Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10411 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 01/06/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 01/06/2020), n.10411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

V.I., S.S., G.S., P.A.,

B.T., VI.CH., R.D.,

F.E., PI.CH., GO.MI., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CONCA D’ORO N. 184/190, presso lo studio dell’avvocato

MAURIZIO DISCEPOLO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

BA.EL., MA.MA., PI.AR.,

SA.MA., AN.DO., D.R.;

– intimati –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G. proposto da:

V.I., S.S., F.E., GO.MI.,

G.S., P.A., VI.CH.,

PI.CH., R.D., BARGAGNANTI TIZIANA, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CONCA D’ORO N. 184/190, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO DISCEPOLO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti successivi –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, UFFICIO

SCOLASTICO REGIONALE DELLE MARCHE, ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE

(OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO DI

(OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO G(OMISSIS), ISTITUTO SUPERIORE

(OMISSIS) – (OMISSIS), ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE E GEOMETRI

(OMISSIS), ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE E GEOMETRI (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), ISTITUTO

COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO

COMPRENSIVO (OMISSIS), (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS),

(OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO MONTEMARCIANO

MARINA, ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPENSIVO

(OMISSIS), LICEO SCIENTIFICO (OMISSIS), LICEO ARTISTICO (OMISSIS),

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE DI ISTRUZIONE SUPERIORE (OMISSIS),

LICEO STATALE (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO

COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS), ISTITUTO DI

ISTRUZIONE SUPERIORE (OMISSIS), ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS),

ISTITUTO COMPRENSIVO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 78/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 30/01/2014 R.G.N. 463/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/11/2019 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per rigetto ricorso lavoratori,

accoglimento MIUR per quanto di ragione;

udito l’Avvocato GABRIELLA D’AVANZO;

udito l’Avvocato GILDA MARTIRE per delega verbale Avvocato MAURIZIO

DISCEPOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La sentenza della Corte d’appello di Ancona attualmente impugnata (depositata il 30 gennaio 2014) respinge sia l’appello principale di V.I. e gli altri indicati in epigrafe sia l’appello incidentale del Ministero della Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi: MIUR) avverso la sentenza n. 352/2013 del Tribunale di Ancona, che conferma integralmente, così riconoscendo agli appellanti – tutti docenti o appartenenti al personale ATA della scuola sulla base di plurimi contratti a termine ripetuti nel tempo – il solo diritto agli scatti di anzianità (come risarcimento del danno), escludendo la possibilità di riconoscere altre voci retributive e in particolare quelle derivanti da un ricalcolo comprensivo anche dei periodi non lavorati (luglio e agosto).

2. Il ricorso del MIUR domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo cui, con controricorso, V.I. e gli altri indicati in epigrafe, i quali propongono anche un autonomo ricorso (successivo rispetto a quello del Ministero) per quattro motivi.

3. Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I – Profili preliminari.

1. Va, preliminarmente, ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale (Cass. SU 20 ottobre 2017, n. 24876; Cass. 17 febbraio 2004, n. 3004; Cass. 13 dicembre 2011, n. 26723; Cass. 4 dicembre 2014, n. 25662).

Nella specie deve, pertanto, essere considerato principale il ricorso del Ministero della Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi:MIUR) perchè risulta notificato e depositato prima del ricorso di V.I. e dei suoi litisconsorti.

Quest’ultimo ricorso deve essere, pertanto, considerato incidentale. 2 – Sintesi del ricorso del MIUR (principale).

2. Con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di numerose disposizioni di legge, rilevandosi l’erroneità del disposto riconoscimento degli scatti di anzianità in favore anche degli attuali ricorrenti incidentali, assunti con plurimi contratti a termine, perchè gli incarichi di supplenza non danno luogo ad un unico rapporto e quindi mancano i presupposti perchè sussista il diritto del supplente ad una progressione economica nei sensi stabiliti nella sentenza impugnata.

III – Sintesi del ricorso di V.I. e altri (incidentale).

3. Il presente ricorso è articolato in quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo si denunciano: a) omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della direttiva 1999/70/CE e degli artt. 1, 2 e 5 dell’allegato Accordo Quadro CES-UNICE-CEEP; c) violazione e falsa applicazione di numerosi artt. del D.Lgs. n. 368 del 2001, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, anche in relazione alla citata direttiva, dell’art. 3 Cost., art. 33 Cost., comma 4, art. 34 Cost..

Si sottolinea l’erroneità dell’affermazione della Corte d’appello secondo cui non avrebbe carattere decisivo stabilire se l’apposizione del termine ai contratti di cui si discute sia o meno legittima, rilevandosi che il giudice nazionale è tenuto a garantire la piena efficacia del diritto UE.

