Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1043 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 17/01/2020), n.1043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

L.O.W., rappr. e dif. dall’avv. Antonio Cesarini,

antonio.cesarini.bergamo.pecavvocati.it, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici, in

Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

– costituito –

per la cassazione del decreto Trib. Brescia 17.9.2018, cron.

3528/2018, R.G. 2815/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Ferro Massimo, alla camera di consiglio del 19.12.2019;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. L.O.W. impugna il decreto Trib. Brescia 17.9.2018, cron. 3528/2018, R.G. 2815/2018 che ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, la quale aveva escluso i presupposti per la dichiarazione dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. il tribunale ha: a) riscontrato plurime contraddizioni e dunque concluso per la complessiva inattendibilità del narrato riferibile al ricorrente che, postulando di professare la religione (OMISSIS), si sarebbe allontanato dal (OMISSIS) perchè non più aiutato da un amico del padre (persona cui era stato lasciato per lunghi anni in attesa del ritorno del proprio genitore), variamente indicando la ragione della migrazione nel desiderio di incontrare il Papa, richiamando pregressi corsi scolastici interrotti e lavori, con disallineamenti palesi delle dichiarazioni nel procedimento; b) escluso, oltre ai motivi di persecuzione già nel racconto del richiedente, anche i fatti potenzialmente inerenti a conflitti generalizzati nel Paese di provenienza; c) ritenuto insussistente il diritto alla protezione umanitaria, per impraticabile comparazione rispetto a una supposta vulnerabilità, non altrimenti dedotta e comunque immotivata in caso di rientro, stante la famiglia ancora colà residente e una casa in proprietà;

3. il ricorso descrive tre motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si contesta il cattivo esercizio dei doveri di cooperazione officiosa da parte del tribunale con riguardo alle informazioni sullo stato del Paese di rimpatrio e di transito (Libia) e le dichiarazioni del richiedente, anche come vizio di motivazione;

2. con il secondo motivo si contesta l’errata applicazione dell’art. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 con riguardo alla situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS);

3. con il terzo motivo si censura la mancata concessione della protezione umanitaria, quale effetto della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5;

4. il ricorso è inammissibile, posta la non specificità e incompletezza della procura apposta a margine (della prima pagina) del ricorso, documento nel quale, oltre al mancato puntuale richiamo del provvedimento impugnato e della relativa data di comunicazione, non è indicata la data di rilascio e così, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”;

s. si osserva che già questa Corte ha statuito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. 17717/2018); e, in fattispecie analoga, Cass. 30620/2019 ha concluso per la inammissibilità della “procura su foglio separato e spillato in calce, ma niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta nè la data di conferimento, nè attestazione veruna”;

6. invero la specialità della norma deriva dalla peculiare connotazione pubblicistica che la certificazione, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha invero mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi invece al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale certificazione implica di necessità l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito del mandato ad impugnare per cassazione e a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta, e alla correlativa responsabilità, appare invero strettamente connessa ad un modo predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del mandato rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, conferita ex lege al difensore abilitato;

7. va dunque espresso il seguente principio: in materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta a margine dell’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria;

8. ne consegue, con la dichiarazione di inammissibilità, che sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. 9660/2019, 25862/2019).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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