Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10430 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 03/06/2020), n.10430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26289-2016 R.G. proposto da:

A.R., rappresentato e difeso dall’avvocato De Mossi Luigi

ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Asiago, n. 8, presso lo

studio dell’avvocato Santarelli Stefano;

– ricorrente –

contro

A.G. e B.A., quest’ultimo in proprio e

nella qualità di legale rappresentante della ARCIDIOCESI DI SIENA

COLLE DI VAL D’ELSA E MONTALCINO, rappresentati e difesi dagli

avvocati De Martino Enrico e Monfardini Silvia ed elettivamente

domiciliati in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 18, presso lo

Studio legale Grez;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 588/2016 della Corte d’appello di Firenze,

depositata il 13/04/2016;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso con ricorso incidentale e le

memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12 dicembre 2019 dal Consigliere Dott. D’Arrigo

Cosimo.

Fatto

RITENUTO

B.A., in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’arcidiocesi di Siena, Colle Vai d’Elsa e Montalcino, e A.G. convenivano in giudizio, con separati atti di citazione, A.R., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivanti da talune dichiarazioni diffamatorie contenute nel libro a sua firma “(OMISSIS)”.

Riuniti i giudizi, in contraddittorio con il convenuto, il Tribunale di Siena in composizione monocratica, in persona del magistrato C.G., all’udienza del 23 marzo 2010 tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c..

In data 16 marzo 2011 veniva pubblicata la sentenza di primo grado, recante la data di deliberazione del 28 gennaio 2011, con la quale l’ A. veniva condannato alla rifusione dei danni subiti dagli attori. L’ A. appellava la sentenza, denunciandone la nullità in quanto il giudice C. aveva cessato di far parte dell’ordine giudiziario in data 18 maggio 2010.

La Corte d’appello di Firenze rigettava il gravame, rilevando – per quanto qui ancora di interesse – che alla data della precisazione delle conclusioni il C. era ancora in servizio e che pertanto egli aveva legittimamente provveduto a depositare la sentenza impugnata.

La decisione della Corte d’appello è stata appellata dall’ A. per un unico motivo.

B.A., anche nella qualità sopra spiegata, e A.G. hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

La trattazione del ricorso veniva fissata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. nella camera di consiglio del 30 ottobre 2017 ed entrambe le parti depositavano memorie.

All’esito della camera di consiglio, con ordinanza dell’8 maggio 2018 la causa è stata rimessa a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia della particolare composizione della Sesta Sezione Civile prevista dal paragrafo 41.2 del documento organizzativo della Corte sulla questione della ammissibilità della tardiva produzione di della stampa analogica della sentenza impugnata, in formato nativo digitale, attestata come conforme dal difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter.

Diritto

CONSIDERATO

1. Sulla questione per la quale la trattazione del ricorso è stata rinviata a nuovo ruolo sono intervenute, nel frattempo, le Sezioni unite (Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597 – 01), precisando che il deposito in cancelleria di copia analogica della decisione impugnata priva di attestazione di conformità del difensore non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione, laddove il controricorrente, nel costituirsi, depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2, , la conformità della copia informale all’originale notificatogli. Le Sezioni unite, nella medesima occasione, hanno altresì chiarito che al predetto difetto di allegazione è comunque possibile porre rimedio mediante il deposito dell’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio.

Il ricorso in esame, pertanto, non è improcedibile.

Infatti, per un verso, non risulta che i controricorrenti, nel costituirsi, abbiano disconosciuto la conformità della copia della sentenza impugnata prodotta dall’ A. all’originale digitale del quale essa costituisce la stampa su supporto cartaceo; per altro verso, il ricorrente ha comunque sanato il difetto di allegazione, producendo una copia della sentenza impugnata, munita di attestazione di conformità rilasciata dal cancelliere, in allegato alle memorie depositate in vista della precedente adunanza camerale.

