Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10410 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 01/06/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 01/06/2020), n.10410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5589-2014 proposto da:

T.F., B.S., BA.LU.,

BE.DO., BO.LI., C.R.,

CU.CR.MA.FR., F.L.C.M.,

G.R.G., M.I., MA.MA.FR., MO.RO.,

P.C.L., PR.MA., R.A.,

RE.ST.PA., RE.TA.LU., RU.SI.LU.,

S.C., TA.MA., elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso

lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALBERTO GUARISO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 488/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/08/2013 r.g.n. 2466/201140;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/11/2019 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del quinto

motivo del ricorso e rigetto altri motivi.

udito l’Avvocato GABRIELLA D’AVANZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 29 agosto 2013) pronunciandosi su quattordici cause riunite, aventi ad oggetto l’appello del Ministero della Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi: MIUR) avverso undici sentenze del Tribunale di Milano e tre sentenze del Tribunale di Monza – in via principale rigetta tutte le domande proposte da T.F. e dai suoi numerosi litisconsorti indicati in atti, la maggior parte dei quali ha proposto il presente ricorso per cassazione (come indicato in epigrafe) – tutti nella qualità di docenti della scuola pubblica firmatari di molteplici contratti di lavoro a termine susseguitisi negli anni – onde ottenere: a) l’accertamento dell’illegittimità dei termini apposti ai loro contratti; b) la conversione dei rapporti in rapporti a tempo indeterminato; c) il risarcimento del danno per l’utilizzo abusivo del contratto a termine (da quantificare sulla base della non contestata retribuzione globale di fatto); d) il computo dell’anzianità complessivamente maturata nel corso dei diversi contratti a termine.

La sentenza rigetta altresì l’appello incidentale proposto dalla docente Ma.Ma.Fr. al fine di ottenere specificamente la condanna del MIUR al risarcimento del danno patito in conseguenza delle reiterate assunzioni a termine.

La Corte d’appello di Milano, per quel che qui interessa, precisa che:

a) va, in primo luogo, rilevata l’infondatezza dell’eccezione degli appellati in ordine alla pretesa irregolare costituzione del Collegio giudicante per violazione dell’art. 158 c.p.c., art. 6 della CEDU e art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (d’ora in poi: CDFUE), in quanto la composizione del Collegio dinanzi al quale la presente causa è stata chiamata con un magistrato della Sezione Lavoro e due delle Sezioni civili della Corte stabilita prima dell’udienza fissata per la discussione è il frutto di una straordinaria procedura di “assegnazione interna” temporanea cui il Presidente della Corte ha fatto ricorso per fronteggiare l’allarmante situazione di sofferenza della Sezione Lavoro a fronte un elevato numero di procedimenti pendenti accompagnato da una grave scopertura di organico;

b) pertanto, la suddetta composizione è certamente conforme al principio di precostituzione del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost. e alle altre norme richiamate dagli appellati, trovando la sua solida base nella normativa, primaria e secondaria del CSM, che disciplina l’istituto della “assegnazione interna” dei magistrati;

c) nel merito, le questioni qui dibattute devono essere risolte nello stesso modo in cui sono state risolte analoghe questioni in precedenti sentenze di questa Corte, che di seguito vengono riprodotte, in quanto condivise dal Collegio e anche confermate da Cass. 20 giugno 2012, n. 10127;

d) tale orientamento muove dalla premessa secondo cui la disciplina del reclutamento del personale della scuola e quindi anche dei docenti con contratti a termine – sia per supplenze annuali sia per supplenze temporanee contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e anzi anche nella legislazione successiva le è stato attribuito un connotato di specialità, ribadito dal D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, conv. dalla L. n. 106 del 2011, tramite la conferma dell’esclusione della conversione in contratto a tempo indeterminato dei contratti a termine stipulati per il conferimento delle supplenze;

e) lo speciale “corpus” normativo delle supplenze, integrato nel sistema di accesso ai ruoli ex D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399, modificato dalla L. n. 124 del 1999, art. 1, consentendo la stipula dei contratti a termine solo per esigenze oggettive dell’attività scolastica, cui non fa riscontro alcun potere discrezionale dell’Amministrazione, costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla direttiva 1999/70/CE e, quindi, non si pone in contrasto con la direttiva stessa, come interpretata dalla giurisprudenza della CGUE;

f) ne consegue che la reiterazione dei contratti a termine non conferisce al docente il diritto alla conversione in contratto a tempo indeterminato, nè il diritto al risarcimento del danno, ove non risulti perpetrato, ai suoi danni, uno specifico abuso del diritto nell’assegnazione degli incarichi di supplenza;

