Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10413 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 20/04/2021), n.10413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

G.B., elettivamente domiciliato in Roma Viale Di Vigna

Pia, 60 presso lo studio dell’avvocato Pupetti Ivan, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

Ricorso avverso l’ordinanza n. 77851/17 del Giudice di Pace di Roma,

depositata il 5/2/18;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

febbraio 2021 dal consigliere Dott. Giacomo Maria Stalla.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. G.B., n. in (OMISSIS) il (OMISSIS), propone due motivi di ricorso per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il giudice di pace di Roma, adito D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 8 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 ha respinto il ricorso proposto contro il decreto prefettizio con il quale veniva disposta la sua espulsione dal territorio nazionale.

Il giudice di pace, per quanto qui ancora rileva, ha osservato che:

il decreto di espulsione era adeguatamente motivato perchè basato sul fatto che la ricorrente era entrata in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera, ed era a rischio di fuga sulla base delle sue stesse dichiarazioni, riportate nel provvedimento;

infondato era il motivo di opposizione basato sulla mancata traduzione del provvedimento di espulsione in lingua conosciuta dallo straniero, dal momento che il decreto era stato redatto nella lingua da questi scelta e conosciuta (inglese).

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b). Per avere il giudice di pace, nel respingere il motivo di opposizione concernente la motivazione del decreto di espulsione, ravvisato nella specie l’ipotesi di cui alla lett. a) della norma citata (ingresso clandestino), nonostante che l’espulsione fosse stata disposta in relazione alla diversa ipotesi di cui alla lett. b) (irregolare trattenimento per mancata comunicazione di presenza L. n. 68 del 2007, ex art. 1, comma 3) della stessa disposizione. Ciò in ragione del fatto che il decreto di espulsione era stato notificato alla ricorrente lo stesso giorno (3 ottobre 2017) in cui la medesima era stata riammessa in Italia per provvedimento dell’Autorità del Belgio ai sensi del Regolamento UE n. 604 del 2013, in quanto sprovvista di documenti o permesso di soggiorno.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

A detta della ricorrente (ric. pagg. 3-4) il vizio devoluto al giudice di pace non concerneva la carenza di motivazione del decreto espulsivo, ma proprio il fatto che tale motivazione fosse “impossibile ab origine e del tutto inconferente e decontestualizzata dal caso concreto”, in quanto incentrata su un’ipotesi di illecito ingresso in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a)) che nella specie non poteva sussistere, in quanto l’opponente era rientrata in Italia perchè ivi riammessa (frontiera di (OMISSIS)) da parte delle Autorità del Belgio ai sensi del Regolamento UE 604 del 2013 cit..

Sicchè, sempre secondo l’impostazione della ricorrente, affermando la legittimità del decreto espulsivo così motivato, il giudice di pace avrebbe non soltanto inammissibilmente integrato egli stesso la motivazione impossibile del decreto opposto, ma addirittura indebitamente sostituito una causa di espulsione ad un’altra: “Il giudice di pace non avrebbe dovuto sostituirsi al prefetto nell’individuare l’ipotesi espulsiva, peraltro alternativa a quella del decreto opposto; al giudice di pace, investito dell’opposizione, competeva verificare se l’ipotesi contestata fosse quella in cui verte lo straniero espellendo” (ric.pag.4).

La doglianza (che è di violazione normativa e non di vizio motivazionale) non tiene tuttavia adeguatamente conto del fatto che il decreto di espulsione (trascritto in ricorso), pur facendo richiamo all’irregolare trattenimento nel territorio nazionale L. n. 68 del 2007, ex art. 1, comma 3, si basava testualmente sul fatto materiale che l’interessata avesse “presentato in precedenza domanda di riconoscimento della protezione internazionale che la competente commissione per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari, in data 9 luglio 2015, ha rigettato, con decisione notificata il 17 agosto 2015, avverso la quale la medesima ha proposto ricorso che il Tribunale di Bari ha respinto, con provvedimento del 27 aprile 2017, senza che venisse proposto ulteriore gravame, e che era titolare di permesso di soggiorno per richiesta di asilo politico rilasciato dalla Questura di Bari scaduto in data 13 ottobre 2016”.

