Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10438 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. III, 20/04/2021, (ud. 18/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 8548 del ruolo generale dell’anno

2019, proposto da:

B.P., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta

procura in calce al ricorso, dagli avvocati Giancarlo Balestra,

(C.F.: BLS GCR 60H28 H501U) e Carlo Tardella, (C.F.: TRD CRL 65H06

E783R);

– ricorrente –

nei confronti di:

ASSIMOCO S.p.A. – Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni

Movimento Cooperativo S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura, S.F. rappresentato e difeso,

giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato Marco

Ferraro (C.F.: FRR MRC 61H03 H501Q);

– controricorrente – ricorrente in via incidentale –

G.A., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso,

giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Piero

Cerroni, (C.F.: CRR PRI 42C07 H501K);

– controricorrente –

nonchè

AZIENDA FAUNISTICA VENATORIA CASTEL DI SALCE (C.F.: non indicato), in

persona del legale rappresentante pro tempore BA.Pr.

(C.F.: non indicato), BA.Lo., (C.F.: non indicato)

BA.Se., (C.F.: non indicato) BA.Ma., (C.F.: non

indicato);

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

9/2019, pubblicata in data 4 gennaio 2019;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 18

dicembre 2020 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.P. ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al decesso del coniuge separato ba.ma., avvenuto a seguito dell’esplosione, da parte di G.A., di un colpo di arma da fuoco nel corso di una battuta di caccia al cinghiale nella Azienda Faunistica Venatoria Castel di Salce. Il G. ha chiamato in causa la propria assicurazione della responsabilità civile Assimoco S.p.A., per essere tenuto indenne delle eventuali conseguenze della decisione, deducendone la responsabilità anche oltre il massimale, per mala gestio. La Assimoco S.p.A. ha chiamato in giudizio la Azienda Faunistica Venatoria Castel di Salce, sostenendo che quest’ultima fosse corresponsabile del sinistro. Nel giudizio sono stati evocati anche i figli della vittima, P., L., M. e Ba.Se. (gli ultimi due anche quali eredi della madre P.G.), senza che fossero avanzate domande nei loro confronti.

La domanda della B. è stata accolta dal Tribunale di Roma, nei confronti del G. e della Assimoco S.p.A., condannati in solido al pagamento dell’importo di Euro 507.255,00 in favore dell’attrice. Le domande della Assimoco S.p.A. nei confronti della Azienda Faunistica Venatoria Castel di Salce sono state rigettate, mentre è stato dichiarato non luogo a provvedere rispetto alla posizione dei Ba..

La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo del risarcimento riconosciuto alla B. a Euro 300.495,00, oltre lucro cessante come in motivazione, e ha limitato il credito risarcitorio nei confronti dell’Assimoco S.p.A. entro il massimale di polizza, condannando la stessa B. a restituire ai due soggetti condannati in solido, proporzionalmente, gli importi percepiti in eccesso. Ricorre la B., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il G..

Assimoco S.p.A. resiste con controricorso e propone contestualmente ricorso incidentale sulla base di un unico motivo. Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia “Violazione delle regole sulla stima del danno, in particolare di quelle dettate dagli artt. 1223,1226,2043 e 2056 c.c. – vizio di violazione di legge art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Secondo la ricorrente, l’importo riconosciutole dal tribunale in primo grado a titolo di danno patrimoniale futuro sarebbe stato erroneamente ridotto dalla corte di appello.

In particolare, assume che sarebbe insufficiente e inadeguata la motivazione fornita dalla corte di appello a sostegno della riduzione del 50% dell’importo della rendita annuale considerata quale base di calcolo dal tribunale, in mancanza di elementi oggettivi a sostegno di tale riduzione e quindi, a suo avviso, in virtù di mere congetture.

Il motivo è infondato.

La liquidazione è stata correttamente effettuata (sia dal tribunale che dalla corte di appello) sulla base di un criterio equitativo, a norma degli artt. 1226 e 2056 c.c., non essendo del resto possibile determinare il danno patrimoniale futuro da lucro cessante in altro modo.

La corte di appello ha, a tal fine, preso in considerazione gli elementi utili emergenti dagli atti, e cioè l’importo dell’assegno di mantenimento fissato in favore della B. in sede di separazione (sulla base dei redditi presumibili del Ba., anche non emergenti dalle sue dichiarazioni fiscali ma presumibili), nonchè la situazione di conflittualità tra i coniugi e l’età degli stessi, ed ha ritenuto di riconoscere, in via equitativa, un danno pari all’importo attualizzato di una rendita equivalente alla metà di tale assegno, per un periodo di 22 anni, tenendo conto, in via prognostica, di una serie di possibili futuri eventi che avrebbero potuto incidere sull’ammontare dell’apporto economico che la B. avrebbe concretamente conseguito a carico del coniuge.

La suddetta liquidazione è quindi avvenuta in modo corretto, sotto il profilo dell’applicazione delle norme di diritto e, per quanto riguarda i sottostanti accertamenti di fatto, sulla base di una motivazione adeguata, certamente non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico.

Le censure di cui al motivo di ricorso in esame sono sostanzialmente dirette ad ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove (in ordine all’entità in concreto del presumibile apporto economico che la B. avrebbe effettivamente ricevuto in futuro dal coniuge separato), il che non è consentito in sede di legittimità.

In particolare, risultano del tutto inconferenti le considerazioni operate dalla ricorrente in ordine ai criteri giuridici per la determinazione dell’assegno divorzile, non venendo in rilievo, nella presente fattispecie, una questione di diritto, ma esclusivamente accertamenti di fatto prognostici finalizzati alla liquidazione di un danno patrimoniale futuro in via equitativa.

