Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10440 del 20/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10440 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 26966-2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI
CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (S.C.C.I.),
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29,
presso l’ AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO,
GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO
SGROI, EMANUELE DE ROSE giusta mandato speciale a margine
del ticorso,
ric.
E’ stato, infatti, emanato il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma
11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122,
art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitività economica. Tale disposizione prevede, con
norma dichiaratamente di interpretazione autentica: .

conforme a Costituzione dalla sentenza n. 15 del 2012 della Corte
costituzionale), la regola della attività prevalente e quindi, in via generale,
vale l’obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione commercianti,
sia alla gestione separata.
Tuttavia il presupposto per la iscrizione alla gestione commercianti è
che si eserciti effettivamente l’attività commerciale e quindi vi siano le
condizioni cui la legge subordina il relativo obbligo.
La disciplina previgente è, infatti, stata modificata dalla L. 23 dicembre
1996, n. 662, art. 1, comma 203 che così ha sostituito la L. 3 giugno
1975, n. 160, art. 29, comma 1: .
La iscrizione alla gestione commercianti è, quindi, obbligatoria ove si
realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla legge e cioè: la
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Non opera più, quindi, alla stregua della norma interpretativa (ritenuta

titolarità o gestione di imprese organizzate e dirette in prevalenza con il
lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di
gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.I.); la partecipazione al
lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove
richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di
licenze e qualifiche professionali.

sentenza impugnata sulla base di un accertamento di fatto non oggetto di
rilievo da parte dell’I.N.P.S., Enrico Longinotti non esercitava l’attività
commerciale nell’impresa gestita dalla s.r.l. suindicata (e cioè l’attività di
concessionaria di vendita di orologi Rolex) in modo diretto ed esecutivo
né in misura preponderante rispetto ad altri fattori produttivi, svolgendo
egli prevalentemente compiti di coordinamento e controllo dell’attività
svolta nei vari settori aziendali (laboratorio ed esercizi commerciali di
vendita degli articoli) a capo di ciascuno dei quali era preposto un
soggetto con responsabilità operativa e gestionale.
Va, poi, ulteriormente sottolineato che, se la regola espressa dalla
norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n.
662, art. 1, comma 208,) e dalla disposizione di interpretazione autentica
(D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è che l’esercizio di
un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé
comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso
l’I.N.P.S., non fa scattare il criterio dell’unificazione della posizione
previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione dell’attività
“prevalente”, rimanendo attività distinte e (sotto questo profilo) autonome,
sicché parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella
rispettiva gestione assicurativa, deve coerentemente ritenersi che
ognuna delle due distinte attività debba essere valutata, ai fini della
sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo gli ordinari criteri.
Così la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei
confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già
sopra ricordato comma 203 del medesimo art. 1 della legge n. 66211996.

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Nella specie tali presupposti non ricorrono perché, come ritenuto dalla

Ai fini, dunque, di tale ulteriore (rispetto a quello della gestione
separata) obbligo contributivo non è richiesta la verifica del requisito della
prevalenza (che vale nel solo ambito delle attività autonome inquadrabili
nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura;
vale, cioè, solo al fine di evitare più di una contribuzione nel caso di un
soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa,

per le attività in parola), bensì quella della sussistenza degli elementi
della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa,
nonché degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive
discipline normative di settore.
Per il doppio onere occorre, dunque, una “coesistenza” di attività
riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione
societaria.
La verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è
compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e
rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale,
secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a
provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20
aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga
compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale
valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di
impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo
produttivo della stessa,

elementi quali la complessità o meno

dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro
qualifica e le loro mansioni (così, ad esempio, in presenza di una società
di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli
sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale
dell’amministratore, ancorché pure socio, non beneficia di elementi
presuntivi che diversamente possono sussistere quando si è in presenza
di una società con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza
dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11
luglio 2012, n. 11685-).
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attività plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste

Ciò precisato, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato
sullo svolgimento da parte del Longinotti della sola attività di
amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale
ed esecutiva dell’azienda, se non in maniera del tutto minoritaria “rispetto
agli altri regolari costanti e preponderanti fattori produttivi” non è
validamente infirmato dalla parte ricorrente e dai mezzi d’impugnazione

Né, di per sé, la qualifica di socio di una società di capitali (con
responsabilità limitata al capitale sottoscritto e con partecipazione alla
realizzazione dello scopo sociale esclusivamente tramite il conferimento
di tale capitale) può essere significativa dell’esercizio di diretta attività
commerciale nell’azienda.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso, con
ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio. Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi
dell’art. 380 bis, 2° comma, c.p.c. di contenuto adesivo alla relazione.
Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le
conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto
dello stesso.
I recenti interventi, legislativo e giurisprudenziali, giustificano la
compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Poiché il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio
2013 si impone di dare atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater,
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17,
legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della
disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per
l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto,
poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla
condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto
oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale
o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione,
Ric. 2014 n. 26966 sez. ML – ud. 20-04-2016
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articolati.

muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un
parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario
o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua
disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Roma, 20 aprile 2016

Compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio di

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