Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10449 del 21/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 21/04/2021), n.10449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25843 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Corel s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico D’Arrigo per procura

speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via

M. Prestinari, n. 13, presso lo studio dell’Avv. Paola Ramadori;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n.

84/63/2013, depositata il giorno 27 marzo 2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre

2020 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di Corel s.r.l. un avviso di accertamento con il quale aveva contestato la partecipazione ad una frode carosello con emissione di una fattura per una operazione soggettivamente inesistente nei confronti di una società spagnola ma con destinatario effettivo un operatore nazionale, nonchè per avere acquistato fittiziamente dalla società Leader Distribuzione s.r.l., in quanto l’effettiva fornitrice era la società Master s.p.a.; avverso il suddetto atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che sussistevano sufficienti elementi di prova presuntiva per ritenere legittima la pretesa dell’amministrazione finanziaria;

avverso la suddetta pronuncia la società ha proposto ricorso affidato a cinque motivi di censura, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso;

con ordinanza del 27 febbraio 2020 questa Corte ha disposto l’acquisizione dei fascicoli di merito ed il rinvio a nuovo ruolo al fine di verificare la sussistenza della prova documentale della data di spedizione dell’atto di appello;

parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22, per non avere dichiarato inammissibile l’appello in quanto l’Agenzia delle entrate non aveva depositato, unitamente alla copia dell’atto spedito per posta, la copia della ricevuta di spedizione e mezzo del servizio postale nè aveva indicato nell’atto, depositato con attestazione di conformità, la data di spedizione della raccomandata;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 51 e 38, e art. 327 c.p.c., per non avere rilevato che l’appello non era stato tempestivamente notificato, mancando agli atti la prova della tempestività della notifica dell’appello a mezzo raccomandata;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla prova della regolarità della notifica dell’atto di appello, sono fondati;

invero, va precisato che, secondo questa Corte (Cass. Sez. U., civ., 29 maggio 2017, n. 13452) “Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario; solo in tal caso l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”;

pertanto, secondo questa Corte, se, da un lato, la prova della regolare notifica dell’appello può essere fornita depositando l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, d’altro lato, è comunque necessario che nell’avviso di ricevimento la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica o con proprio timbro datario, non essendo idonea, invece, la mera scritturazione manuale o dattilografica della data di spedizione, salvo che sia lo stesso agente postale che certifichi l’avvenuta ricezione del plico;

con riferimento al caso di specie, risulta prodotto dall’Agenzia delle entrate l’avviso di ricevimento nel quale la data di spedizione risulta indicata manualmente con datario a tampone che non può essere ricondotto ad una stampigliatura meccanografica;

risulta, inoltre, solo cennata l’apposizione di un timbro datario, ma parziale e assolutamente illeggibile, e quindi non idonea al fine di ritenere provata la data di spedizione dell’atto;

peraltro, va osservato che nell’avviso di ricevimento depositato è riportata quale data di ricezione il 25 maggio 2011, quindi la stessa è successiva alla data del 23 maggio 2011 di scadenza del termine di impugnazione, applicabile ratione temporis, posto che la sentenza di primo grado è stata depositata il 7 aprile 2010, sicchè l’impugnazione è stato proposto oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., secondo il combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 38 e 51;

ne consegue che è inammissibile l’atto di appello, sicchè la sentenza censurata va cassata senza rinvio;

con riferimento alle spese di lite, sono interamente compensate quelle relative al giudizio di appello e, atteso che la pronuncia di questa Corte sopra citata è successiva alla data di presentazione del presente ricorso, anche le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile l’atto d’appello, cassa senza rinvio la sentenza censurata e compensa interamente le spese relative al giudizio di appello e al presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021

 

 

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