Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10449 del 27/04/2017

Cassazione civile, sez. I, 27/04/2017, (ud. 02/02/2017, dep.27/04/2017),  n. 10449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28020/2012 proposto da:

Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Panama n. 58, presso l’avvocato Molino

Claudia, rappresentato e difeso dall’avvocato Cecchi Alessandro,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.E.G., B.M., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Silvio Pellico n. 24, presso gli avvocati

Valvo Giuseppe, Carello Cesare Romano, rappresentati e difesi

dall’avvocato Bologni Vittorio, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1316/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato A. CECCHI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza indicata in epigrafe, giudicando in sede di rinvio, ha determinato l’indennità dovuta dal Comune di Prato ad B.E.G. ed a M. per l’espropriazione di un loro fondo inserito nell’ambito di un PEEP. Per quanto, ancora, interessa, i giudici territoriali hanno ritenuto che la sentenza rescindente della Corte di legittimità n. 8030 del 2006 non aveva cassato il capo relativo agli interessi, avendo ritenuto assorbita la relativa censura, e che gli interessi dovevano esser riconosciuti nella misura già in precedenza determinata con la sentenza del 15.11.2000, e, cioè, a far tempo dalla notificazione della citazione.

Avverso detta sentenza, ricorre per cassazione il Comune di Prato sulla base di tre motivi, ai quali gli intimati resistono con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica.

2. Col primo motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 383, e 394 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto già definita la questione della spettanza degli interessi, equivocando sugli effetti della statuizione d’assorbimento, che comportavano il dovere dei giudici della riassunzione di provvedere in proposito.

3. Col secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto altro profilo. La Corte d’Appello, con la sentenza del 2000, aveva escluso la spettanza degli interessi corrispettivi e riconosciuto gli interessi moratori: la prima statuizione non impugnata ex adverso, doveva ritenersi coperta da giudicato, e la seconda era inammissibile, per essere la relativa domanda stata proposta in sede di precisazione delle conclusioni senza accettazione di contraddittorio.

4. I motivi vanno respinti alla stregua dei seguenti principi: a) è bensì vero che le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per cassazione espressamente dichiarati assorbiti debbono ritenersi, per definizione, non decise e possono essere, quindi, riproposte del tutto impregiudicate all’esame del giudice di rinvio (cfr. Cass. 12.9.2011 n. 18677), ma tanto non comporta la cassazione della sentenza, avendo detto giudice deciso, appunto, sulla spettanza degli interessi, che ha liquidato in ragione dell’entità determinata nella pregressa sentenza; b) il principio secondo cui la modifica della domanda è consentita nei limiti della emendatio libelli (salvo che sulla domanda nuova intervenga l’accettazione del contraddittorio espressa o tacita) va rivisitato al lume della sentenza delle SU di questa Corte 15/6/2015 n. 12310 (emessa in riferimento al testo dell’art. 183 c.p.c., comma 5, ma con dichiarata valenza generalizzata), secondo cui la modificazione di petitum e causa petendi è consentita, quando la domanda modificata risulti comunque connessa o collegata alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio – e quella relativa agli interessi certamente lo è-; peraltro, la richiesta di interessi sull’indennità va considerata una consentita mera emendatio e non una vietata mutatio libelli (Cass. 9/4/2003 n. 5570, in fattispecie relativa, come quella in esame, a giudizio disciplinato dalle norme processuali anteriori alla L. n. 353 del 1990; cfr. pure Cass. 12/06/2013 n. 14763).

5. Il terzo motivo, con cui si deduce che, nel riconoscere gli interessi sull’ammontare complessivo dell’indennità, invece che sulle somme ancora da depositare, la Corte d’Appello ha violato gli artt. 1277, 1218, 1224 e 1994 c.c., oltre che la stessa statuizione della precedente decisione, è infondato, in quanto, ad una lettura complessiva della decisione, risulta che l’ordine di deposito degli interessi è relativo, proprio, alla differenza da depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00, per spese vive, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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