Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10420 del 20/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10420 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ORDINANZA

revocazione

sul ricorso proposto da:
BUZZELLI Tullio, rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Antonello Carbonara, con domicilio eletto nello

studio

dell’Avv. Vincenzo Cerulli Irelli in Roma, via Dora, n.
1;
– ricorrente –

contro
DI LORETO Bruno, rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.
Sergio Bellieni, con domicilio eletto nel suo studio in
Roma, viale Libia, n. 120;
– controri corrente –

Data pubblicazione: 20/05/2015

per revocazione avverso la sentenza della Corte di cassazione 1 0 febbraio 2013, n. 2481.
Udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 19 marzo 2015 dal Consigliere relatore

sentito

l’Avv. Danila Paparusso, per delega

dell’Avv. Sergio Bellieni.
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 27 giugno 2014, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
«Su ricorso dell’Avv. Tullio Buzzelli il Giudice di
l’Aquila emetteva decreto ingiuntivo a carico di Bruno
Di Loreto per il pagamento della somma di lire 3.482.700
a titolo di saldo per l’opera professionale da lui prestata quale avvocato nel giudizio promosso dall’ingiunto
presso il TAR di L’Aquila.
Avverso tale decreto il Di Loreto proponeva opposizione,
con la quale chiedeva la revoca del provvedimento monitorio ritenendo di nulla dovere al legale. Questi infatti, ad avviso dell’opponente, era subentrato, nella causa amministrativa, al precedente difensore Avv. Mario Di
Felice, il quale aveva redatto integralmente il ricorso
introduttivo del giudizio amministrativo, per cui – considerate le somme già pagate – nulla era più dovuto
all’avv. Buzzelli, la cui attività era consistita nella

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Dott. Alberto Giusti;

notifica ed iscrizione a ruolo del ricorso e nel deposito d’istanza di discussione e di quella di prelievo;
pertanto al professionista non spettavano gli onorari da
lui richiesti per “studio della controversia”,

per “ri-

posizione.
Si costituiva l’Avv. Buzzelli chiedendo il rigetto
dell’opposizione in quanto gli erano dovute tutte le voci richieste.
L’adito giudice di Pace, con sentenza n. 494/04 rigettava l’opposizione, osservando che la negligenza professionale pure adombrata dal Di Loreto nei riguardi del
legale, era smentita dal positivo esito del giudizio amministrativo sopra menzionato.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Di Loreto e
l’adito Tribunale di L’Aquila, con sentenza n. 93/06 depositata in data 7.2.2006, accoglieva l’appello riconoscendo al legale la residua minor somma di Euro 94,24,
oltre gli intessi legali. Riteneva il giudice di secondo
grado che, avendo il legale ricevuto un mero incarico
procuratorio, non era necessario lo studio della controversia né la ricerca di documenti, per cui nulla per tali voci gli era dovuto.

I

– 3 –

cerca di documenti” e i diritti per la disamina della

Il ricorso per cassazione dell’Avv. Buzzelli, resistito
dal Di Loreto, è stato respinto da questa Corte con la
sentenza n. 2481 del 1 0 febbraio 2013.
La sentenza è così motivata:

l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 83, 84, 85 c.p.c. e censura l’assunto della
sentenza secondo cui era insussistente il diritto di esso Avv. Buzzelli a percepire sia i diritti che gli onorari per l’attività svolta (disamina, studio della controversia, consultazione e ricerca di documenti), benché
la procura alle liti fosse stata rilasciata solo a lui e
non all’altro legale che aveva redatto il ricorso introduttivo: invero l’Avv. Buzzelli era l’unico difensore
munito di procura e non poteva essere mero procuratore
domiciliatario. Osserva peraltro il ricorrente a tal
proposito che il cliente aveva adombrato una sua responsabilità professionale in relazione all’esito del giudizio amministrativo, che era stato posto a suo avviso a
rischio di perenzione, anche se poi si era concluso in
modo favorevole per il cliente.
La doglianza non ha fondamento.
Il giudice dell’appello ha adeguatamente motivato la
questione suddetta, senza incorrere in alcun vizio interpretativo, rilevando puntualmente che lo stesso pro-

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«[._] si osserva che, con il primo motivo del ricorso,

fessionista, in sede di provvedimento monitorio, aveva
riconosciuto di non avere “avanzato alcuna richiesta per
onorari e competenze inerenti la redazione del ricorso”,
e di essere stato designato in sostanza solo quale domi-

singoli atti processuali in relazione al giudizio avanti
al TAR, “deliberati dal Di Loreto e dal suo difensore Di
Felice”.

