Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10411 del 12/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 12/05/2011), n.10411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

VALMET ROTOMEC SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 27/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 22/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

l’accoglimento del 1^ e 2^ motivo, assorbito il 3^ motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio delle Imposte di Casale Monferrato notificava a Rotomec Costruzioni Meccaniche Elettriche s.p.a. avvisi di accertamento concernenti recuperi a tassazione di reddito a fini IRPEG per gli anni 1982 e 1984. La società impugnava entrambi gli avvisi. Per l’anno 1982 la Commissione Tributaria di primo grado di Casale Monferrato accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando i costi deducibili e riconoscendo una perdita esposta dalla contribuente e ritenuta indeducibile dall’Ufficio.

Entrata in vigore la L. n. 413 del 1991, la società presentava dichiarazione integrativa per entrambe la annualità. In sede di controllo formale della dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, l’Ufficio rilevava un conteggio erroneo ed iscriveva a ruolo imposte, sanzioni ed interessi.

La cartella relativa era impugnata dalla contribuente innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, che accoglieva il ricorso annullando la pretesa fiscale.

Appellava l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con sentenza n. 27/33/05, in data 23-5-2005, depositata il 22-6-2005, respingeva il gravame, confermando la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia, con tre motivi.

La società intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’Ufficio deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Espone che la CTR nella impugnata sentenza ha dato atto che la cartella di pagamento di cui è causa concerne sia la annualità relativa all’anno 1982, che quella del 1984, ed ha affermato che la controversia tra le parti è limitata alla sola annualità 1982.

Sostiene l’Ufficio che l’assunto è erroneo, in quanto in primo grado erano in contestazione anche questioni concernenti l’annata 1984, e la Commissione provinciale, accogliendo il ricorso, aveva annullato la cartella anche in riferimento al 1984. L’Ufficio aveva proposto appello anche in relazione al 1984, per cui la sentenza aveva omesso di pronunciare su tale punto.

Con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 54, art. 2909 c.c., art. 112 c.p.c., L. n. 413 del 1991, art. 34, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, nonchè diletto di motivazione.

Espone che la CTR ha dichiarato che la cartella esattoriale relativa al 1982 non poteva essere fondata su controllo formale ex art. 36 bis cit. Infatti la contribuente nella dichiarazione integrativa aveva calcolato la base imponibile computando i costi accertati dall’Ufficio, ma esponendo nel contempo la perdita la cui deducibilità era stata negata dall’Ufficio ma dichiarata dalla contribuente e confermata dalla decisione di primo grado della Commissione Tributaria di Alessandria. Poichè la decisione in questione era passata in giudicato, la diversa determinazione dell’Ufficio doveva essere espressa con la modalità di accertamento e non con il controllo formale di cui all’art. 36 bis, derivando la rettifica non da errore della contribuente ma da diversa valutazione giuridica della questione. Rileva in primo luogo che la affermazione contrastava con giudicato interno formatosi con la sentenza di primo grado che aveva dichiarato legittimo il controllo di cui all’art. 36 bis con statuizione non oggetto di appello incidentale da parte della contribuente.

Sostiene inoltre che la argomentazione è errata in fatto, atteso che la sentenza al momento del ricorso al condono non era passata in giudicato, in quanto se lo fosse stata non vi era questione di accertamento, nè formale nè motivato. Inoltre secondo la L. n. 413 del 1991, art. 34, la composizione della base imponibile rispondeva a criteri diversi, dovendosi tenere conto dei dati accertati dall’Ufficio e non di quelli dichiarati dal contribuente, anche se confermati da sentenza non passata in giudicato, sicchè si verteva in ipotesi di errore rilevabile con il mero controllo formale.

Con il terzo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 15, 53, 54, art. 2909 c.p.c. ed omessa motivazione, in quanto la CTR aveva condannato l’Ufficio alla rifusione della spese a favore della contribuente anche relativamente al primo grado di giudizio, in cui dette spese erano state compensate tra le parti, senza che sul punto vi fosse appello incidentale.

11 primo motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

Infatti l’Ufficio non ha nè riprodotto nè documentato con deposito del relativo atto di avere proposto appello concernente la annualità 1984, nè lo ha illustrato in alcun modo, venendo così meno la possibilità della Corte di verificare la correttezza e la concludenza del presupposto di fatto del motivo di impugnazione.

Il secondo motivo è pure inammissibile in relazione alla asserita violazione di giudicato interno, per difetto di autosufficienza del mezzo sul punto non avendo nè testualmente citato nè depositato la sentenza di primo grado.

E” invece fondato nel merito, sotto entrambi i profili evocati.

Infatti, il ricorso della contribuente alla dichiarazione integrativa di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 34, contrasta logicamente con la affermazione che la sentenza di primo grado fosse già passata in giudicato, (asserzione peraltro apodittica e non motivata) in quanto in tal caso non vi sarebbe stata controversia pendente con la Amministrazione e pertanto neppure vi sarebbe stata materia condonabile. Peraltro, la stessa disposizione, al comma 8, non pone vincoli sulla composizione dell’imponibile esposto purchè il totale risulti “non inferiore al 20% del maggiore imponibile accertato dall’Ufficio e non inferiore all’80% del maggiore imponibile stabilito dalla Commissione Tributaria”.

Ne consegue che il rispetto di tali concorrenti requisiti, di ordine meramente contabile, è un dato di fatto che ben può essere verificato dall’Ufficio con controllo formale, nè in alcun caso è ipotizzabile alcun ulteriore accertamento che si risolverebbe in una ripetizione di quello già oggetto della controversia giudiziale che la contribuente ha inteso estinguere con il ricorso al condono.

Il terzo motivo, in sè fondato, rimane assorbito rimanendo devoluta la questione al giudice di rinvio.

La sentenza deve quindi essere cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR del Piemonte, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara assorbito il terzo; cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2011

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