Si ribadiscono poi le altre richieste precisandosi che il quadro normativo interno non risulta rispettoso della normativa comunitaria come interpretata dalla CGUE e che comunque i contratti stipulati dagli attuali ricorrenti incidentali sono tutti illegittimi perchè carenti delle “ragioni obiettive” richieste dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e privi di temporaneità e urgenza.

Infine si osserva che la Corte d’appello non si è pronunciata in modo diretto sulla richiesta di accertamento dell’illegittimità di apposizione dei termini e della conseguente conversione, avendo respinto la domanda in modo indiretto e poco chiaro.

3.2. Con il secondo motivo si denuncia omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’applicazione del termine quinquennale di prescrizione e della data di decorrenza della stessa in riferimento al riconoscimento del diritto dei ricorrenti ad ottenere le differenze retributive derivanti dall’applicazione degli aumenti collegati all’anzianità di servizio.

Si rileva che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda sul punto riconoscendo le differenze retributive con riguardo alle voci corrisposte ai colleghi a tempo indeterminato, consistenti o meno in aumenti di anzianità o scatti biennali, ma con decorrenza dalla data di costituzione in giudizio dell’Amministrazione o dalla data della prima udienza del giudizio, in applicazione della prescrizione quinquennale.

La Corte d’appello non si è pronunciata in ordine all’impugnazione della sentenza di primo grado sul punto, che era stata sostenuta per molteplici ragioni: a) erronea applicazione della prescrizione quinquennale in quanto si discute di un illecito contrattuale del datore di lavoro (lesione del principio di non discriminazione); b) comunque decorrenza del termine dalla data dell’avvenuta notifica del ricorso, che è il momento in cui l’Amministrazione è venuta a conoscenza delle domande dei ricorrenti.

3.3. Con il terzo motivo si denunciano: a) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, della Clausola 4 dell’Allegato alla direttiva 1999/70/CE, della L. n. 124 del 1999, art. 4; b) omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, con riguardo alle retribuzioni non corrisposte nei mesi estivi non lavorati, nonchè alla tredicesima mensilità e al trattamento di fine rapporto.

La Corte d’appello si è limitata a riconoscere gli scatti di anzianità ma ha respinto tutte le altre domande, in particolare quelle riferite ai periodi non lavorati.

3.4. Con il quarto motivo si denuncia omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, sul diritto al risarcimento del danno da abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato.

La Corte d’appello non ha esaminato la censura proposta al riguardo contro la sentenza di primo grado.

IV – Esame delle censure.

3. L’esame delle censure porta all’accoglimento di entrambi i ricorsi per le ragioni e nei limiti di seguito esposti.

Ricorso principale.

4. Il ricorso principale deve essere accolto in quanto il riconoscimento disposto dalla Corte d’appello degli scatti di anzianità, come forma di risarcimento del danno, a fronte di una domanda che non risulta specificamente diretta ad ottenere tale risultato, si pone in contrasto con i consolidati orientamenti espressi da questa Corte in materia.

4.1. La suddetta questione è stata infatti più volte esaminata da questa Corte e, a partire dalla sentenza n. 22558 del 7 novembre 2016 (seguita da numerose successive pronunce conformi, vedi, per tutte: Cass. n. 14675 del 2017, Cass. n. 15997 del 2017, Cass. n. 26108 del 2017), è stato affermato che, in tema di retribuzione del personale scolastico, la L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del Comparto Scuola, in quanto in base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1 e art. 71 del nonchè al CCNL 4 agosto 1995 e ai contratti collettivi successivi del Comparto Scuola, la perdurante vigenza del suddetto art. 53 (nel solo comma 6) poteva riguardare solo gli insegnanti di religione altre particolari categorie di docenti.

Nell’ambito del suddetto indirizzo si è precisato, tra l’altro, che a far tempo dalla contrattualizzazione dell’impiego pubblico, gli scatti biennali non hanno più fatto parte della retribuzione del personale di ruolo della scuola, docente, tecnico ed amministrativo, richiamandosi la sentenza della Corte costituzionale n. 146 del 20 giugno 2013, ove è stato chiarito che la norma in questione è ormai riferibile solo a determinate categorie di docenti, in quanto la possibilità per l’Amministrazione di stipulare contratti a tempo indeterminato non di ruolo venuta meno con l’approvazione della L. 20 maggio 1982, n. 270 e non poteva rivivere ad opera della contrattazione collettiva.