g) comunque, al momento dell’immissione in ruolo il docente consegue ope legis la ricostruzione della carriera e della progressione stipendiale, in cui si deve tenere conto anche del servizio di docenza pre-ruolo, mentre non vanno attribuiti i c.d. scatti biennali;

h) le precedenti osservazioni portano al rigetto di tutte le domande formulate nei ricorsi introduttivi dei giudizi qui riuniti;

i) infine, è da escludere che la suddetta conclusione si ponga in contrasto con la sentenza della CGUE 18 ottobre 2012, da C-302/11 a C-305/11, Valenza e a., sia perchè tale sentenza ha esaminato una fattispecie diversa non riguardante il personale scolastico, sia perchè in essa vengono comunque fatte salve eventuali specificità del sistema, che come si è detto risultano molto marcate per i dipendenti della scuola pubblica.

2. Il ricorso di T.F. e dai suoi numerosi litisconsorti indicati in epigrafe, illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi; l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione, senza svolgere poi alcuna attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I – Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 24 Cost., comma 2, in quanto per effetto del decreto del Presidente della Corte d’appello, richiamato anche nella sentenza impugnata (e riprodotto nel ricorso) sarebbero stati creati dei collegi “speciali” per le sole cause in cui era in giudizio il MIUR che sono state assegnate a collegi composti da due consiglieri delle Sezioni civili della Corte (designati come relatori) ed un magistrato della Sezione lavoro della Corte.

Ciò sarebbe accaduto in violazione delle norme suindicate che presupporrebbero l’individuazione del giudice persona fisica secondo criteri oggettivi e predeterminati sulla base delle regole generali applicate dall’Ufficio giudiziario. Invece, nella specie, tale individuazione effettuata dopo che il presente giudizio era già pendente e in riferimento ad uno specifico gruppo di cause (anche se non indicate con i singoli numeri di ruolo) è avvenuta con regole ad hoc diverse da quelle ordinarie.

1.2. Con il secondo motivo si denunciano: a) violazione ed errata applicazione di numerose norme di legge; b) incompatibilità con la direttiva 1999/70/CE; c) insufficienza e contraddittorietà della motivazione, sostenendosi che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, la specialità del sistema dell’ordinamento scolastico, per ciò che concerne la stipulazione dei contratti a termine con i docenti e il relativo reclutamento, non esclude di per sè l’applicabilità della normativa generale sui contratti a termine. Infatti, nell’elencazione tassativa dei Comparti esclusi da tale applicabilità, contenuta nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, il Comparto della Scuola non è menzionato e anche il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, nel rinviare al D.Lgs. n. 360 del 2001 salvo che per la sanzione della trasformazione del rapporto, non esclude il Comparto Scuola. Alla stessa conclusione porta il D.L. n. 70 del 2011.

Sarebbe inoltre contraddittorio e paradossale il richiamo contenuto nella sentenza impugnata al precipuo interesse pubblico alla continuità didattica perchè non spiegherebbe la ragione per cui tale interesse sia garantito meglio con l’assunzione di migliaia di docenti precari piuttosto che con un consistente numero di rapporti stabili.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia incompatibilità della L. n. 124 del 1999, art. 4 e di numerose altre disposizioni legislative con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla CGUE, nel senso di considerare – anche per il pubblico impiego – il contratto a tempo indeterminato come forma ordinaria di rapporto di lavoro. Si aggiunge che i principi affermati in materia dalla CGUE sono direttamente applicabili nel nostro ordinamento, come si desume anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, perchè hanno carattere incondizionato e sufficientemente preciso. La Corte d’appello travisando tale giurisprudenza ha ritenuto il sistema che prevede e consentente la successione dei contratti a termine per i docenti della scuola conforme al diritto UE perchè sorretto da “ragioni obiettive” idonee a giustificarlo. Invece, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la previsione generale ed astratta di una successione di contratti a termine per sopperire ad esigenze prevedibili e durature nel tempo, quale si è verificata nella specie, si pone in contrasto con le regole UE.

Infine si rileva che sul riconoscimento del diritto degli interessati al risarcimento dei danni si è pronunciata la CGUE con ordinanza 12 dicembre 2013, C-50/13, Papalia, cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cass. 2 dicembre 2013, n. 26951.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia insufficienza della motivazione per omesso esame dei diversi contratti oggetto di impugnazione, in quanto anche se, in ipotesi, si ritenesse sussistente una norma interna conforme a quella UE, in ogni caso in base alla sentenza della CGUE 26 gennaio 2012, Kiicuk, C586/10, per escludere o affermare l’esistenza di un abuso il giudice nazionale deve verificare in concreto le circostanze proprie di ogni vicenda, a partire dal numero dei contratti a termine stipulati e dalla durata complessiva degli stessi. Mentre, nella specie, ciò non è stato fatto dalla Corte d’appello.

