Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10432 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 29/04/2010, (ud. 05/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21551-2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE

NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, GIANNICO GIUSEPPINA,

giusta procura in calce al ricorso notificato;

– resistente –

e contro

G.V.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 215/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

7.2.08, depositata il 13/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 13 febbraio 2008 la Corte di appello di Potenza ha rigettato l’impugnazione proposta dal Ministero dell’economia e delle finanze avverso la decisione di primo grado che, riconosciuto il diritto di G.V.D. all’indennità di accompagnamento, aveva condannato l’INPS al pagamento dei ratei maturati, e unitamente al predetto Ministero alla rifusione in favore dell’attore di un terzo delle spese di lite, compensate per il resto.

La Corte territoriale ha giudicato infondata l’impugnazione dell’Amministrazione erariale, la quale oltre a sostenere l’erroneità del parere espresso dal consulente di ufficio, e condiviso dal Tribunale, in ordine all’affermato difetto di autosufficienza dell’assistibile, si era doluta della condanna, insieme con l’INPS, al parziale rimborso delle spese. Relativamente a tale censura, la Corte territoriale ha rilevato che nei giudizi relativi alle prestazioni assistenziali previste per gli invalidi civili, il Ministero – secondo la disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326 – è litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., come tale è parte nel processo e può contrastare la pretesa dedotta in giudizio e non limitarsi a sostenere le ragione dell’INPS. Per la cassazione della sentenza il Ministero soccombente ha proposto ricorso con tre motivi.

Mentre l’INPS ha depositato procura al difensore, la parte privata non ha espletato alcuna attività difensiva in questa fase del giudizio.

Essendosi ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso, nei tre motivi nei quali è articolato, nel denunciare, rispettivamente, violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42 convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., vizio di motivazione, deduce l’erroneità della condanna alle spese emessa nei confronti del Ministero.

Il ricorso è manifestamente infondato. Trattando congiuntamente i tre motivi, data la loro connessione, e qui ribadendosi quanto già dedotto nelle precedenti pronunce di questa Corte n. 16691 del 17 luglio 2009 e n. 15983 dell’8 luglio 2009 concernenti analoghe fattispecie, si deve rilevare l’inconsistenza dell’argomentazione svolta dall’Amministrazione a sostegno dell’assunto di non potere essere tenuta alla rifusione delle spese di giudizio, in quanto solo parte formale nel giudizio de quo.

Questa nozione evidenziata in contrapposizione a quella di parte in senso sostanziale, cioè con riferimento ai soggetti del rapporto sostanziale affermato, non esclude che il soggetto così individuato abbia un ruolo nel processo e sia da considerarsi comunque, secondo la distinzione più comunemente affermata in dottrina, parte in senso processuale.

Indiscutibile è questo ruolo in considerazione dell’esplicita affermazione contenuta nella disposizione dettata dall’art. 42, comma 1, D.L. citato, poi convertito in Legge. La norma stabilisce infatti al primo comma: “Gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali concernenti l’invalidità civile, la cecità civile, il sordomutismo, l’handicap e la disabilità ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro, devono essere notificati anche al Ministero dell’economia e delle finanze … . Nei predetti giudizi il Ministero … è litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c. …”.

Con questa disposizione, così come rimarcato anche dalla sentenza impugnata, si è inteso sopperire all’inconveniente determinato dall’individuazione dell’INPS quale unico legittimato passivo nelle suddetta controversie a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 130 ente però che non era grado di svolgere alcun controllo sulle condizioni sanitarie, essendo rimasto estraneo alla fase amministrativa in cui l’accertamento doveva essere compiuto (cioè le commissioni mediche presso le ASL ai sensi del D.P.R. n. 698 del 1994).

L’ultima parte del citato art. 42, comma 1 prevede che nei casi in cui il giudice nomina un consulente tecnico, alle indagini assiste un componente delle commissioni mediche di verifica indicato dal direttore della direzione provinciale su richiesta, formulata a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, componente al quale, secondo l’espressa previsione della norma, competono le facoltà indicate nell’art. 194 cod. proc. civ., comma 2.

La presenza del Ministero dell’economia e delle finanze veniva – successivamente è intervenuto il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 10 convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248, che ha stabilito il subentro dell’INPS nell’esercizio delle funzioni residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già di competenza del predetto Ministero – prevista come necessaria, anche se nei suoi confronti non era spiegata alcuna domanda, essendo stata ritenuta opportuna per l’accertamento dello stato invalidante ed essendo altresì giustificata con il venir meno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del richiamato D.L. n. 269 del 1993, dei ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti in materia di invalidità civile, secondo la disposizione contenuta nel medesimo art. 42, comma 3 ove pure era introdotto, e per la prima volta, un termine di decadenza per proporre la domanda giudiziale (cfr. in proposito Cass. 13 giugno 2008 n. 16047).

Connessa al ruolo di parte nel processo, è la responsabilità in ordine alle relative spese, al rimborso delle quali, in favore della parte vittoriosa, quella soccombente è condannata dal giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui (art. 91 cod. proc. civ.), salva l’ipotesi della compensazione.

A nulla rileva il rapporto sostanziale, dovendo la soccombenza essere riferita al rapporto processuale, nè d’altra parte la richiamata pronuncia di questa Corte n. 15347 del 9 agosto 2004 contiene argomentazioni utili a contrastare la qualità di parte processuale confermandosi che esso è litisconsorte necessario nei giudizi indicati dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 1, convertito nella L. n. 326 del 2003.

E non si vede perchè l’assistibile, che per far valere il suo diritto alla prestazione assistenziale, sia stato costretto a chiamare in giudizio il Ministero, litisconsorte necessario, non debba essere rimborsato anche delle spese processuali sostenute per citare tale parte, nè di converso, nel caso ove lo stesso fosse soccombente e non fosse applicabile l’ipotesi di esonero dal pagamento delle spese stabilito dall’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., non si dovesse fargli carico delle spese di lite da liquidare in favore dell’Amministrazione.

Non va infine pretermesso il comportamento di quest’ultima che, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, aveva proposto appello avverso la decisione di primo grado. Il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda dell’assistibile diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, condannando l’INPS alla corresponsione del beneficio con una decorrenza più recente rispetto a quella richiesta dalla parte, oltre al pagamento, unitamente al Ministero, di un terzo delle spese di lite, e l’Amministrazione, unica parte appellante, oltre a dolersi di quest’ultima statuizione, aveva richiesto la riforma della decisione di primo grado anche per il capo concernente il riconoscimento del beneficio riconosciuto al G., sostenendo la non ravvisabilità del difetto di autosufficienza dell’assistibile, invece ritenuto dal Tribunale sulla scorta del parere dell’ausiliare.

Il ricorso va dunque rigettato.

Non si deve provvedere al regolamento delle spese del giudizio di legittimità, nè nei confronti della parte privata intimata, la quale non ha qui svolto alcuna attività difensiva, nè nei riguardi dell’Istituto, che si è limitato al deposito della procura al difensore, attività del tutto superflua non avendo il difensore partecipato alla discussione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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