui che aveva conferito il mandato alle liti, la firma per autentica del legale, l’indicazione dell’incarico difensivo anche all’avv. Marina Tallarico, oltre che all’avv. Giorgio Rubini.

2.- La s.a.s. Casali di Grottaferrata propose gravame, che fu accolto dalla Corte d’appello di Roma in base alla considerazione che l’originale dell’atto di citazione conteneva tutti gli elementi non trasfusi nella copia notificata, ed era, pertanto, esclusa la possibilità dell’assoluta incertezza circa le indicazioni riguardanti la individuazione della società attrice, le generalità del procuratore e la procura, e tenuto conto altresì del principio di conservazione degli atti espresso dall’art. 164 c.p.c., comma 3, in base al quale la costituzione del convenuto sana i vizi della citazione.

Il giudice di secondo grado rilevò ancora che la procura è valida anche se non sottoscritta dalla parte nella copia notificata al destinatario dell’atto, e che la mancata sottoscrizione del difensore nella copia notificata non incide sulla validità della citazione se tale firma esiste nell’originale. Quanto alla mancata indicazione e firma del soggetto conferente l’incarico, la Corte capitolina osservò che dalla intestazione della citazione risultava chiaramente trattarsi di A.E. quale legale rappresentante della snc Casali di Grottaferrata, mentre la circostanza che nella copia notificata mancasse la indicazione del conferimento dell’incarico difensivo anche all’avv. Tallarico peraltro presente nell’originale dell’atto – non incideva sulla validità della procura, che risultava rilasciata al codifensore avv. Giorgio Rubini.

Nel merito, la Corte, per quanto ancora rileva nella presente sede, osservò che il M. era decaduto dalla domanda riconvenzionale per non averla riproposta in grado di appello.

3.-Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la Casali di Grottaferrata s.n.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., nn. 2 e 6, art. 164 c.p.c., comma 1 e art. 167 c.p.c., comma 2. Correttamente, ad avviso del ricorrente, il giudice di primo grado aveva dichiarato la nullità dell’atto di citazione perchè completamente privo dei requisiti di cui all’art. 163 c.p.c., nn. 2 e 6 (recte: art. 163, comma 3), in quanto mancante del nominativo dell’attore, della firma di chi aveva conferito il mandato, della firma, per autentica, del legale, del conferimento del mandato all’avv. Marina Tallarico, indicata quale codifensore unitamente all’avv. Rubini. In particolare, il giudizio era stato introdotto con “atto di citazione rinnovata” notificato a M.R. il 15 maggio 2002, in virtù di “delega a margine dell’atto di citazione il cui contenuto integralmente si richiama”, cioè dell’atto di citazione notificato il 9 novembre 2001, ex art. 140 c.p.c., a tale M.A., citazione, questa, ritenuta nulla dal g.i., che ne aveva disposto la rinnovazione. Ma osserva il ricorrente – essendo stato dichiarato nullo tale atto, esso non poteva avere alcuna valenza. Nè tanto meno poteva invocarsi, con l’atto in rinnovazione, la validità della procura asseritamente esistente solo nell’originale di detto atto nullo. Inoltre, in tale atto, del quale quello notificato a M.R. costituiva la rinnovazione, mancavano l’indicazione e la firma di chi avrebbe conferito il mandato, la firma per autentica del legale, oltre alla indicazione del codifensore, avv. Marina Tallarico: donde la nullità dell’atto ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 1. La Corte di merito avrebbe, invece, errato nel ritenere che l’originale dell’atto introduttivo del giudizio, non affetto dalle stesse mancanze riscontrate nella copia notificata, ne impedisse la nullità, in contrasto con il principio generale secondo il quale in caso di difformità prevale la copia notificata dell’atto. Nè risultava invocabile il principio generale di conservazione degli atti di cui all’art. 164 c.p.c., comma 3, avendo il M. sollevato la eccezione – non rilevabile di ufficio, disponendo il giudice del solo documento originale depositato dall’attuale ricorrente – ai sensi dell’art. 167 c.p.c., comma 2, all’atto della costituzione in giudizio, e non avendo controparte contestato la eccezione. Dunque, non sarebbe configurabile alcuna sanatoria dei vizi contenuti nella copia notificata dell’atto di cui si tratta.

2.- La doglianza è priva di fondamento.

2.1. – Non ha, anzitutto, pregio il rilievo attinente alla pretesa inutilizzabilità, ai fini della rinnovazione dell’atto di citazione, in quanto nullo, della procura a margine dello stesso apposta. Ciò in quanto, alla stregua dell’orientamento, nel tempo divenuto prevalente, della giurisprudenza di legittimità, cui il Collegio intende dare continuità, la procura speciale rilasciata al difensore, quand’anche a margine o in calce alla citazione, è negozio autonomo rispetto ad essa, e non è con questa in rapporto di dipendenza o subordinazione, sì che ove sia nullo l’atto introduttivo del giudizio consegua, necessariamente, la nullità del mandato alle liti. Quest’ultimo, infatti, si pone sovente come prius temporale ed è sempre un prius logico dell’attività svolta dal difensore tecnico, in ragione del conferimento dello ius postulandi che esso attribuisce (cfr. Cass., sentt. n. 10231 del 2010, n. 15498 del 2004, n. 1935 del 2003, n. 3297 del 2000, n. 278 del 1993, n. 2604 del 1983; contra: Cass., sentt. n. 15879 del 2006 e le risalenti n. 10311 del 1994, n. 4157 e n. 1797 del 1983, n. 1435 del 1981, n. 5284 del 1979, n. 514 del 1970).

