Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10425 del 20/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10425 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 3971-2012 proposto da:
RICCI ANTONIO CCNTN44H22F65541ettivamente domiciliato
in ROMA, LARGO STRINDBERG 39, presso lo studio dell’avvocato
BRUNO MAMMONE, che lo rappresenta e difende giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
AZIENDA USL ROMA C, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO
D’AQUINO N. 116, presso lo studio dell’avvocato ARMANDO
MONTARSOLO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale
in calce al controricorso;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 20/05/2015

avverso la sentenza n. 2859/2011 della CORTE D’APPET LO di
ROMA del 29/03/2011, depositata il 05/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’Il /03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO
FERNANDES;

chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Montarsolo Armando difensore della
controricorrente che si riporta ai precedenti scritti.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’il
marzo 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sul la base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Roma, con sentenza in data 9
novembre 2000 passata in giudicato, la reintegrazione nelle mansioni
precedenti l’avvenuta dequalificazione effettuata da1l2 ASL Roma C dal
23 luglio 1999, senza peraltro ottenere l’effettiva assegnazione di
compiti adeguati sicché si era risolto a chiedere ed ottenere il
trasferimento alla ASL Roma D dalli novembre 2001, Antonio Ricci
deducendo di aver subito, a causa della descritta situazione, un danno
economico, quanto al trattamento retributivo nonché un danno
biologico e un danno morale, ne aveva chiesto con ricorso del 22
aprile 2002 il risarcimento.
Con sentenza depositata il 4 aprile 2011, la Corte di Appello di Roma
ha riformato la decisione di primo grado che aveva dichiarato nulla la
domanda di differenze retributive e accolto le domande di
risarcimento dei danni morale e biologico, rigettando queste ultime
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udito l’Avvocato Bruno Mammone difensore del ricorrente che ha

due domande (dichiarazione di nullità della prima domanda non era
stata appellata).
In particolare, per quanto riguardo la domanda di risarcimento del
danno morale o esistenziale, la Corte ha rilevato che era mancata nel
ricorso introduttivo del giudizio l’allegazione specifica dell’esistenza di

dequalificazione sul fare aredittuale del Ricci, da dimostrare in giudizio
con tutti i mezzi consentiti dall’Ordinamento, in particolare e
precipuamente con la prova per presunzioni.
La Corte ha poi respinto la domanda di risarcimento del danno
biologico, condividendo le valutazione del CTU nominato in primo
grado, il quale aveva escluso di poter concludere per la sussistenza di
un nesso eziologico tra dequalificazione e danno accertato all’integrità
psico-fisica del Ricci.
Avverso tale sentenza Antonio Ricci propone ricorso per cassazione,
notificato il 30 gennaio 2012 e affidato a sette motivi.
La AUSL Roma C resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e ss. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare, quelle apportate dalla legge 18
giugno 2009 n. 69.
Il relatore formula le seguenti osservazioni.
Il primo motivo di ricorso lamenta il fatto che la valutazione alla base
del rigetto della domanda relativa al danno morale sia stata limitata ai
fatti del demansionamento e della dequalificazione e non anche al fatto
che il ricorrente era stato sostanzialmente costretto a chiedere e
ottenere il trasferimento.
Il motivo è non pertinente, volta che la valutazione è stata condotta
dalla Corte d’appello unicamente in ordine alla sussistenza o non del

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un pregiudizio provocato dal demansionamento e dalla

danno—conseguenza, come rappresentato nel ricorso introduttivo del
giudizio e non relativamente al fatto potenzialmente dannoso.
Anche il secondo motivo è irrilevante, fondando sull’uso da parte
della Corte territoriale del termine “danno esistenziale” anziché
“morale” o “non patrimoniale” — o come altro si voglia, secondo le

e non sulla correttezza della individuazione della componente di tale
danno di cui il dipendente chiedeva il risarcimento.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo investono la valutazione della
Corte territoriale circa la mancata prova del nesso di causalità tra
dequalificazione e il danno cardiologico accertato dallo stesso
consulente nominato nel giudizio di primo grado e rivelatosi
nell’ottobre 2002 in occasione di un infarto che a quel tempo colpì il
Ricci.
Quanto al terzo ed al quinto motivo, trattasi di censure che
(nonostante la rubrica menzioni anche la violazione di numerosi
articoli di legge ) investe sostanzialmente la motivazione della sentenza
nella valutazione del nesso causale tra fatto di inadempimento
contrattuale e danno lamentato dal Ricci all’apparato
cardiocircolatorio, che la Corte territoriale ha escluso richiamando le
ampie argomentazioni del C.T.U. di primo grado.
Questi aveva infatti ipotizzato la possibilità in astratto della seguente
sequenza: tensione nervosa esasperata causata dal demansionamento
versus insufficiente irrorazione coronarica manifestatasi un anno prima
dell’infarto con episodi di una sindrome dolorosa toracica versus
infarto; ma aveva escluso di poterla affermare nel caso in esame, in
assenza di riscontri più consistenti dei meri episodi di sindrome
dolorosa nel 2001.

