Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10447 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. III, 12/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 12/05/2011), n.10447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9069-2009 proposto da:

P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA COSTANTINO 10 L/10, presso il Sig. ROMOLO CIPRIANI,

rappresentato e difeso dagli avvocati CICCOCIOPPO ITALO, GIALLORETO

GIUSEPPE giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE EST S.R.L. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore

e legale rappresentante pro tempore Sig. L.E.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI N. 134, presso

l’Avv. MASSIMILIANO PANETTA (STUDIO LEGALE FIORILLO E ASSOCIATI),

rappresentata e difesa dall’avvocato IEZZI LORENZINA giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 184/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 5/2/2008, depositata il 15/03/2008, R.G.N. 47/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- P.S. ottenne dal Presidente del Tribunale di l’Aquila l’emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti della Immobiliare Est s.r.l. per il pagamento della somma di L. 189.228.000, oltre accessori, che affermò dovutagli in virtù della ricognizione di debito del 2 marzo 1997, sottoscritta da L.E. in proprio e quale legale rappresentante di alcune società tra le quali, a suo avviso, anche la predetta Immobiliare Est. Dichiarò che era inutilmente scaduto il termine di pagamento del 30.4.1997, fissato convenzionalmente per il caso di mancata stipulazione del più ampio accordo con il ceto bancario e con gli altri creditori.

Con atto di citazione del 21.7.1997, la Immobiliare Est si oppose al decreto, sostenendo di non aver mai assunto alcuna obbligazione nei confronti della società ingiungente.

Con sentenza in data 27.8.2003 il tribunale di Chieti accolse l’opposizione e revocò il decreto.

2.- La Corte d’Appello di l’Aquila ha rigettato l’appello del P. e lo ha condannato alla restituzione delle somme eventualmente percepite a causa della immediata esecutività del decreto ingiuntivo.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione P.S., affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria.

Resiste con controricorso la Immobiliare Est.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente P. denuncia “violazione e-o falsa applicazione dell’art. 1362 e segg. c.c., nonchè del principio del gradualismo e di ogni altra norma in materia di interpretazione dei contratti (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Lamenta che la Corte d’Appello, pur ravvisando la scarsa chiarezza del testo contrattuale, non abbia adottato il principio del gradualismo secondo il quale, in sede di interpretazione del contratto, allorquando i criteri principali di cui agli artt. 1362- 1365 c.c. sono insufficienti all’individuazione del comune intento dei contraenti, necessita far ricorso ai criteri interpretativi sussidiari.

1.1.- Il motivo è inammissibile in quanto fondato sull’insussistente presupposto della non chiarezza dell’atto ricognitivo, in contrasto con quanto ritenuto dalla corte d’appello (a pagina 4, penultimo capoverso, della sentenza).

La “poca chiarezza” cui la sentenza si riferisce alla pagina successiva (penultimo capoverso) ha riguardo a tutt’altro aspetto, concernente l’esclusa temerarietà della pretesa del P., in ragione “dell’incongruo riferimento ad altre società non meglio individuate”. Ma non inficia la motivazione della sentenza laddove ha ritenuto che non si rinvengono nell’atto ricognitivo elementi contraddittori o pattuizioni dubbie e che la mancata inclusione della società Immobiliare Est fra quelle per le quali era stato effettuato il riconoscimento del debito era sufficiente ad escludere che fossero sorte obbligazioni in capo alla non menzionata Immobiliare Est.

Va soggiunto che il P. non ha agito nei confronti del L. in proprio o quale amministratore di una di quelle società per le quali il L. stesso aveva riconosciuto l’esistenza del debito, ma esclusivamente nei confronti di una società non compresa fra quelle indicate nella ricognizione di debito.

2.- Con il secondo motivo si deduce “contraddittorietà e-o illogicità della motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Secondo il ricorrente la motivazione dell’impugnata sentenza è contraddittoria e illogica perchè, da un lato, ritiene poco chiaro il testo del contratto; dall’altro, afferma che non si è in presenza di elementi contraddittori o pattuizioni dubbie.

2.1.- Il motivo è infondato.

L’utilizzazione dei criteri interpretativi sussidiari è infatti prevista nelle ipotesi in cui il significato letterale delle espressioni adoperate sia insufficiente alla identificazione della comune intenzione delle parti, sempre che il giudice fornisca adeguata motivazione della ritenuta equivocità ed insufficienza del dato letterale.

Nel caso in esame la corte d’appello ha chiarito che il significato letterale del testo è invece sufficiente ad escludere che il riconoscimento del debito fosse riferibile anche alla Immobiliare Est, non menzionata tra quelle cui la ricognizione era riferita.

Deve dunque escludersi un’erronea applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, mentre senz’altro adeguata è la motivazione, che consente la ricostruzione del percorso logico seguito dal giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale il suo effettivo contenuto Cass., 23.8.2006, n. 18375).

3.- Con il terzo e quarto mezzo d’impugnazione, che per la loro stretta connessione possono congiuntamente esaminarsi, la sentenza è rispettivamente censurata: per “violazione e-o falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., comma 1, artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè di ogni altra norma e principio in materia di mancata risposta in sede di interrogatorio formale”; per “violazione e-o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè di tutte le altre norme e principi in materia i valutazione delle prove”.

Si lamenta che la corte d’appello abbia ritenuto irrilevante la mancata risposta del legale rappresentante della società ad alcuni capitoli del deferitogli interrogatorio formale, in quanto si trattava di fatti che non trovavano riscontro nella documentazione conservata dalla società. E si assume che dall’omessa considerazione della mancata risposta ex art. 232 c.p.c., è conseguita l’errata valutazione da parte dei giudici di merito delle risultanze probatorie e processuali.

3.1.- Anche questi motivi sono infondati.

La mancata risposta all’interrogatorio formale costituisce un comportamento processuale qualificato che, nel quadro degli altri elementi probatori acquisiti, può fornire elementi di valutazione idonei ad integrare il convincimento del giudice sulle circostanze articolate nei singoli capitoli. Nell’impugnata sentenza il giudice ha ritenuto che i fatti dedotti non fossero suffragati da alcun elemento di riscontro: non dalla documentazione conservata dalla società, nè dalla scrittura privata di ricognizione del debito (Cass., 19.3.2009, n. 6697).

Si tratta di apprezzamento di fatto, congruamente motivato.

4.- Il ricorso è conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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