Dunque, l’espulsione venne in effetti disposta per una fattispecie sostanziale (irregolare trattenimento dello straniero nello Stato) appunto prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b) – non a) dandosi espressamente atto nel decreto di espulsione che la prevenuta era titolare di un permesso di soggiorno da tempo scaduto, nonchè destinataria di un provvedimento giurisdizionale, non opposto, di rigetto di istanza di protezione internazionale.

Il riferimento all’ipotesi di espulsione di cui alla lett. b), pertanto, era già stato correttamente posto a base del decreto di espulsione amministrativa ed ivi risultava correttamente motivato con descrizione esatta della condotta a tal fine rilevante. Tale titolo di espulsione non costituiva dunque l’esito della lamentata indebita ‘sostituzionè del giudice di pace all’organo amministrativo, nè è dato qui riscontrare la violazione del principio di tassatività, tipicità ed infungibilità delle ipotesi di espulsione amministrativa di cui alla giurisprudenza citata in ricorso.

Altrimenti detto, la decisione del giudice di pace non merita di essere cassata risultando corretta in diritto, dal momento che la legittimità del decreto di espulsione – affermata nell’ordinanza qui impugnata – conseguiva al fatto che la motivazione in esso contenuta (così come riportata dalla stessa ricorrente) risultava del tutto coerente ed in linea con la fattispecie legale di espulsione (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b)) in concreto adottata, non dal giudice di pace, ma dal prefetto.

E la ratio decisoria del giudice di pace è stata appunto nel senso della riscontrata convergenza – nel decreto espulsivo – della parte motiva con quella dispositiva; entrambe coerentemente riconducibili, senza surrogazione giudiziale di sorta, all’ipotesi di cui all’art 13 cit., lett. b.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 3 e 7 nonchè L. n. 241 del 1990, art. 3. Per avere il giudice di pace respinto il secondo motivo di opposizione al decreto di espulsione sul presupposto che quest’ultimo fosse stato tradotto in lingua (inglese) conosciuta (come in effetti era accaduto), là dove con tale motivo si era invece fatto valere il vizio di carenza di motivazione del decreto stesso, perchè facente esclusivamente richiamo alle norme di legge, senza esposizione del fatto.

p. 3.2 Anche questo motivo è infondato.

Nel decreto di espulsione, così come già indicato nella disamina della prima censura, la motivazione concerneva appunto i presupposti fattuali dell’irregolare trattenimento nel territorio dello Stato, posto che la prevenuta era titolare di un permesso di soggiorno scaduto da più di 60 giorni, oltre che destinataria di un provvedimento definitivo di rigetto di istanza di protezione internazionale.

Non può dunque dirsi che, indipendentemente dalla questione della lingua (la stessa ricorrente riconosce che il provvedimento venne tradotto in inglese, sua lingua madre), non fossero adeguatamente illustrati – ed univocamente percepibili dalla destinataria in funzione del pieno esercizio del suo diritto di difesa – i presupposti in fatto del provvedimento amministrativo.

Il decisum del giudice di pace risulta dunque anche in tal caso meritevole di conferma, non essendosi esso posto in conflitto con il principio per cui: “L’obbligo di motivazione del decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero, di cui al D.Lgs. n. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 3 rispondendo alla finalità di consentire al destinatario la tempestiva tutela dei suoi diritti mediante l’opposizione, postula che il predetto provvedimento, pur in mancanza dell’indicazione delle norme violate, contenga gli elementi necessari e sufficienti dai quali, con la normale diligenza, sia possibile identificare con sufficiente chiarezza la violazione addebitata al ricorrente che ha dato luogo all’adozione del provvedimento amministrativo. E’ pertanto invalido il decreto di espulsione redatto su un modulo prestampato privo della contestazione della violazione e dell’indicazione dei presupposti di fatto su cui essa poggia, avendo il giudice di pace – investito dell’opposizione – l’obbligo di verificare la carenza di un titolo che giustifichi la permanenza dell’opponente nel territorio nazionale” (Cass. n. ord. 462/10 ed altre).

Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso, con condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso;

condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dell’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile tenutasi con modalità da remoto, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

 

 

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