Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10414 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 20/04/2021), n.10414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Di San

Lorenzo in Lucina, 26 presso lo studio dell’avvocato Marullo Di

Condojanni Sergio, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Mazzullo Massimo;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), Prefettura Ufficio Territoriale

Governo Messina, Questura Provincia Messina, elettivamente

domiciliati in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello

Stato, che li rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 356 del Giudice di Pace di Messina, depositata

il 3 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

febbraio 2021 dal consigliere Dott. Giacomo Maria Stalla.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. F.A., n. ad (OMISSIS) ((OMISSIS)) il (OMISSIS), propone un motivo di ricorso per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il giudice di pace di Messina ha respinto l’opposizione da lui proposta contro il Decreto Prefettizio 22 febbraio 2019 di espulsione dal territorio nazionale, con contestuale ordine di allontanamento coatto alla frontiera.

Il giudice di pace, in particolare, ha osservato che:

– nel caso di espulsione per le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 1, lett. a) e b), si doveva tenere conto anche della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato in relazione alla durata del suo soggiorno nello Stato, nonchè all’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine;

– tale valutazione non era stata resa possibile, nel caso di specie, proprio dal comportamento del ricorrente il quale, inottemperante a plurimi ordini di allontanamento conseguenti a pregresse espulsioni nel 2015 e 2017, aveva fornito informazioni in tal senso soltanto in sede di convalida dei provvedimenti D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 1 bis comunque confermative dell’inesistenza dei limiti di espellibilità per ragioni familiari;

come emerso in quella sede, proprio la presenza di un figlio minore “avrebbe dovuto indurre il ricorrente a premurarsi di tenere una condotta illibata ed a garantire la permanenza al suo fianco regolarizzando la propria posizione nel congruo lasso di tempo intercorso già dal primo provvedimento prefettizio rimasto del tutto disatteso”.

Resiste con controricorso il Ministero degli Interni Prefettura di Messina il quale chiede la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto, del ricorso per cassazione, richiamandosi alla relazione della Questura di Messina, dalla quale risultava come il ricorrente avesse più volte disatteso pregressi provvedimenti di espulsione ed allontanamento; si fosse reso autore di maltrattamenti e lesioni in danno della moglie (con denuncia ex art. 572 c.p.); si fosse reso irreperibile, omettendo di tornare nel proprio Paese di origine per poi chiedere di essere riammesso in Italia in forza di un visto d’ingresso per coesione familiare.

p. 2. Con l’unico articolato motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione di legge (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 e art. 2 bis, art. 8 CEDU, art. 12 Dir. 2008/115/CE, L. n. 241 del 1990, art. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31), nonchè omesso esame di fatto decisivo.

Per non avere il giudice di pace rilevato che il decreto di espulsione non operava alcuna valutazione comparativa relativa alla natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato, valutazione dovuta per il solo fatto della sussistenza di un nucleo familiare sul territorio, ed indipendentemente dai presupposti per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare. Da tale valutazione sarebbe emerso come il ricorrente (al quale nulla era stato precedentemente chiesto in proposito, come da questionario in atti) fosse regolarmente coniugato con una donna nata in (OMISSIS) e titolare di permesso di soggiorno in Italia, nonchè padre di un minore di tre anni anch’egli titolare di permesso di soggiorno (il tutto come da libretto di famiglia ed altra documentazione attestante il rapporto coniugale e la permanenza del ricorrente in Italia da oltre dieci anni).

Ciò denotava altresì la violazione dell’obbligo di motivazione del decreto di espulsione, violazione alla quale non poteva essere posto rimedio dal giudice di pace.

p. 3. Il motivo è infondato, ancorchè la motivazione del giudice di pace meriti di essere rettificata in diritto.

Va infatti considerato che la doglianza poggia su un presupposto errato, là dove lamenta (nella duplice prospettiva della violazione di legge e dell’omesso esame di fatto decisivo) la violazione di quanto disposto nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis (mancata considerazione, nella specie, della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale e dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine), senza però farsi carico del fatto che un tale accertamento è testualmente imposto, dalla disposizione invocata, nei casi di espulsione adottata “ai sensi del comma 2, lett. a) e b)”.

Dunque, non è qui in discussione che in tali casi la valutazione di legittimità del provvedimento di espulsione sia subordinata a questo tipo di verifica fattuale, nè che – come più volte affermato da questa Corte (tra le altre: Cass. n. 781/19; 24908/20) anche con richiamo al diritto all’unità familiare indicato dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 Convenzione EDU – si tratti di una valutazione dovuta anche nei confronti dello straniero che non presenti i requisiti per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto; tuttavia, la violazione di legge viene dal ricorrente esposta con riguardo ad una disposizione qui non applicabile.

Risulta infatti dagli atti di causa che l’espulsione del F. non sia stata disposta “ai sensi del comma 2, lett. a) e b)” del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 bensì ai sensi dell’art. 14, comma 5 ter, terzo periodo TUI (violazione di pregresso ordine del Questore di allontanamento).

Si è dunque in presenza di una fattispecie diversa, nella quale l’espulsione non è fondata sull’illecito ingresso o trattenimento nello Stato dello straniero privo di permesso di soggiorno, bensì sulla plurima inottemperanza (di rilievo anche penale) a pregresso ordine di allontanamento.

D’altra parte, che questa e non altra sia stata la causa dell’espulsione in esame si evince dalla stessa ordinanza impugnata, nella quale il giudice di pace – pur dopo aver erroneamente menzionato la fattispecie di cui all’art. 13, comma 2, lett. a) e b) TUI – dà poi conto del fatto che il provvedimento amministrativo di espulsione risultava compiutamente motivato e conforme alla legge in ordine alle circostanze di fatto che l’avevano determinato, appunto individuabili, secondo il giudice di pace (ord.pag.2), nelle “reiterate inottemperanze agli ordini di lasciare il territorio nazionale entro 7 giorni emessi dal questore e conseguenti ad altrettanti provvedimenti di espulsione del prefetto di Messina in data 13 novembre 2015 e 8 agosto 2017”.

Ma poi, che proprio di questo si sia trattato viene riconosciuto de plano dallo stesso ricorrente per cassazione il quale, nel rievocare i fatti di causa, riferisce (ric.pag.3) che il provvedimento di espulsione era stato emanato “in quanto, a detta del Prefetto, il ricorrente non avrebbe ottemperato, senza giustificato motivo, a precedenti provvedimenti di allontanamento emessi dalla competente Autorità, in applicazione degli artt. 13 e 14 TUI”.

In definitiva, il ricorso va dichiarato infondato sotto il profilo tanto della violazione della disposizione di legge invocata (non applicabile), quanto dell’omesso esame (a tutto concedere, caduto su fatto non decisivo in relazione alla norma applicabile).

Tutto ciò, come anticipato, previa correzione in diritto dell’ordinanza impugnata, nel senso della radicale insussistenza nella specie (trattandosi appunto di espulsione disposta ex art. 14, comma 5 ter cit.) dei presupposti della valutazione fattuale prescritta, per altre ipotesi, dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, vengono poste a carico del ricorrente in ragione di soccombenza.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, tenutasi con modalità da remoto, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

 

 

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