Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10417 del 29/04/2010
Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 26/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10417
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.B., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale
a margine del ricorso, dall’Avv. Bertoli Antonio, per legge
domiciliata presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione,
piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
PREFETTO DI PADOVA, rappresentato e difeso, per legge,
dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
quest’ultima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –
avverso la sentenza del Giudice di pace di Padova n. 33 depositata il
9 gennaio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26 febbraio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso
per il rigetto del ricorso, conclusioni alle quali si è riportato,
in camera di consiglio, l’Avvocato Generale Dott. Domenico Iannelli.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Che D.B. ha proposto opposizione avverso l’ordinanza- ingiunzione emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Padova (prot.
n. 424/00/ASS), contenente l’ordine di pagare la somma complessiva di Euro 23.839,40, la sanzione accessoria del divieto di emettere assegni bancari e postali per tre anni e l’interdizione dall’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale per otto mesi, per avere emesso assegni nonostante la mancanza di fondi o la revoca dell’autorizzazione, in violazione della L. 15 dicembre 1990, n. 386;
che, nella resistenza del Prefetto, il Giudice di pace di Padova, con sentenza depositata il 9 gennaio 2006, ha respinto la domanda principale ed accolto quella subordinata; per l’effetto, revocata l’ordinanza-ingiunzione, e ritenuta la reiterazione tra le violazioni, ha irrogato ed ingiunto di pagare alla D. la complessiva somma di Euro 10.000,00 ferme restando le sanzioni accessorie già comminate del divieto di emettere assegni bancari e postali per tre anni e l’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale o imprenditoriale per otto mesi;
che, per quanto ancora qui interessa, il Giudice di pace ha escluso la rilevanza del fatto che la D. era soltanto una delegata dell’amministratore e non era titolare del conto corrente, e ciò in quanto la responsabilità per emissione di assegni senza fondi o nonostante la revoca dell’autorizzazione ricade in capo a “chiunque” abbia sottoscritto l’assegno;
che per la cassazione della sentenza del Giudice di pace la D. ha proposto ricorso, con atto notificato il 22 febbraio 2007, sulla base di un motivo;
che il Prefetto di Padova non ha controricorso, ma ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale intervento in camera di consiglio.
Considerato che con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge, rilevando che – poichè la fattispecie riguarda l’emissione di 18 assegni bancari da parte di D.B. non in proprio, nè quale amministratore della D. Costruzioni S.r.l., ma nella qualità di delegata alla firma da parte dell’amministratore unico – la responsabilità doveva essere riconosciuta esclusivamente in capo al soggetto (l’amministratore) che con l’istituto bancario aveva stabilito il rapporto di conto corrente; che il motivo è infondato;
che l’illecito amministrativo di cui alla L. 15 dicembre 1990, n. 386, artt. 1 e 2, può essere compiuto da chiunque emetta assegni bancari o postali senza l’autorizzazione del trattario o nonostante il difetto di provvista, indipendentemente dalla titolarità di un rapporto di conto corrente; ne consegue che soggetto attivo ben può essere anche colui che, pur non essendo titolare del conto corrente, intestato ad una società, abbia emesso l’assegno in forza della delega di firma conferitagli dall’amministratore della società;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che nessuna statuizione sulle spese deve essere emessa, non essendosi l’intimato costituito con controricorso nè avendo svolto attività difensiva successivamente al deposito dell’atto di costituzione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione SEconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010