Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10437 del 03/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 03/06/2020), n.10437
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36641-2018 R.G. proposto da:
O.G., rappresentato e difeso da sè medesimo ed
elettivamente domiciliato in Roma, Via Adalberto, n. 6, presso il
proprio studio;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Direttore pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Bottura
Dario e Anziano Daniela ed elettivamente domiciliato in Roma, Via
Cesare Beccaria, n. 29, presso la sede dell’Avvocatura dell’Istituto
medesimo;
– controricorrente –
contro
BANCO DI NAPOLI S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6226/2018 del Tribunale di Napoli, depositata
il 22/06/2018;
letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli
artt. 376 e 380-bis c.p.c.;
letti il ricorso e il controricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12 dicembre 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo
D’Arrigo.
Fatto
RITENUTO
Con precetto notificato il 5 febbraio 2014 O.G. intimava al Banco di Napoli s.p.a., che era stato terzo pignorato in una procedura esecutiva a carico dell’I.N.P.S., il pagamento delle somme risultanti da un’ordinanza del 7 marzo 2003 (r.g. 24373), che veniva contestualmente notificata.
Il Banco proponeva opposizione, eccependo l’intervenuta prescrizione decennale del credito.
Il Giudice di pace di Napoli, nel contraddittorio anche con l’ente esecutato I.N.P.S., accoglieva l’opposizione.
Il G. impugnava la decisione, ma il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice d’appello, rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza l’ O. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo. L’I.N.P.S. ha resistito con controricorso. Il Banco di Napoli s.p.a. non ha svolto attività difensiva.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.
Diritto
CONSIDERATO
In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.
Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1229 e 2943 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., consistita nel non aver ritenuto idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale una nota recapitata all’istituto di credito con la quale l’ O. chiedeva “il pagamento delle somme assegnatemi con le ordinanze emesse a mio favore dal giudice dell’esecuzione, debitore l’I.N.P.S., negli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2004”.
Il ricorso è inammissibile.
La censura prospettata, infatti, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il Tribunale partenopeo, difatti, non pone in dubbio l’idoneità astratta di una lettera di costituzione in mora ad interrompere il decorso della prescrizione ordinaria, anche con riferimento ai crediti risultanti da ordinanze di assegnazione.
Tuttavia, in concreto, il giudice di merito ha rilevato che in calce all’atto di costituzione in mora a firma dell’ O. era presente un elenco dettagliato di procedure alle quali, inequivocabilmente, intendeva riferirsi il difensore. In tale elenco non è compresa la procedura esecutiva in esito alla quale è stata emessa l’ordinanza di assegnazione in questione. Pertanto, deve escludersi che quell’atto di costituzione in mora potesse riferirsi alla vicenda di che trattasi, essendo la sua efficacia specificatamente riferita alle sole ordinanze delle quali espressamente chiede il pagamento.
Il ricorrente omette del tutto di confrontarsi con questa ragione della decisione, prospettando una questione in diritto non calzante con il tenore del provvedimento impugnato. Del resto, l’interpretazione dell’atto di costituzione in mora e l’individuazione dell’ambito dei suoi effetti sostanziali costituisce una quaestio facti non sindacabile in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020