Deve essere precisato che proprio in base alla richiamata sentenza della Corte costituzionale (cui hanno fatto seguito, in senso conforme, Corte Cost., ordinanza n. 101 del 2014 e sentenza n. 192 del 2016) nella successiva giurisprudenza di questa Corte è stato stabilito che al momento della contrattualizzazione del rapporto di impiego del personale della scuola la L. n. 312 del 1980, art. 53 poteva dirsi vigente ed efficace solo relativamente ai docenti di religione (il cui status mantiene indubbie peculiarità anche dopo la L. n. 186 del 2003 istitutiva di un ruolo dei docenti di religione cattolica) e ad alcune particolari categorie di insegnanti che, sebbene non immessi nei ruoli, prestavano attività sulla base, non di supplenze temporanee o annuali, bensì in forza di contratti a tempo indeterminato previsti in via eccezionale dalla L. n. 270 del 1982, art. 15 (è il caso dei docenti di educazione musicale il cui rapporto è stato ritenuto a tempo indeterminato da Cass. n. 8060 dell’8 aprile 2011, che ha ribadito in motivazione la non spettanza degli scatti biennali di cui all’art. 53 ai supplenti ed al personale “il cui rapporto di servizio trova fondamento in incarichi attribuiti di volta in volta e si interrompe nell’intervallo tra un incarico e l’altro”).

Alla base dei richiamati arresti vi è anche l’affermazione secondo cui il riconoscimento degli scatti biennali finirebbe per assicurare alle persone assunte a tempo determinato un trattamento economico di miglior favore rispetto a quello riservato al personale della scuola definitivamente immesso nei ruoli, senza che questo trattamento possa certamente trovare giustificazione nella clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE.

E’ stato anche precisato che la suddetta la clausola 4, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del Comparto Scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo e questo comporta la disapplicazione delle disposizioni dei pertinenti CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.

Nella specie, se è indubbio che la Corte d’appello abbia – in contrasto con il suddetto indirizzo – riconosciuto ai ricorrenti gli scatti biennali di anzianità di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 53, va anche aggiunto che dalla lettura della sentenza impugnata e degli atti di causa non risulta con certezza che non sia stata proposta, magari in via subordinata, la diversa e autonoma domanda vertente sul riconoscimento della progressione stipendiale per effetto del riconoscimento dell’anzianità di servizio, questione che, come si è detto, nella medesima sentenza n. 22558 del 7 novembre 2016 (e nelle altre conformi pronunce successive) è stata risolta in senso favorevole per gli interessati, nei suddetti termini.

4.2. Pertanto, il ricorso principale deve essere accolto in applicazione del seguenti principi di diritto già affermati da questa Corte in analoghe fattispecie (vedi, per tutte: Cass. 22 novembre 2019, n. 30573; Cass. 28 novembre 2019, n. 31149):

a) “in tema di retribuzione del personale scolastico assunto con reiterati contratti a termine, a seguito della contrattualizzazione del lavoro pubblico, gli scatti biennali di anzianità previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53 possono essere concessi solo a determinate categorie di docenti la cui situazione è del tutto peculiare (vedi: sentenza della Corte costituzionale n. 146 del 20 giugno 2013), mentre in base alla clausola 4 dell’accordo quadro, allegato alla direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, di diretta applicazione, anche ai dipendenti assunti con reiterati contratti a termine va riconosciuta la progressione stipendiale derivante dall’anzianità di servizio nella stessa misura prevista per i dipendenti a tempo indeterminato. Per distinguere correttamente le suddette due ipotesi è essenziale stabilire con precisione – al di là delle espressioni letterali usate – quale sia l’oggetto della domanda azionata che è da identificare secondo il criterio del c.d. petitum sostanziale”;

b) “in tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 cit. decreto, come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, nè applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”.

4.3. Deve, peraltro, essere altresì considerato che fra gli attuali ricorrenti è compresa anche G.S. che nel ricorso è qualificata come docente di religione cattolica nella scuola primaria, per la quale quindi è perdurante la vigenza dell’art. 53, comma 6, cit..

4.4. Gli stessi principi valgono per il personale ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario) della scuola – al quale, dal presente ricorso, risultano appartenere, tra gli originari ricorrenti per cassazione, S.S. ed F.E. – le cui regole di progressione di carriera sono analoghe a quelle proprie dei docenti.

Ricorso incidentale.

5. I motivi del ricorso incidentale, nel loro complesso, devono essere accolti per il profilo di censura della sostanziale assenza e, quindi, apparenza della motivazione in ordine alle questioni che formano oggetto dei motivi.

5.1. Va precisato che tale profilo di censura si può considerare presente in tutti i motivi essendo agevolmente desumibile dalle relative argomentazioni giuridiche ed in fatto, senza che vi osti la configurazione formale delle rubriche dei motivi stessi, la quale è priva di contenuto vincolante, perchè è soltanto l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione l’elemento che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto delle censure (vedi, per tutte: Cass. SU 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass. 7 novembre 2017, n. 26310).

