Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1045 del 17/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1045 Anno 2018
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 13912-2012 proposto da:
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente
144,
2017

domiciliato in

ROMA,

VIA IV NOVEMBRE

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

3794

contro

SAN MARINO ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI S.P.A. IN
L.C.A., in persona del Liquidatore pro tempore,

Data pubblicazione: 17/01/2018

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. SPALLANZANI
22, presso lo studio dell’avvocato VALERIO PESCATORE,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
VALENTINA BAVETTA, CARLO BAVETTA, giusta procura
speciale notarile in atti;

nonchè contro

CREA CARMINE, VATTIMO ANGELO;
– intimati –

avverso
D’APPELLO

la

sentenza
di

n.

REGGIO

1168/2011
CALABRIA,

della
depositata

CORTE
il

29/06/2011 R.G.N. 1316/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato LETIZIA CRIPPO per delega verbale
Avvocato ANDREA ROSSI.

– controricorrente –

FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 29.6.2011, la Corte d’appello di Reggio
Calabria, pronunciando in sede di rinvio, ha rigettato la domanda di
regresso proposta dall’INAIL nei confronti di Angelo Vattimo, Carmine
Crea e di San Marino Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a. in I.c.a.,

Quintino Andreoli, deceduto a seguito di un infortunio occorsogli durante
l’esecuzione di lavori edili.
La Corte, per quanto qui ancora rileva, escludeva la responsabilità di
Carmine Crea, già datore di lavoro del lavoratore deceduto, e
conseguentemente la responsabilità della compagnia di assicurazioni
chiamata in garanzia, sul rilievo che, nella specie, l’infortunio era da
ascriversi alla trasgressione delle precise istruzioni concernenti l’utilizzo
della motopompa per il getto di calcestruzzo da parte di un collega del
lavoratore infortunato, Angelo Vattimo, il cui comportamento doveva
perciò considerarsi causa esclusiva dell’evento dannoso, e riteneva che
non vi fosse spazio nemmeno per predicare la responsabilità datoriale ex
art. 2049 c.c., dal momento che, essendosi svolti i lavori del cantiere
sotto il controllo di terzi (vale a dire gli imprenditori titolari delle ditte
destinatarie della fornitura di calcestruzzo, nell’ambito della quale si era
verificato l’infortunio mortale), doveva trovare applicazione il principio,
già affermato in una risalente pronuncia di questa Corte, secondo cui
ove taluno si avvalga, per compiere un determinato lavoro, di persone
normalmente alle dipendenze di altri, assumendone in proprio la
direzione e la vigilanza, committente ex art. 2049 c.c. deve essere
considerato solo colui che ha fatto eseguire il lavoro.
Avverso tali statuizioni ricorre l’INAIL, deducendo due motivi di censura.
La compagnia di assicurazioni resiste con controricorso. Carmine Crea e
Angelo Vattimo sono rimasti intimati. Le parti costituite hanno
depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 10 e 11, T.U. n. 1124/1965, e degli artt. 2087 e
2697 c.c., per avere la Corte di merito escluso la responsabilità di
Carmine Crea, titolare della motopompa e datore di lavoro del lavoratore
deceduto, sul rilievo che sul braccio della motopompa vi era una

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avente ad oggetto l’importo della rendita corrisposta ai superstiti di

targhetta con l’indicazione della distanza da mantenere dai cavi elettrici,
di talché il comportamento di Angelo Vattimo, collega del lavoratore
deceduto e parimenti dipendente dell’azienda di cui Crea era titolare,
doveva considerarsi esorbitante dalle direttive ricevute e, dunque, causa
esclusiva dell’evento dannoso.

applicazione degli artt. 10 e 11, T.U. n. 1124/1965, e dell’art. 2049 c.c.,
per avere la Corte territoriale ritenuto che, essendosi i lavori del cantiere
svoltig secondo le direttive di terzi (ossia gli imprenditori titolari delle
ditte destinatarie della fornitura di calcestruzzo), dovessero se del caso
costoro considerarsi committenti ex art. 2049 c.c., giusta il principio di
diritto enunciato da questa Corte con sentenza n. 19553 del 2003.
Ciò posto, il primo motivo è fondato.
Premesso che questa Corte ha da tempo chiarito che la responsabilità
conseguente alla violazione dell’art. 2087 c.c. ha natura contrattuale, di
talché il lavoratore che agisca per il riconoscimento del danno da
infortunio o l’Istituto assicuratore che agisca in via di regresso devono
allegare e provare la esistenza dell’obbligazione lavorativa, del danno e
del nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione lavorativa, mentre il
datore di lavoro deve provare che il danno è dipeso da causa a lui non
imputabile, ossia di aver adempiuto al suo obbligo di sicurezza,
apprestando tutte le misure per evitare il danno, e che gli esiti dannosi
sono stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile (cfr. tra
le tante Cass. nn. 10529 del 2008, 2736 del 2010, 26293 del 2013,
22827 del 2014, 12561 del 2017), va qui rimarcato come le disposizioni
dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro siano dirette a
tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua
disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a sua imperizia, negligenza
ed imprudenza, con la conseguenza che il datore di lavoro è
responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di
adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che
di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del
dipendente, non potendo giovarsi, in caso contrario, di alcuna esimente
rispetto all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta
può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni
responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità,

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Con il secondo motivo, l’Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa

inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle
direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento,
essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione
dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di
organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell’estraneità del

da svolgere (Cass. n. 4656 del 2011).
Detto altrimenti, il datore di lavoro, in caso di violazione della disciplina
antinfortunistica, è esonerato da responsabilità soltanto quando la
condotta del dipendente abbia assunto i caratteri dell’abnormità,
dell’imprevedibilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo
ed alle direttive ricevute, mentre, qualora nella condotta del lavoratore
non ricorrano detti caratteri, l’imprenditore è integralmente responsabile
dell’infortunio che sia conseguenza dell’inosservanza delle norme
antinfortunistiche, poiché la violazione dell’obbligo di sicurezza integra
l’unico fattore causale dell’evento, non rilevando in alcun grado il
concorso di colpa del lavoratore (cfr. in tal senso, tra le più recenti,
Cass. n. 27127 del 2013).
Considerato che tali principi appaiono logicamente estensibili all’ipotesi
in cui il comportamento negligente, imprudente o imperito sia
ascrivibile, come nella specie, ad un collega di lavoro del lavoratore
infortunato (cfr. in tal senso Cass. n. 9817 del 2008), balza evidente
l’errore di diritto in cui è incorsa l’impugnata sentenza nel ritenere che la
mera inosservanza delle direttive concernenti l’uso della motopompa (e
segnatamente la distanza che il braccio di essa doveva mantenere
rispetto ai cavi elettrici) valesse ad escludere la responsabilità del datore
di lavoro nella causazione dell’evento: non potendo seriamente
sostenersi che l’errata manovra del braccio della motopompa costituisse
un comportamento indipendente dalle finalità del lavoro da compiere e,
conseguentemente, estraneo al rischio suo tipico, soccorre al riguardo
l’art. 1228 c.c., che nell’accollare al debitore le conseguenze del fatto
doloso o colposo dei suoi ausiliari configura una forma di responsabilità
oggettiva che rende superfluo l’accertamento di una culpa in eligendo o
in vigilando, dal momento che il comportamento dell’ausiliario è valutato
secondo gli stessi criteri applicabili in caso di adempimento diretto
dell’obbligazione da parte del debitore (Cass. n. 5329 del 2003).

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rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro

Assorbito conseguentemente il secondo motivo, la sentenza impugnata
va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di
Reggio Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle
spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.

la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Reggio
Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3.10.2017.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa

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