1.5. Con il quinto motivo si denunciano: a) violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 e della clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE; b) difetto e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla comparabilità degli assunti con contratto a termine con gli assunti con contratto a tempo indeterminato, rilevandosi che i ricorrenti, per ogni nuova assunzione, sono sempre stati inquadrati nella classe retributiva iniziale senza applicazione della progressione stipendiale prevista per il personale assunto a tempo indeterminato, in base al sistema degli scaglioni previsto dal CCNL di Comparto.

Tale trattamento si pone in contrasto con la giurisprudenza della CGUE ed è discriminatorio, anche per quanto riguarda il computo, solo per un terzo, dell’anzianità eccedente il quadriennio, applicato dal MIUR.

La domanda viene proposta sia sotto il profilo risarcitorio sia sotto il profilo retributivo, muovendo dalla premessa che la mera qualificazione del rapporto come rapporto a termine non di ruolo non può di per sè giustificare una diversa considerazione dell’anzianità di servizio rispetto al personale di ruolo.

III – Esame delle censure.

2. L’esame delle censure porta al rigetto del primo motivo e all’accoglimento degli altri motivi.

3. Nel primo motivo si prefigura una violazione del principio del giudice naturale (che si collega a quello dell’imparzialità) derivante dalla disposta assegnazione, dopo la relativa pendenza delle sole cause in cui era in giudizio il MIUR (con numeri di ruolo individuati), a collegi composti da due consiglieri delle Sezioni civili della Corte (designati come relatori) ed un magistrato della Sezione lavoro della Corte.

Al riguardo deve essere, in primo luogo, rilevato che in base alla modifica apportata dalla L. 30 luglio 2007, n. 111, art. 4, comma 19, lett. a) e b), all’art. 7-bis dell’O.G. a decorrere dal 31 luglio 2007 “la violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati”.

Sicchè la censura si rivela infondata già per effetto dell’applicazione della suddetta normativa.

Peraltro, va anche sottolineato che i ricorrenti sostengono che i suddetti principi – la cui tutela è prevista nell’art. 25 Cost., comma 1, artt. 101 e 111 Cost., nonchè negli artt. 6 e 13 CEDU e nell’art. 47 della Carta UE – vadano rigidamente riferiti alla “persona fisica” del giudice.

Va però osservato che, sebbene la nostra Costituzione riferisca tali principi fondamentali per lo svolgimento della funzione giurisdizionale tendenzialmente al giudice persona fisica, tuttavia, come affermato reiteratamente dalla Corte costituzionale la suddetta esigenza va bilanciata con quella di assicurare il buon funzionamento dell’ufficicda parte del suo Capo.

Quindi se è chiaro che le assegnazioni degli affari non debbono essere arbitrarie va riconosciuta la discrezionalità spettante ai Capi degli uffici per l’assegnazione degli affari, con la precisazione che il relativo potere deve essere rivolto unicamente al soddisfacimento di obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio, allo scopo di rendere possibile il funzionamento dell’ufficio e di agevolarne l’efficienza, restando, invece, esclusa qualsiasi diversa finalità (Corte Cost., sentenze n. 143 e n. 144 del 1973; ordinanza n. 93 del 1988; sentenze n. 127 del 1979; n. 460 del 1994 e n. 272 del 1998).

Anche da questo punto di vista il primo motivo va respinto in quanto, nella specie, dalla motivazione del decreto del Presidente della Corte d’appello richiamato e posto a base della contestata assegnazione risulta evidente la non configurabilità di alcuna lesione dei suindicati principi.

Quindi, per molteplici ragioni, il primo motivo è da respingere.

4. Gli altri motivi – da trattare insieme perchè intimamente connessi vanno invece accolti, per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.

5. I principi affermati da questa Corte

Questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 22557) e con numerose altre decisioni successive conformi, ha affrontato tutte le questioni che oggi vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016), nella sentenza n. 22552/2016 (punti da 118 a 125) ha affermato i principi di diritto che seguono:

“A) La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza 2 dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità”;

“B) Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”;

“C) Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione”;

“D) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle 3 graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109″;

“E) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali”;

“F) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza”;

“G) Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016”;

“H) Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima”.

6. Nella già richiamata sentenza n. 22552/2016 questa Corte ha dichiarato (p. 104) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento alla diversità di trattamento rispetto al personale docente riservata dalla L. n. 107 del 2015 al personale tecnico ed amministrativo (ATA), al quale non è stato esteso il piano straordinario di assunzioni, riservato al solo personale docente (art. 1, comma 95).