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variabili terminologie in uso per designare il danno non patrimoniale —

Trattasi di valutazione corretta sul piano logico-giuridico senza cesure
sul piano dell’iter argomentativo, che tiene conto di tutte le drcostanze
del caso, compresa l’assenza di rischi specifici anche sul piano della
anamnesi familiare ( viceversa valorizzata in senso favorevole alla tesi
del ricorrente dal giudice di primo grado, a confutazione delle

A tale giudizio, riservato ai giudici di merito, il ricorrente si limita
sostanzialmente a contrapporre una propria diversa valutazione
diagnostica, richiamando altresì quella effettuata dal primo giudice e a
lui favorevole, così chiedendo a questa Corte di legittimità di scendere
nella valutazione del merito della questione, come non le è consentito
dall’Ordinamento processuale attuale.
Col quarto motivo, infine, il ricorrente confonde il significato
dell’affermazione secondo la quale ” il danno non patrimoniale va
dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento assumendo
peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni.. …”che la Corte territoriale
aveva riferito alla prova del danno non patrimoniale diverso dal danno
biologico, ritenendo che tale affermazione riguardi quest’ultimo, che,
viceversa correttamente secondo la Corte “è subordinato alla esistenza di
una lesione dell’integrità psico-fisica medica/mente accertabik”.
Con sesto e settimo motivo, il ricorso investe l’autorizzazione alla
proposizione dell’appello, depositata dalla ASL all’udienza avanti alla
Corte del 24 settembre 2010.
Il primo di tali motivi censura la sentenza in quanto la Corte non
avrebbe neppure letto le osservazioni che l’appellato aveva formulato
in ordine a tale autorizzazione e col secondo riporta tali osservazioni,
che non appaiono pertinenti (il ricorrente pretenderebbe infatti che
l’autorizzazione fosse motivata oltre la mera valutazione di
opportunità di procedere all’appello col ritenere errata la sentenza da
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conclusioni del CTU).

impugnare, invocando a sostegno del proprio assunto leggi e principi
applicabili unicamente con riguardo ad un provvedimento
amministrativo autoritativo, destinato ad incidere su diritti altrui e non
ad una semplice autorizzazione alla proposizione dell’appello), per cui
appare giustificato il mero giudizio della Corte secondo cui ” tale

In base alle considerazioni svolte il relatore formula una proposta di
valutazione di manifesta infondatezza del ricorso, chiedendo che il
Presidente della sezione voglia fissare la data dell’adunanza in camera
di consiglio, per un giudizio su tale proposta”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Ricci ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
Osserva il Collegio che, all’esito delle ordinanze interlocutorie in data
3 febbraio 2014 e 12 dicembre 2014 e della relazione della cancelleria
del 12 febbraio 2015, si è accertato che il contenuto della sopra
riportata relazione non si riferisce alla causa n. RG. 3971/2012
chiamata alla odierna udienza bensì a quella recante il n. R.G.
3972/2012. Riguardo a quest’ultima si rileva che risulta essere stata già
decisa con ordinanza di questa Corte n. 16197/2013 del 26 giugno
2013 le cui argomentazioni, però, concernevano il procedimento
chiamato alla odierna udienza e – lo si ribadisce – contrassegnato dal
numero di R.G. 3971/2012.
Ciò detto, con riferimento al procedimento de quo ( n. R.G. n.
3971/2012) il Collegio fa propria la motivazione di cui alla menzionata
ordinanza n. 16197/2013 e, quindi osserva quanto segue.
Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Roma, con sentenza in data 9
novembre 2000, passata in giudicato, la reintegrazione nelle mansioni
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documento non è stato oggetto di specifiche contestazioni da parte dell’appellato”.

precedenti al 23 luglio 1999, quando la datrice di lavoro ASL Roma C
lo aveva dequalificato, senza peraltro ottenere l’effettiva assegnazione
di compiti adeguati sicché si era risolto a chiedere ed ottenere il
trasferimento alla ASL Roma D dall’I. novembre 2001, Antonio Ricci,

