Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10412 del 02/05/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 02/05/2018, (ud. 08/03/2018, dep.02/05/2018),  n. 10412

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il sig. C.F. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1880/2016, pubblicata il 9 novembre 2016 (e non notificata).

L’intimata Regione Calabria non ha svolto attività difensiva in questa fase.

Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte catanzarese ha accolto l’appello formulato dalla Regione Calabria e, in riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1665/2011, ha rigettato l’opposizione proposta da C.F. nei confronti dell’ordinanza-ingiunzione, notificata il 5 dicembre 2007, con cui la predetta Regione gli aveva ingiunto il pagamento di Euro 2.478,99 per non aver tenuto – in violazione del D.Lgs. n. 155 del 1997, artt. 3 e 8, quale titolare dell’esercizio commerciale Europabar s.a.s. – a disposizione dell’autorità competente le informazioni relative alla natura, frequenza e ai risultati delle procedure di autocontrollo dal 2 gennaio 2001 al 10 dicembre 2002.

Il giudice di appello riteneva fondato il gravame avanzato dalla Regione Calabria sul presupposto che l’applicazione della sanzione irrogata e, quindi, la sussistenza dell’illecito dipendeva dalla mera violazione dell’obbligo di tenuta del documento aziendale di autocontrollo (non suscettibile di sanatoria) e non dall’omesso adeguamento alle prescrizioni impartite a seguito del primo controllo. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 155 del 1997, art. 8, commi 1 e 2, in riferimento all’art. 3, comma 3, dello stesso D.Lgs..

Con la formulata censura il ricorrente ha, in effetti, inteso confutare l’impugnata sentenza che aveva applicato illegittimamente le censurate disposizioni normative poichè la violazione amministrativa per la quale era stata emessa l’ordinanza-ingiunzione si sarebbe dovuta considerare configurabile solo a seguito dell’accertata inottemperanza alla preventiva intimazione ad adempiere e non in virtù dell’accertamento della mancata tenuta del documento di autocontrollo, ciò desumendosi dal chiaro significato letterale della norma di riferimento, dall’evoluzione nel tempo del suo testo e dalla ratio delle previsioni in discorso in materia di sicurezza e igiene alimentare.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il predetto unico motivo di ricorso potesse essere manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Rileva il collegio che il motivo dedotto con il ricorso principale è, invero, manifestamente fondato, trovando, perciò, conferma l’ipotesi di soluzione prospettata con l’anzidetta proposta del relatore.

Per meglio focalizzare la motivazione di accoglimento del ricorso appare opportuno riportare le disposizioni normative “ratione temporis” applicabili con riguardo all’illecito amministrativo contestato al ricorrente per il quale era stato sanzionato con l’ordinanza-ingiunzione poi impugnata dinanzi al Tribunale di Cosenza.

Il D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 155, art. 3, comma 2, (recante “Attuazione della direttiva 93/43/CEE e della direttiva 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari”) così recita (va):

3. Autocontrollo.

Omissis.

3. Il responsabile dell’industria alimentare che esercita attività di produzione, di trasporto, distribuzione, vendita e somministrazione diretta di prodotti alimentari al consumatore deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo, anche in asserza dei manuali di cui all’art. 4, un documento contenente l’individuazione, da lui effettuata, delle fasi critiche di cui al comma 2, e delle procedure di controllo che intende adottare al riguardo, nonchè le informazioni concernenti l’applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici e i relativi risultati.

Il successivo art. 8, contenente la disciplina delle sanzioni, così prevede(va):

8. Sanzioni.

1. Salvo che il fatto costituisca reato il responsabile dell’industria alimentare è punito con:

a) la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni per l’inosservanza dell’obbligo di cui all’art. 3, comma 3;

b) la sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire diciotto milioni per la mancata o non corretta attuazione del sistema di autocontrollo di cui all’art. 3, comma 2, o per l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 5;

c) la sanzione amministrativa pecuniaria da Lire dieci milioni a lire sessanta milioni per la violazione degli obblighi di ritiro dal commercio previsti dall’art. 3, comma 4.

2. L’Autorità incaricata del controllo deve indicare nel verbale di accertamento le carene riscontrate e le prescrizioni di adeguamento necessarie per assicurare il rispetto delle norme contenute nel presente decreto. La stessa Autorità procede con separato provvedimento ad applicare le sanzioni di cui al comma 1 qualora risulti che il responsabile dell’industria alimentare non ha provveduto ad adeguarsi alle prescrizioni impartite a seguito del primo controllo, entro un termine prefissato, comunque non inferiore a centoventi giorni dalla data del verbale del primo accertamento.