Con il secondo motivo l’esponente denuncia l’omessa o
contraddittoria motivazione. Deduce l’erroneità
dell’assunto del giudice dell’impugnazione secondo cui
l’opposto avrebbe riconosciuto di non avere ricevuto
l’incarico di assistenza e difesa, “ma di essere stato
designato quale domiciliatario e procuratore mandat[ari]o del compimento di singole specifiche attività
processuali”, essendosi egli limitato a prospettare, in
quella

sede,

la contraddittorietà della tesi

dell’opponente, che aveva da un lato invocato la responsabilità professionale dell’opposto e dall’altro escluso
lo svolgimento da parte sua di qualsiasi attività di assistenza e difesa.
Anche tale doglianza è infondata.
La Corte distrettuale ha supportato i riconosciuti limiti del mandato anche con il richiamo all’esclusione della richiesta di d.i. del compenso per attività svolte da

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ciliatario e procuratore incaricato del compimento dei

altro professionista, come nel caso della redazione del
ricorso (da parte di altro difensore), sottolineando inoltre l’assunto dello stesso Avv. Buzzelli che riconosceva che non gli era stato commesso alcun incarico di

mandato ricevuto, si era limitato a dare notizia alla
parte dell’ordinanza istruttoria del TAR. Occorre peraltro sottolineare che la prova dell’effettività delle
prestazioni professionali svolte, incombesse al professionista opposto, in quanto attore in senso sostanziale
(Cass. n. 8718 del 27/06/2000).
Con il terzo motivo l’esponente denuncia la violazione e
falsa applicazione di norme di cui al D.M. n. 127 del
2004 (motivo proposto in via subordinata nel caso si ritenesse l’Avv. Buzzelli solo procuratore domiciliatario). Assume che la spettanza al procuratore domiciliatario delle sole competenze di cui alla tabella B, non
escludeva che le attività di assistenza e difesa legittimate dalla procura rilasciata dal cliente, gli conferissero il diritto al pagamento di onorari e che in ogni
caso anche al procuratore domiciliatario spetterebbero i
diritti di disamina e lo studio della controversia e
quella di ricerca di documenti, che è prestazione intellettuale e non attività materiale.
La doglianza è infondata.

6

difesa da parte del cliente, e che egli, in forza del

Invero, la ricerca di documenti costituisce una prestazione d’ordine intellettuale; essa però non va confusa
con l’attività meramente materiale con la quale i documenti sono messi a disposizione del professionista; tale

della controversa e quella relativa alla consultazione
con il cliente ed è normalmente seguita dalla preparazione e redazione dell’atto introduttivo del giudizio
(ricorso al TAR), che nella fattispecie era stato redatto dall’altro difensore.
Ciò posto è consequenziale e logico il mancato riconoscimento da parte del giudice a quo degli onorari e dei
diritti per le attività di studio non richieste e per la
“ricerca di documenti”, trattandosi appunto di atti finalizzati alla redazione dell’atto introduttivo, nella
fattispecie scritto da altro legale.
Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Le spese processuali per il principio della soccombenza, sono poste a
carico del ricorrente».
Per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione l’Avv. Buzzelli ha proposto ricorso, con atto notificato il 1 0 febbraio 2014, sulla base di un motivo.
L’intimato ha resistito con controricorso.
Con l’unico motivo, il ricorrente sostiene che la sentenza della Corte di cassazione sarebbe fondata su as-

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attività tuttavia si inserisce tra l’attività di studio

sunti palesemente erronei e su travisamenti dei fatti di
causa, non corrispondendo al vero: che l’istante

sia

stato designato in sostanza solo quale domiciliatario e
procuratore incaricato del compimento dei singoli atti

che all’Avv. Buzzelli non sia stato commesso alcun incarico di difesa da parte del cliente. Sarebbe inoltre erronea l’esclusione del diritto dell’Avv. Buzzelli a percepire l’onorario per le voci “studio della controversia, consultazione del cliente e ricerca dei documenti”.
La complessiva censura è inammissibile.
Per costante orientamento, in tema di revocazione delle
sentenze della Corte di cassazione, ai sensi degli artt.
391-bis e 395, n.