2.2. – Quanto agli ulteriori rilievi del ricorrente, avanzati nei confronti della procura apposta a margine della copia dell’atto di citazione notificata, essi riguardano la mancata indicazione e la mancata firma del soggetto conferente il mandato, la omessa sottoscrizione del legale nella copia dell’atto di citazione notificata, nonchè la mancata indicazione del codifensore, avv. Marina Tallarico.

Ebbene, la motivazione della sentenza impugnata contiene già in sè la esatta risposta ad ognuno dei predetti rilievi.

2.2.1. – In ordine al primo aspetto, è sufficiente osservare, per smentirne la valenza censoria, che la invalidità della procura per mancata indicazione, e sottoscrizione, del conferente il mandato consegue esclusivamente alla incertezza sulla persona del conferente medesimo, sicchè, ove tale incertezza non sussista, la procura non può considerarsi invalida. A riprova della esattezza di tale conclusione si richiama l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di illeggibilità della sottoscrizione della procura, secondo il quale la decifrabilità della firma non è requisito di validità dell’atto ove l’autore sia identificabile, con nome e cognome, dal contesto dell’atto medesimo (v. Cass., sentt. n. 27548 del 2014, n. 14786 del 2007).

Nella specie, il giudice di secondo grado ha rilevato che dalla intestazione della citazione risultava chiaramente che il soggetto conferente il mandato era il sig. A.E., quale legale rappresentante della snc Casali di Grottaferrata. Tale affermazione non risulta contestata dall’attuale controricorrente.

2.2.2. – Con riguardo alla mancata sottoscrizione del difensore nella copia dell’atto di citazione notificata, deve rilevarsi che tale carenza non incide, come correttamente osservato dalla Corte di merito, sulla validità della citazione, ove la sottoscrizione risulti nell’originale e la copia notificata fornisca alla controparte sufficienti elementi per acquisire la certezza della sua rituale provenienza da quel procuratore (cfr., ex aliis, Cass., sent. n. 20817 del 2006). 2.2.3. – Quanto alla mancanza nella copia notificata dell’atto introduttivo del giudizio della indicazione del conferimento dell’incarico difensivo anche all’avv. Tallarico, oltre che all’avv. Rubini – indicazione peraltro presente nell’originale dell’atto, secondo la non contestata affermazione della Corte territoriale -, essa non incide sulla validità della procura. Alla stregua dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità cui il Collegio intende dare continuità, ove il mandato alle liti venga conferito a più difensori, si presume che esso sia conferito disgiuntamente a ciascuno di essi, salvo inequivoca manifestazione di volontà della parte in favore del carattere congiuntivo del mandato. Ne consegue che ciascun difensore è autonomamente legittimato alla sottoscrizione dell’atto introduttivo del giudizio in assenza di una espressa volontà delle parti circa il carattere congiuntivo del mandato stesso, con conseguente esclusione di ogni profilo di nullità dell’atto, dovuto all’eventuale mancanza della firma degli altri difensori (v. Cass., sentt. n. 11344 e n. 1168 del 2004).

Nella specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del richiamato principio di diritto, rilevando che la procura risultava chiaramente rilasciata al predetto avv. Rubini.

3.2. – Alla stregua delle argomentazioni sin qui esposte, diviene irrilevante ogni considerazione sulla pretesa inappropriatezza del riferimento, operato dalla Corte di merito, al principio generale della conservazione degli atti, espresso dall’art. 164 c.p.c., comma 3, che, secondo il ricorrente, non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, avendo egli proposto la eccezione di nullità della citazione all’atto della costituzione in giudizio, a norma dell’art. 167 c.p.c., comma 2, senza che controparte la contestasse.

3. – Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c.. Erroneamente la Corte d’appello avrebbe affermato la decadenza dell’attuale ricorrente dalla domanda riconvenzionale proposta nel giudizio di primo grado per non averla riproposta in sede di appello, ex art. 346 c.p.c.. La invocata diposizione del codice di rito impone, infatti, la riproposizione in sede di gravame delle domande non accolte dal giudice di primo grado, mentre, nella specie, la domanda del M. non era stata affatto esaminata dal Tribunale per effetto della dichiarata nullità dell’atto introduttivo del giudizio.

4.- La censura non coglie nel segno.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’onere di espressa riproposizione in appello disposto dall’art. 346 c.p.c., riguarda le domande ed eccezioni non esaminate o non accolte dal giudice di primo grado (v., ex multis, Cass., sentt. n. 22339 del 2007, n. 13423 del 2004). Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha pronunciato la decadenza del M. dalla domanda riconvenzionale avanzata in primo grado e non riproposta nel giudizio di appello. Preso atto che il Tribunale, pur avendo menzionato detta domanda, non aveva emesso alcuna decisione sul punto, avendo accolto la eccezione preliminare di rito del convenuto, il giudice di seconde cure ha ritenuto non assolto dall’appellato, attuale ricorrente, l’onere, posto a suo carico dal richiamato art. 346 c.p.c., di riproposizione della domanda.

5.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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