3. Il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, ovvero la violazione dell’obbligo di ritiro dal commercio previsto dall’art. 3, comma 4, è punito, se ne deriva pericolo per la salubrità e la sicurezza dei prodotti alimentari, con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da lire seicentomila a lire sessanta milioni.

Orbene, dal coordinamento tra precetto e sanzione, si desume univocamente che, ai fini della configurazione dell’infrazione contemplata nel richiamato D.Lgs. n. 155 del 1997, art. 3, comma 3, occorre(va), in virtù del combinato disposto del successivo art. 8, commi 1 e 2, regolante il corrispondente trattamento sanzionatorio, che per la sanzionabilità in concreto della violazione contestata al C. fosse necessario accertare – da parte degli organi di vigilanza – preventivamente l’inottemperanza della parte obbligata nei cui confronti erano state impartite le necessarie prescrizioni per conformarsi agli obblighi di legge in materia di documentazione relativa all’autocontrollo rilevati in sede ispettiva, non risultando, cioè, sufficiente la sola mera constatazione, all’atto del primo controllo, della mancata tenuta, da parte dell’esercente commerciale, del c.d. “documento di autocontrollo”. Pertanto, la fattispecie dell’illecito amministrativo in questione si connota(va) per la sua struttura a formazione complessa e progressiva, ragion per cui solo in conseguenza del mancato o inidoneo adeguamento alle prescrizioni ordinate all’obbligato l’autorità amministrativa preposta avrebbe potuto legittimamente applicare le sanzioni di cui al D.Lgs. n. 155 del 1997, suddetto art. 8, comma 1, dovendole, peraltro, adottare “con separato provvedimento”, come previsto dal comma 2 del medesimo articolo.

La Corte catanzarese è, invece, incorsa nella prospettata violazione di legge perchè – in difformità dall’enunciato principio di diritto – ha ritenuto che la violazione in questione si fosse venuta a configurare per la sola inosservanza dell’obbligo contemplato dall’art. 3, comma 3, del citato D.Lgs., obliterando, però, del tutto il coordinamento tra l’art. 8, primo e il secondo comma, posto che la sanzione da comminare nella misura prevista dall’art. 8, comma 1, avrebbe potuto essere (separatamente) irrogata solo a condizione che, una volta impartite le prescrizioni in sede di prima ispezione, il soggetto obbligato non avesse provveduto ad adeguarvisi nel termine prefissato dall’organo accertatore o in quello di 120 giorni dalla data del verbale del primo accertamento. Solo all’atto della consumazione, con esito negativo, di questo successivo passaggio del complessivo procedimento di contestazione, avrebbe potuto essere applicata la sanzione per la violazione amministrativa in questione. Ne consegue che, se prima l’organo di controllo non abbia proceduto alla diffida ad adempiere con l’indicazione delle necessarie prescrizioni alle quali conformarsi e la fissazione del termine per la successiva regolarizzazione, ovvero, se pur avendovi provveduto, non abbia poi effettuato il secondo controllo consistente nella verifica sull’inottemperanza o meno alla diffida stessa, l’illecito di cui si discute – proprio per la sua inerenza ad una condotta lesiva dell’interesse giuridicamente tutelato nella materia della tutela dell’igiene dei prodotti alimentari caratterizzantesi per una sua formazione progressiva – non può ritenersi sussistente.

Alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, l’unico motivo di ricorso proposto deve essere accolto sulla base del principio di diritto prima enunciato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ultima parte, previa cassazione della sentenza impugnata, la causa può essere decisa nel merito provvedendosi al rigetto dell’appello con la conseguente conferma integrale della sentenza di primo grado del Tribunale di Cosenza.

Sussistono giuste ragioni, in considerazione dell’assoluta novità della questione (sulla quale non risultano precedenti di questa Corte), per dichiarare interamente compensate tra le parti sia le spese del giudizio di appello che quelle della presente fase di legittimità (ferma restando, invece, la statuizione anche in punto spese adottata all’esito del giudizio di primo grado).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito della causa, rigetta l’appello e conferma la sentenza di primo grado. Compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte di Cassazione, il 8 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2018

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