Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10419 del 03/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 03/06/2020), n.10419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4875-2018 R.G. proposto da:

B.F., rappresentata e difesa dall’avvocato Rivosecchi

Davide Vincenzo Marino ed elettivamente domiciliata in Roma,

Piazzale Roberto Ardigò, n. 30, presso lo studio dell’avvocato

Tangari Barbara;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e

difeso dagli avvocati Ceccoli Paola Maria, Mandarano Antonello e

Fraschini Antonella ed elettivamente domiciliato in Roma, Via

Polibio, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Lepore Giuseppe;

– controricorrente –

contro

ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi,

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta

e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3311/2017 della Corte d’appello di Milano,

depositata il 14/07/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e i controricorsi e le memorie difensive;

Fatto

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 3 ottobre 2019 dal Consigliere Dott. D’Arrigo Cosimo. RITENUTO

B.F. proponeva opposizione avverso talune cartelle di pagamento ed un preavviso di iscrizione ipotecaria notificatigli da Equitalia Esatri s.p.a., quale agente di riscossione per il recupero di crediti vantati dal Comune di Milano.

Il Tribunale di Milano, separate le domande di competenza del giudice di pace, tratteneva innanzi a sè solamente l’opposizione relativa alla mancata notifica delle cartelle di pagamento e del preavviso di iscrizione ipotecaria, che respingeva.

La Boccadoro appellava la decisione. La Corte d’appello di Milano, rilevato che il giudice di primo grado aveva espressamente qualificato l’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., dichiarava inammissibile il gravame, in quanto, in base al principio dell’apparenza, la sentenza doveva essere impugnata mediante ricorso per cassazione.

Avverso tale decisione la Boccadoro ha proposto ricorso per un unico motivo. Il Comune di Milano e L’AdER (Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrata ex lege ad Equitalia s.p.a.) hanno resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Con un unico motivo la Boccadoro deduce la violazione degli artt. 37,38,50,341, 359 e 618 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost..

La ricorrente non contesta la qualificazione dell’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e prende atto della circostanza che, secondo quanto disposto dall’art. 618 c.p.c., la sentenza di primo grado quindi non era appellabile. Osserva tuttavia che la Corte d’appello, una volta rilevata l’erroneità del mezzo di impugnazione, non avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, ma avrebbe dovuto trasmettere gli atti alla Corte di cassazione, in attuazione del principio della transiatio iudicii, che trova applicazione pure in ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello davanti al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame. A sostegno, richiama il principio affermato da Sez. U, Sentenza n. 18121 del 14/09/2016, Rv. 641081. Il ricorso è inammissibile.

Il principio di diritto richiamato dalla ricorrente non è riferibile al caso di specie. Infatti, l’ipotesi in cui il mezzo di gravame è astrattamente corretto, ma indirizzato ad un giudice che, per territorio o per grado, è diverso da quello che avrebbe dovuto essere competente, va tenuta distinta dall’ipotesi in cui l’impugnante esperisce uno strumento processuale inidoneo, anche solo in astratto, a configurare l’instaurazione di un regolare rapporto processuale (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25078 del 07/12/2016, Rv. 641933 – 01).

Pertanto, la translatio iudicii avrebbe potuto operare qualora, ad esempio, una sentenza del giudice di pace fosse stata impugnata innanzi alla corte d’appello, anzichè al tribunale. Nel caso in esame, invece, la B. ha esperito un mezzo di impugnazione inammissibile, anche solo in astratto, avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. Non si è trattato di non aver correttamente individuato l’organo giudiziario innanzi al quale proporre il gravame, bensì di aver utilizzato uno strumento processuale erroneo perchè radicalmente diverso da quello corretto. Nè può ipotizzarsi che l’atto d’appello potesse convertirsi in ricorso per cassazione, giacchè la conversione dell’atto nullo presuppone esso comunque possieda tutti i requisiti di validità dell’atto nel quale deve essere convertito. E poichè il ricorso per cassazione è strutturalmente diverso dall’appello, configurandosi come un mezzo di impugnazione a critica vincolata (a maggior ragione se proposto, per via straordinaria, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7), tale conversione certamente non è possibile.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200 per compensi in favore di ciascuno dei controricorrenti, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00 per il Comune di Milano e alle spese prenotate a debito per l’Agenzia delle Entrate Riscossione, e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Il Presidente

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2020

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