Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10418 del 27/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/04/2017, (ud. 13/12/2016, dep.27/04/2017),  n. 10418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23993-2013 proposto da:

CO.BE. C.F. (OMISSIS), C.M. C.F.

(OMISSIS), C.D. C.F. (OMISSIS), C.I. C.F.

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), C.V. C.F.

(OMISSIS), tutti nella qualità di eredi di C.G.,

domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO

RICCARDI, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. (già FERRROVIE DELLO STATO S.P.A. –

Società di Trasporti e Servizi per azioni) P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA CROCE ROSSA 1 (c/o Ferrovie dello

Stato Italiane S.p.A. – Legale Lavoro) presso lo studio

dell’avvocato PATRIZIA CARINO che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO FAETA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5079/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/10/2012 R.G.N. 4053/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2016 dal Consigliere Dott. BRONZINI GIUSEPPE;

udito l’Avvocato GERARDO ALESII per delega verbale Avvocato ENRICO

FAETA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RITA SANLORENZO che ha concluso per inammissibilità del ricorso, in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza dell’11.10.2012 la Corte di appello di Napoli rigettava l’appello degli attuali ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 26.11.2007 con la quale era stata rigettata la domanda, proposta nei confronti della Rete Ferroviaria italiana, concernente il preteso aggravamento della malattia dipendente da causa di servizio proposta dal dante causa dei ricorrenti C.G.. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale osservava che l’oggetto della domanda era l’aggravamento delle malattie che avevano portato nel 2002 al riconoscimento di un equo indennizzo in relazione alle infermi t’ “bronchite cronica ed artrosi vertebrale” ascritte alla 7^ tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981. Il CTU aveva escluso tale aggravamento e il consulente di parte aveva considerato malattie successive alla cessazione dell’attività lavorativa (prive di documentazione sanitaria) e non considerabili come evoluzione di quelle già accertate.

2. Per la cassazione propongono ricorso gli eredi di C.G. con due motivi corredati da memoria. Resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si allega la violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 ed in particolare del D.P.R. n. 915 del 1978. Il CTU avrebbe dovuto determinare l’ascrivibilità complessiva delle due infermità previa determinazione di quella individuale (per la malattia artrosica si sarebbe dovuto determinare anche l’equivalenza non essendo indicata nelle tabelle).

2. Il motivo appare inammissibile in quanto non ricostruisce come le questioni trattate nel motivo siano state poste in primo grado e riproposte in appello sicchè deve ritenersi, per la prospettazione del motivo, che si tratti di “questioni nuove”. Ma in ogni caso alla luce della ricostruzione della domanda offerta dalla sentenza impugnata si trattava di una domanda di “aggravamento” per cui le questioni di valutazione complessiva della malattia o il giudizio di equivalenza di quella artrosica si sarebbe posta una volta accertato un “peggioramento” che i Giudici di merito hanno escluso sulla base delle consulenze svolte.

3. Con il secondo motivo si allega la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, nn. 3 e 5 ed in particolare dell’art. 61 c.p.c.; nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Erroneamente il Giudice di appello, non esperto della materia, aveva escluso quanto allegato dal consulente di parte.

4. Il secondo motivo è parimenti inammissibile posto che rientra senz’altro nei poteri del Giudice valutare la correttezza degli elaborati peritali sia d’ufficio che di parte; quanto dedotto nella C.T.P. è stato escluso nella sua rilevanza ai fini della presente controversia sia perchè erano state prese in considerazioni malattia insorte dopo la cessazione del rapporto (non considerabili come evoluzione delle precedenti malattia attesa la loro natura, anche alla stregua delle precisazioni della consulente d’ufficio) sia perchè l’accertamento del medico di parte non era corredato da nessun documento sanitario. La motivazione appare congrua e logicamente coerente mentre le censure, che non comprovano l’erroneità del giudizio di irrilevanza della malattie sopravvenute alla cessazione del rapporto, trascurano persino il dato che il giudizio espresso conclusivamente dai Giudici di appello è conforme all’elaborato dei consulenti d’ufficio di entrambi i gradi che non vengono minimamente contestate nel merito. Infine i Giudici di appello hanno tenuto persino conto delle osservazioni del consulente d’ufficio in ordine alle malattie accertate dal consulente di parte per cui, seguendo la tesi di parte ricorrente, si dovrebbe concludere per l’inaccettabile tesi per cui in caso di contrasto tra i detti consulenti si debba necessariamente disporre una nuova consulenza (secondo un metodo che potrebbe portare all’infinita replica di consulenze).

4. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite – liquidate come al dispositivo – seguono la soccombenza.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi nonchè in Euro 3.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2017

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