_

deducendo di aver subito, a causa delle descritta situazione, un danno

giugno 2002 nonché un danno biologico e un danno morale, ne aveva
chiesto con ricorso del 22 aprile 2002 il risarcimento.
Con sentenza del 2005, l’adito Tribunale di Roma aveva dichiarato
nulla la domanda relativa al danno economico (e accolto le domande
di risarcimento dei danni morale e biologico).
Antonio Ricci non aveva impugnato la sentenza nel capo dichiarativo
della nullità della domanda di danno economico, che aveva riproposto
con altro ricorso ex art. 414 c.p.c. avanti al Tribunale di Roma, che
l’aveva accolta unicamente con riguardo al periodo dal settembre 1999
al 31 ottobre 2001 (successivamente il ricorrente era stato trasferito
alle dipendenze di altra ASL) e con esclusione delle voci relative al
compenso per lavoro straordinario e all’indennità per i turni di
reperibilità.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 5 maggio
2011, ha confermato tale sentenza, seppure con motivazione diversa
quanto alle richieste relative al lavoro straordinario e ai turni di
reperibilità.
In particolare, per quanto riguarda la domanda per il periodo
successivo al 31 ottobre 2001, la Corte territoriale ha escluso ogni
responsabilità della appellata e rilevato che l’originario ricorrente non
aveva tempestivamente allegato e dimostrato che le conseguenze
negative sul piano retributivo scaturenti dal demansionamento si
fossero riverberate anche sul trattamento economico successivo al
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economico, quanto al trattamento retributivo tra il settembre 1999 e il

trasferimento.
Anche con riguardo alle due voci retributive indicate, la Corte
d’appello ha rilevato l’assenza di prova della continuità di tali
corresponsioni prima della dequalificazione e quindi ha ritenuto non
configurabile apprezzabile perdita economica per effetto di essa.

notificato il 30 gennaio 2012 e affidato a cinque motivi.
La AUSL Roma C resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare, quelle apportate
dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.
Il primo motivo di ricorso lamenta il fatto che la Corte abbia
valutato come risarcitoria e non retributiva la sua domanda.
Il motivo è inconcludente in senso proprio, in quanto non conduce in
concreto ad alcuna conseguenza favorevole per il ricorrente sul piano
del giudizio.
Il secondo motivo lamenta la mancata valutazione da parte della
Corte di alcune considerazioni svolte dal Ricci nell’atto di appello,
peraltro costituenti, a ben vedere, divagazioni sul diritto alla
retribuzione in caso di reintegrazione nelle precedenti mansioni, diritto
che la Corte non ha mai negato al ricorrente, riconoscendone la
integrale debenza, per la parte ritenuta provata, in sede di
accoglimento della domanda risarcitoria (e che fosse onere del
ricorrente di provare quale fosse la sua retribuzione precedente è
certo, contrattuale o extra contrattuale che sia la responsabilità della
ASL attivata nel presente giudizio).
Col terzo motivo viene invocato il principio di non contestazione in
ordine non a fatti, principali o secondari, affermati dall’attore e non
contestati dalla convenuta, ma a mere difese svolte dalla società in
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Avverso tale sentenza Antonio Ricci propone ricorso per cassazione,

primo grado o, al massimo, a deduzioni in fatto tratte dal ricorrente in
maniera piuttosto audace da mere difese della società e pertanto con
deduzione non pertinente.
Il fatto da dedurre e provare, secondo la Corte d’appello, era del resto
la continuità nella erogazione delle due voci indicate prima della

stregua delle argomentazioni e rilevi del ricorso per cassazione.
Col quarto e col quinto motivo, il ricorrente ricorda che in primo
grado la ASL si era costituita tardivamente sicché andava dichiarata
decaduta e comunque essa aveva unicamente eccepito la mancata
prestazione dello straordinario dopo il luglio 1999. Pertanto il giudice
non avrebbe dovuto introdurre d’ufficio la necessità per il ricorrente di
provare il regime retributivo anteriore alla dequalificazione.
Premesso che l’eventuale contumacia della parte convenuta non
esonera l’attore dall’onere probatorio che su di lui grava (nel caso in
esame relativamente alla inclusione, in maniera consistentemente
continuativa, nello stipendio antecedente alla dequalificazione del
compenso per lavoro straordinario e dell’indennità di reperibilità), la
Corte territoriale ha già rilevato che in primo grado la convenuta,
come consentitole anche se costituita tardivamente, aveva svolto mere
difese, non incidenti sulla decisione, nè il ricorrente appare in grado di
sostenere vittoriosamente il contrario.
Alla luce di quanto esposto il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,
sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate nella misura di
cui al dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2.500,00
Ric. 2012 n. 03971 sez. ML – ud. 11-03-2015
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dequalificazione e un tal fatto non appare desumibile neppure alla

per compensi professionali oltre rimborso spese forfetario nella misura
del 15%.

0€PC6ITA/0 ti C.ANCELIMA

Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2015

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