Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10432 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. III, 20/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 20/04/2021), n.10432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28506-2019 droposto da:

L.J., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO PAGELLA,

elettivamente domiciliato in Torino, via Martorelli, 33 presso

l’avv. GABRIELLA BANDA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 14/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

La ricorrente L.J. è cittadina (OMISSIS), ed ha chiesto protezione internazionale ed umanitaria in Italia sostenendo di essere perseguitata in patria a causa della sua fede religiosa, avendo aderito ad una confessione (OMISSIS), oggetto di repressione in (OMISSIS).

Il Tribunale di Milano, cui la ricorrente si era rivolta dopo il rigetto della sua richiesta di protezione da parte della Commissione territoriale, ha ritenuto il racconto poco credibile e stereotipato e comunque ha escluso che la vicenda narrata sia significativa per la ricorrente di un qualche pericolo di violazione dei diritti umani, ed essere dunque ostativa al rimpatrio.

L.J. ricorre con un motivo, forse. V’è costituzione del Ministero.

Diritto

RITENUTO

CHE:

p..- Il ricorso, innanzitutto, difetta dell’esposizione del fatto.

Non è detto a quale specifico culto, all’interno della religione (OMISSIS) ha aderito la ricorrente, non è detto se abbia subito minacce o impedimenti nell’esercizio della sua fede religiosa; non è detto alcunchè circa la situazione personale che ha giustificato l’emigrazione e la richiesta di protezione, cosi che il ricorso si dimostra insufficiente quanto alla esposizione del fatto.

Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019.

p..- Anche la formulazione dei motivi è del tutto priva di specificità: manca la descrizione del motivo stesso nonchè la sua rubricazione e non risulta dunque quali siano le norme che si assumono violate.

p..- Ad ogni modo, dal tenore del motivo si ricava che la decisione impugnata non avrebbe tenuto in alcun conto quanto emerso circa le persecuzioni degli appartenenti al credo religioso della ricorrente (quale?).

Non avrebbe in pratica fatto, come pure doveva, ricorso alle presunzioni per ricostruire le violazioni cui la ricorrente anderebbe incontro in caso di rimpatrio.

Il motivo si dimostra inammissibile poichè non dice quali siano gli elementi da cui presumere, o in base ai quali indurre, una qualche forma di violazione dei diritti fondamentali, ossia quali i fatti noti che avrebbero dovuto indurre il giudice di merito a ritenere fondata la richiesta di protezione.

In secondo luogo, il ricorso censura la decisione per non aver raggiunto quella conoscenza, ossia delle persecuzioni ai danni degli aderenti al credo religioso, attraverso il fatto notorio, ed indica come tale il parere di uno storico allegato alla domanda di primo grado.

Anche su questo punto il ricorso è infondato in quanto il giudizio di uno storico, sia pure autorevole, non costituisce prova per fatto notorio, che invece consiste in una circostanza generalmente nota, che proprio in quanto tale non ha bisogno di fonti di conoscenza diverse, e segnatamente del parere di esperti.

Il ricorso è inammissibile.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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