Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10423 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 03/06/2020), n.10423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26801-2018 R.G. proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Caio Mario,

n. 13, presso lo studio dell’avvocato Cosi Saverio, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., rappresentato e difeso dall’avvocato Nocera

Daniele ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Tacito, n. 13,

presso lo studio dell’avvocato Figus Diaz Efisio;

– controricorrente –

UNICREDIT S.P.A., in persona del procuratore speciale

C.M., la rappresentata e difesa dall’avvocato Pirani Francesco ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Boezio,

n. 92/D;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4465/2018 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 02/07/2018;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e i controricorsi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 3 ottobre 2019 dal Consigliere Dott. D’Arrigo

Cosimo.

Fatto

RITENUTO

M.S., stante il tenore della dichiarazione resa dal terzo pignorato Unicredit s.p.a. nell’ambito di un procedimento espropriativo a carico di C.G., introduceva il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato. Il Tribunale di Roma respingeva la domanda.

Il M. impugnava la decisione, ma la Corte d’appello respingeva il gravame.

Tale sentenza è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione, da parte del M. per un unico motivo. C.G. e Unicredit s.p.a. hanno resistito con due distinti controricorsi.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni delle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011. Il ricorso è inammissibile, in quanto privo dell’esposizione, ancorchè sommaria, dei fatti di causa, sostituita dalla riproduzione fotostatica degli atti del giudizio di merito; vizio originario non emendabile, per consolidata giurisprudenza, con alcuno degli atti successivi al ricorso.

Il ricorso per cassazione redatto mediante assemblaggio – cioè attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali – è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016, Rv. 638771). Ciò in quanto la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015, Rv. 636551).

Tale elaborazione giurisprudenziale è peraltro conforme a quanto già ritenuto dalle Sezioni unite, secondo cui, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813).

In particolare, dalla lettura del ricorso risulta impossibile comprendere che rapporto vi fosse fra un’offerta reale intercorsa fra debitore e creditore e l’accertamento della sussistenza del credito pignorato presso la banca.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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