4,

cod. proc. civ., la ricorrenza

dell’errore revocatorio presuppone, non un qualsiasi errore, ma un errore di fatto (riguardante gli atti interni al giudizio di legittimità) che si risolva in
un’erronea percezione dei fatti di causa – non ricorrendo, dunque, vizio revocatorio, quando la decisione della
Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione
o interpretazione di documenti e risultanze processuali
e non della relativa inesatta percezione – e che, inoltre, presenti (oltre che i caratteri dell’essenzialità e
decisività ai fini della pronunzia) quelli
dell’estraneità a punti controversi su cui il giudice si

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processuali in relazione al giudizio davanti al TAR; e

sia pronunciato nonché dell’assoluta evidenza e della
semplice ed incontrovertibile rilevabilità sulla base
del mero raffronto tra la sentenza e gli atti e i documenti di causa (Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26022;

2013, n. 13181).
Nella specie, gli errori denunciati non rientrano nello
statuto dell’errore revocatorio, trattandosi di pretesi
vizi in indicando della sentenza imugnata su aspetti
controversi che hanno costituito ogg4to di discussione
tra le parti.
A ciò aggiungasi che gli errori denunciati non hanno carattere autonomo, perché non incidono direttamente ed
esclusivamente sulla sentenza della Corte di cassazione,
ma riguardano già la sentenza di appello, in relazione
ad atti e documenti esaminati da quel giudice; sicché la
parte avrebbe dovuto proporre impugnazione per revocazione contro la decisione di merito, non essendole consentito di addurre l’errore in un momento successivo.
Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera
di consiglio, per esservi dichiarato inammissibile».
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta

di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis
cod. proc. civ.;

-9

-7

Sez. Un., 23 gennaio 2009, n. 1666; Sez. Un., 28 maggio

che i rilievi critici ad essa rivolti dalla memoria
non colgono nel segno;
che, infatti, l’affermazione secondo cui “il professionista […] riconosce di non avere ricevuto incarico

quale damiciliatario e procuratore mandat[ari]o del compimento di singole e specifiche attività processuali” è
già contenuta nella sentenza del Tribunale; tant’è vero
che, con il primo motivo di ricorso per cassazione,
l’Avv. Buzzelli si doleva del fatto che “il Tribunale
dell’Aquila ha avallato la tesi dell’odierno resistente,
laddove questi ha sostenuto che l’incarico professionale
non fu conferito all’Avv. Buzzelli ma nella sostanza
all’Avv. De Felice, con la conseguenza che all’Avv. Buzzelli non spetterebbero tout court gli onorari. Il tutto
[…] nonostante la procura alle liti fosse stata rilasciata dal Di Loreto in favore del solo Avv. Buzzelli”;
che, in questa prospettiva, l’affermazione, contenuta nella sentenza della Corte di cassazione qui impugnata per revocazione, secondo cui l’Avv. Buzzelli riconosce che non gli era stato commesso alcun incarico di
difesa da parte del cliente, costituisce sviluppo logico
dell’accertamento compiuto dal Tribunale nella sentenza
d’appello;

– lo

di assistenza e difesa, ma di essere stato designato

che, infine, la censura rivolta al capo della sentenza che ha “negato l’esistenza del diritto dell’Avv.
Buzzelli a percepire l’onorario spettante per le voci
‘studio della controversia, consultazione del cliente e

revocatorio, ma denuncia di error in iudicando;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate
come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile,
sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013),
che ha aggiunto il camma 1-quater all’art. 13 del testo
unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte

dichiara il ricorso inammissibile e

con-

danna il ricorrente al rimborso delle spese processuali

ricerca dei documenti'”, non costituisce errore di fatto

sostenute dal controricorrente, che Liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 1.500 per compensi, oltre a
spese generali e ad accessori di legge.
AI sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R.

legge n. 228 del 2012,

dichiara la sussistenza dei pre-

supposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del

comma

1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V1-2 Sezione civile della Corte suprema di cessazio-

n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della

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