In definitiva, la corte di appello ha valutato diversamente le circostanze di fatto già prese in considerazione dal giudice di primo grado ed è giunta a diverse conclusioni: trattandosi peraltro di liquidazione equitativa di un danno patrimoniale futuro, non basta, ovviamente, sostenere – come sostanzialmente fa la ricorrente – che i giudizi prognostici operati dai giudici di secondo grado non hanno carattere di assoluta certezza perchè si possa ritenere invece corretta la diversa prognosi operata dal tribunale.

La ricorrente avrebbe eventualmente dovuto evidenziare eventuali errori in diritto commessi dalla corte di appello nell’applicazione degli artt. 1223,1226 e 2056 c.c., il che certamente non è avvenuto, risultando al contrario correttamente applicate le suddette disposizioni.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale si denunzia “Omessa e/o insufficiente e/o illogica motivazione sull’applicazione del criterio equitativo nella parametrazione del danno patrimoniale futuro – Violazione degli artt. 2043 e 1223 c.c., art. 143 c.c., art. 433 c.c. e dell’art. 2697 c.c. – vizio di violazione di legge art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La ricorrente deduce che la liquidazione del danno patrimoniale futuro operata dalla corte di appello in suo favore sarebbe insufficiente.

Anche questo motivo è infondato.

Come già osservato con riguardo al primo motivo, anche in questo caso le censure si risolvono in contestazioni in fatto rispetto ad una liquidazione equitativa di un danno patrimoniale futuro, per sua natura prognostica, operata dai giudici di merito tenendo conto delle circostanze note e sulla base di una motivazione certamente non apparente, nè contraddittoria sul piano logico, quindi non censurabile in sede di legittimità.

In particolare, con il motivo di ricorso in esame vengono allegate una serie di circostanze di fatto in base alle quali, ad avviso della ricorrente, si sarebbe dovuto ritenere che ella avrebbe conseguito in futuro dal coniuge separato un apporto economico maggiore di quello ritenuto dalla corte di appello.

Non si tratta dunque di censure in diritto ma, anche in questo caso, di contestazioni di fatto e di una sostanziale richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la Assimoco S.p.A. denunzia “Omesso esame di prove in relazione a fatto decisivo ed oggetto di discussione; ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.”.

Il ricorso incidentale è inammissibile.

In caso di proposizione del ricorso (e/o del controricorso) a mezzo di procuratore (generale o speciale), ai sensi dell’art. 77 c.p.c., la produzione del relativo documento che contenga la procura è indispensabile per la verifica del corretto conferimento dei poteri, sostanziali e processuali, al procuratore, a norma dell’art. 77 c.p.c. e, in mancanza, il ricorso (o il controricorso) è inammissibile; il vizio è sempre rilevabile di ufficio (diversamente da quanto avviene in caso di costituzione del legale rappresentante dell’ente o di soggetto al quale il potere di rappresentanza deriva direttamente dall’atto costitutivo o dallo Statuto) e non basta che colui che si qualifica come rappresentante dell’ente in forza di una procura notarile ne indichi gli estremi, in quanto, se l’atto non è stato prodotto, resta ferma l’impossibilità di verificare il potere rappresentativo del soggetto (giurisprudenza costante di questa Corte; cfr. Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11898 del 07/05/2019, Rv. 653802 01; Sez. 2, Sentenza n. 4924 del 27/02/2017, Rv. 643163 01; Sez. 3, Sentenza n. 21803 del 28/10/2016, Rv. 642963 01; Sez. 3, Sentenza n. 16274 del 31/07/2015, Rv. 636620 01; Sez. L, Sentenza n. 23786 del 21/10/2013, Rv. 628512 01; Sez. 1, Sentenza n. 1345 del 21/01/2013, Rv. 624765 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9091 del 05/06/2012, Rv. 622651 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13207 del 26/07/2012, non massimata; Sez. 1, Sentenza n. 22009 del 19/10/2007, Rv. 599237 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 10122 del 02/05/2007, Rv. 597012 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11285 del 27/05/2005, Rv. 582413 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11188 del 26/05/2005, Rv. 582325 – 01).

Nella specie, la ricorrente Assimoco S.p.A. risulta costituita nel presente giudizio in persona del funzionario S.F., che si qualifica procuratore speciale (quindi rappresentante volontario) della stessa in virtù di procura per notaio Gu.Iv. di (OMISSIS); in tale qualità lo S. ha sottoscritto il mandato difensivo all’avvocato Ferraro.

L’indicata procura non è stata però prodotta in giudizio.

Il controricorso nonchè il contestuale ricorso incidentale della società sono pertanto inammissibili.

4. Il ricorso principale è rigettato.

Il ricorso incidentale è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, nei rapporti tra la ricorrente B. e il controricorrente G.. Nei rapporti tra la ricorrente e la Assimoco S.p.A., invece, tenuto conto della sostanziale reciproca soccombenza delle parti e della irregolarità della costituzione in giudizio di quest’ultima, sussistono i presupposti per una integrale compensazione, con conseguente irripetibilità di dette spese anche in favore della parte regolarmente costituita.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sia con riguardo al ricorso principale che a quello incidentale.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

– condanna la ricorrente B. a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente G., liquidandole in complessivi Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge;

– dichiara irripetibili le spese del giudizio nei rapporti tra la ricorrente B. e la Assimoco S.p.A..

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via principale ed in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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