6. In particolare, il suddetto vizio si riscontra con riguardo a tutte le questioni che sono oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti, già incluse nel thema decidendum – e che oggi vanno esaminate alla luce della intervenuta stabilizzazione degli interessati, come riferita dal MIUR – visto che l’unica statuizione pertinente, chiara e motivata (ancorchè erronea per quanto si è detto) contenuta nella sentenza impugnata è quella relativa al riconoscimento generalizzato degli scatti di anzianità, come misura risarcitoria. Mentre per il rigetto di tutte le altre domande, la motivazione della sentenza risulta del tutto inidonea ad esplicitare le ragioni logico-giuridiche poste a base della relativa decisione, in quanto essa si risolve in una generica critica della pratica dell’assunzione a termine nella scuola nonchè della relativa legislazione che la consente, senza tuttavia esaminare le plurime domande proposte dagli interessati e spiegare le ragioni della relativa decisione di rigetto.

6.1. Deve essere ricordato al riguardo che, per costante giurisprudenza di questa Corte – pur dopo la modifica dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17, che ha portato alla sostituzione della “concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione” con la “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” – è pacifico che un elemento indispensabile della sentenza (o di altro provvedimento decisorio come l’attuale decreto) – nel suo complesso e con riguardo alle singole decisioni ivi assunte – sia la definizione del fatto da cui nasce il diritto preteso, che va comunque narrato, non in termini prolissi, ma nei suoi elementi rilevanti per la decisione, quali risultanti al termine dell’istruttoria, considerato che lo stesso legislatore, nel modificare l’art. 132 cit., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l’indicazione dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione (vedi per tutte: Cass. 11 novembre 2010, n. 22845; Cass. 10 dicembre 2015, n. 24940).

Con indirizzi altrettanto fermi la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che, in tema di contenuto della sentenza (o del provvedimento di carattere decisorio), la concisa esposizione dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzare esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; Cass. 22 giugno 2015, n. 12864).

6.2. La sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, se manchi del tutto l’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (Cass. 8 gennaio 2009, n. 161; Cass. 15 marzo 2002, n. 3828).

E’ stato altresì affermato che il canone della chiarezza e della sinteticità espositiva degli atti processuali (di parte e di ufficio) è uno dei pilastri su cui si basa il giusto processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 2, e in coerenza con l’art. 6 CEDU (arg. ex Cass. 4 luglio 2012, n. 11199; Cass. 30 aprile 2014, n. 9488).

6.3. Infine, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice.

Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (vedi: Cass. SU 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, ex plurimis, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007;n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).

7. La sentenza qui impugnata risulta priva non solo di una specifica descrizione delle varie domande proposte ma anche di una giustificazione dell’autonoma valutazione effettuata in sede giudiziaria in ordine alle domande stesse.

8. Ciò si traduce, in primo luogo, nella carenza della concisa definizione del fatto da cui nasce il diritto preteso – che, come si è detto, è un elemento che non può mancare in una sentenza così come in generale in un provvedimento decisorio essendo essenziale per la comprensione del ragionamento logico-giuridico che ha portato alla decisione – la cui assenza già rende, di per sè, viziato il provvedimento.

9. Ma a ciò va aggiunto che la – pur graficamente esistente – motivazione della sentenza (lunga 6 pagine) risulta poco appagante in quanto è limitata ad approfondire una serie di argomenti metagiuridici sul sistema scolastico nazionale e sulla sua organizzazione senza alcun esame delle domande sub judice e quindi senza alcuna precisazione delle ragioni per le quali nella specie si è giunti alla conclusione del loro rigetto.

9.1. Pertanto, la motivazione stessa risulta di fatto omessa, visto che, per un costante e condiviso indirizzo di questa Corte, non adempie il dovere di motivazione il giudice che non formuli alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa e quindi non ricostruisca la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta. Infatti, in un caso del genere la motivazione risulta meramente assertiva e quindi viziata per apparenza (vedi per tutte: Cass. 30 maggio 2019, n. 14762).

9.2. Nella specie tale difetto è ancora più evidente per il fatto che a supporto della decisione assunta manca altresì ogni riferimento a “principi giurisprudenziali asseritamene acquisiti” affermati dalla copiosa giurisprudenza di questa Corte in materia.

10. Per le indicate ragioni la motivazione contenuta nella sentenza impugnata risulta nulla perchè priva sia della concisa ma chiara ed esauriente esposizione sia delle ragioni di fatto della decisione (descrizione sintetica della fattispecie esaminata) sia delle ragioni di diritto della decisione stessa, cioè di una esposizione logica e adeguata al caso di specie che consenta di cogliere l’iter logico-giuridico seguito e comprendere se le tesi prospettate dalle parti siano state tenute presenti nel loro complesso.

11. Si tratta, quindi, di una motivazione che corrisponde perfettamente alla suindicata nozione di “motivazione apparente”.

V – Conclusioni.

12. In sintesi, sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale devono essere accolti, nei suindicati limiti. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i ricorsi, nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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