2. Venendo all’esame di ricorso, con l’unico motivo articolato dall’ A. si denuncia la violazione dell’art. 158 c.p.c., in quanto, al momento della deliberazione della decisione impugnata, quale risulta dalla sentenza (28 gennaio 2011), il C. aveva già cessato, da parecchi mesi, l’appartenenza all’ordine giudiziario.

Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.

3. Costituisce vero e proprio ius receptum (che può farsi risalire a Sez. 1, Sentenza n. 5837 del 30/06/1997, Rv. 505581 – 01) il principio secondo cui l’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo. Ed infatti, l’annullamento della sentenza impugnata si rende necessario solo allorchè nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata. Ne deriva che, ove la parte proponga ricorso per cassazione deducendo la nullità della sentenza impugnata, essa ha l’onere di indicare in concreto quali pregiudizio sia derivato da siffatta nullità processuale e quale diverso e migliore risultato avrebbe potuto effettivamente conseguire in assenza del vizio denunciato (Sez. 1, Sentenza n. 19759 del 09/08/2017, Rv. 645194 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26157 del 12/12/2014, Rv. 633693 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 3024 del 07/02/2011, Rv. 616771 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4340 del 23/02/2010, Rv. 611709 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4435 del 21/02/2008, Rv. 602016 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 16630 del 27/07/2007, Rv. 599355 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 12594 del 28/08/2002, Rv. 557150 – 01).

4. Nel caso di specie la nullità prospettata con l’atto d’appello – se fosse stata eventualmente sussistente – non avrebbe potuto dare luogo ad un motivo di regressione al giudice di primo grado, poichè questi sono fissati tassativamente dall’art. 354 c.p.c..

In particolare, il caso della decisione assunta dal giudice cessato dall’ordine giudiziario non è equiparabile all’ipotesi della radicale mancanza della sottoscrizione e solo quest’ultima – ai sensi del combinato disposto dell’art. 354 c.p.c., comma 1, e art. 161 c.p.c., comma 2, – avrebbe potuto comportare la rimessione della causa al primo giudice.

Già di per sè, questa sola circostanza determinerebbe l’inammissibilità del ricorso, non avendo dedotto il ricorrente quale vantaggio concreto trarrebbe dall’eventuale accoglimento della sua censura.

Ma vi è di più. La Corte d’appello, infatti, ha comunque esaminato anche il merito della causa, sebbene decidendola in senso sfavorevole all’ A.. E’ dunque positivamente dimostrato che l’eventuale accoglimento del motivo non produrrebbe alcun beneficio processuale per il ricorrente, in quanto quest’ultimo ha comunque ottenuto una pronuncia nel merito da parte del giudice d’appello. Tanto e non più avrebbe potuto ottenere anche qualora la censura di violazione dell’art. 158 c.p.c. fosse stata ritenuta fondata.

Trova dunque applicazione il principio secondo cui è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello che abbia omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, qualora il vizio di questa, laddove esistente, non avrebbe comportato la rimessione della causa al primo giudice, in quanto estraneo alle ipotesi tassative degli artt. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello abbia deciso nel merito su tutte le questioni controverse, senza alcun pregiudizio per il ricorrente conseguente alla omessa dichiarazione di nullità (Sez. 1, Sentenza n. 18578 del 21/09/2015, Rv. 637095 – 01).

5. Stante l’inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo deve essere dichiarato inefficace in applicazione dell’art. 334 c.p.c., comma 2.

6. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate fra le parti, in considerazione della circostanza che il ricorso principale è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse, ma la Corte d’appello è davvero caduta in errore di ritenere, a pag. 10, che il termine per le comparse conclusionali e repliche fosse scaduto mentre il C. era ancora in servizio.

Ricorrono, tuttavia, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

La medesima sanzione non si applica al ricorrente incidentale, poichè l’impugnazione da lui proposta non è respinta, ma è divenuta inefficace a causa dell’inammissibilità del ricorso principale.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale.

Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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