Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10410 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 20/04/2021), n.10410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13624/2019 proposto da:

A.M., difeso dall’avv. Nicoletta Pelinga, domiciliatario

presso la Cancelleria della I sezione civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 da Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto del 5.3.2019, ha rigettato la domanda proposta da A.M., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, negato al ricorrente lo status di rifugiato, non essendo i fatti riferiti da quest’ultimo riconducibili alle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal paese d’origine in quanto minacciato di morte da alcuni militanti del partito (OMISSIS) (OMISSIS), da anni al governo).

Il Tribunale di Ancona, ha, inoltre rigettato la domanda di protezione sussidiaria sia per la fattispecie di cui all’art. 14, lett. a) e b), non emergendo circostanze tali da far ritenere che il ricorrente potesse essere sottoposto alla pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti, sia per quella ex art. 14, lett. c) legge cit., essendo stata ritenuta l’insussistenza una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato in (OMISSIS).

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione A.M. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è tardivamente costituito in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007.

Deduce il ricorrente l’intrinseca credibilità del suo racconto e lamenta la violazione da parte del giudice di merito della normativa inerente alla concessione dello status di rifugiato.

2. Il motivo è inammissibile.

Va, in primo luogo, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale soddisfa il requisito del “minimo costituzionale”, secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), avendo il giudice di merito precisato che il richiedente non era stato in grado di circostanziare la vicenda (nomi, tempo e luogo) su fatti essenziali e determinanti l’espatrio, essendo emerso un racconto confuso in ordine alla sua aggressione che sarebbe stata perpetrata da taluni personaggi politici, in seguito ricondotti al partito al potere. Inoltre, il richiedente era incorso in numerose contraddizioni sui punti principali della storia personale, sia con riguardo all’identità degli aggressori (presunti trafficanti di droga e/o personaggi politici) sia con riferimento ai rapporti con la famiglia di origine.

Con tali precisi rilievi il ricorrente non si è minimamente confrontato, limitandosi ad affermare di non essere caduto in evidenti contraddizioni, sostenendo la credibilità del suo racconto, e senza dedurre la grave anomalia motivazionale, sfociante nel vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, come detto, unico vizio denunciabile in sede di legittimità.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione della normativa concernente il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Denuncia il ricorrente che il decreto del Tribunale difetta di una dettagliata, seria e coerente analisi della situazione complessiva del paese di origine e contiene evidenti discrasie, avendo lo stesso giudice di merito affermato che la cultura politica del (OMISSIS) è caratterizzata dalla violenza e dagli scontri.

Inoltre, il ricorrente afferma che la tutela offerta dalla protezione sussidiaria esula comunque da qualsivoglia collegamento “individualizzante ” con il narrato del richiedente.

4. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente fonda, in primo luogo, il suo timore di danno grave a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) sulla sua vicenda personale, riguardante le asserite minacce subite dagli esponenti del partito al potere in (OMISSIS), racconto che, come sopra evidenziato, il giudice di merito ha coerentemente ritenuto non credibile.

Nè, peraltro, può prescindersi, ai fini della concessione della protezione sussidiaria, da un collegamento “individualizzante” con il narrato del richiedente, salvo che non ricorra una situazione di violenza generalizzata derivante conflitto armato, riconducibile alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

In proposito, va osservato va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018).

Nel caso di specie, il Tribunale ha accertato l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS), circostanza, peraltro, neppure dedotta dal richiedente nel ricorso, il quale ha fondato la sua richiesta di protezione sulla generale situazione di violenza politica esistente nel paese.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Denuncia il ricorrente che non si è tenuto conto della sua condizione di vulnerabilità, emergente anche dalla documentazione medica che è stata prodotta quale elemento corroborante la veridicità delle proprie dichiarazioni in ordine all’aggressione subita.

6. Il motivo è inammissibile.

Deduce il ricorrente il diritto al riconoscimento della protezione umanitaria può essere riconosciuto anche indipendentemente dal riconoscimento di una situazione soggettiva di vulnerabilità intesa come concreto pericolo.

Va osservato che il giudice di merito ha ritenuto insussistente in capo al ricorrente una condizione di vulnerabilità, dopo aver effettuato la valutazione comparativa tra il contesto di vita del ricorrente nel paese di accoglienza e nel paese di provenienza, evidenziando, sul punto, che non vi è un’incolmabile sproporzione tra il contesto di vita vissuto, o nel quale si troverebbe a vivere il ricorrente in caso di rimpatrio nel paese d’origine e la sua esistenza in Italia, potendo quest’ultimo comunque godere in patria di una vita comunque dignitosa.

Con tale precisa affermazione il ricorrente non si è minimamente confrontato, limitandosi a considerazioni di natura generale in ordine ai requisiti della protezione umanitaria.

Non si liquidano le spese di lite in considerazione dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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