7. Inoltre (p. 110) ha disatteso la richiesta di avvio, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, formulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE 1999, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e sull’ipotizzato contrasto del principio di uguaglianza e non discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel Comparto Scuola, e per i contratti a termine stipulati con gli enti pubblici economici e con i datori di lavoro privati, là dove il legislatore nazionale ha escluso i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in caso di applicazione delle regole interne di recepimento della suindicata direttiva 1999/70/CE, emanate in attuazione dell’art. 117 Cost., comma 1, senza prevedere alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva neanche sotto il profilo del risarcimento del danno”.

Tanto perchè: la sentenza della CGUE 14 settembre 2016, in cause riunite C 184/15 e C 197/15 era riferita ad una fattispecie nella quale al divieto di conversione si accompagnava l’assenza di altra misura effettiva per evitare e sanzionare gli abusi (p. 27); il criterio di parametrazione del danno al valore del posto di lavoro a tempo indeterminato postula che si faccia riferimento ad un evento, la conversione del rapporto, che contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost. (p. 109); rientra nella competenza dello Stato italiano determinare le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, cosa che è stata fatta dal legislatore ordinario dando attuazione all’art. 97 Cost., comma 4, che sancisce il principio fondamentale secondo cui l’instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni avviene, di regola, mediante pubblico concorso (p.112); tale elemento è del tutto estraneo alla disciplina del lavoro svolto alle dipendenze di datori di lavoro privati e questo rappresenta uno dei fattori di maggiore diversificazione di tale rapporto rispetto al rapporto di lavoro (anche contrattualizzato) alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (Corte Cost. sentenze n. 146 del 2008, n. 82 del 2003, n. 275 del 2001), sicchè la mancata previsione della stabilizzazione del rapporto di lavoro pubblico, per effetto della conversione dei rapporti a termine irregolari in rapporti a tempo indeterminato, non può dare luogo ad alcuna ingiustificata discriminazione, contrastante con il principio di eguaglianza (p. 113); l’eventuale sussistenza di un’ingiustificata diseguaglianza e/o discriminazione presuppone un giudizio comparativo tra situazioni fra loro confrontabili, ciò vale sia per quanto riguarda l’art. 3 Cost. sia per quel che concerne il principio fondamentale di non discriminazione del diritto UE (p.114); la stessa CGUE, con giurisprudenza costante, ha precisato che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro medesimo non sancisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (p. 115).

8. Infine nella richiamata sentenza n. 22552 del 2016 questa Corte ha disatteso anche la richiesta di avvio della procedura di rinvio pregiudiziale per la parte riguardante la mancata previsione di “alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva sotto il profilo del risarcimento del danno”, in quanto la CGUE ha già ripetutamente esaminato tale questione e alle relative pronunce è stato dato seguito nella decisione che il Collegio assume nella presente controversia (p.16).

9. L’ordinanza della Corte di Appello di Trento in data 13 luglio 2017 ai sensi dell’art. 267 TFUE. Con ordinanza del 13 luglio 2017, nel procedimento Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro R.F., Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, la Corte di Appello di Trento ha domandato, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, alla Corte di Giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, e, in particolare, sulla questione “Se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (…) debba essere interpretata nel senso che osta all’applicazione della L. n. 107 del 2015, art. 1, commi 95, 131 e 132, che prevedono la stabilizzazione degli insegnanti a termine per il futuro, senza effetto retroattivo e senza risarcimento del danno, quali misure proporzionate, sufficientemente energiche e dissuasive per garantire la piena efficacia delle norme dell’accordo quadro in relazione alla violazione dello stesso per l’abusiva reiterazione di contratti a termine per il periodo anteriore a quello in cui le misure, di cui alle norme indicate, sono destinate a produrre effetti”.

La Corte di Appello di Trento aveva dubitato della conformità dell’orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte nelle sentenze dell’ottobre del 2016 all’accordo quadro e i principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401).

Essa, in particolare, aveva evidenziato che questa Corte, basandosi sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale, aveva statuito che le disposizioni transitorie di cui alla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, sull’assunzione in via straordinaria dei docenti utilmente inseriti nelle graduatorie, davano attuazione alle regole enucleate dalla Corte nella sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C418/13, EU:C:2014:2401).

10. La sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019 Causa C494/17, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro R.F. e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti.

La Corte di Giustizia con la sentenza dell’8 maggio 2019 Causa C- 494/17 ha statuito che “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorchè una siffatta trasformazione non è nè incerta, nè imprevedibile, nè aleatoria e la limitazione del riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della suddetta successione di contratti di lavoro a tempo determinato costituisce una misura proporzionata per sanzionare tale abuso, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.

Essa, in continuità con la propria giurisprudenza (ha richiamato in più punti le sentenze Santoro, C-494/16, Sciotto C- 331/2017, Fiammingo e a, C362/13, C-363/13 e C-407/13, Mascolo e a., C- 22/2013, da C-61/13 a C63/13 e C-418/13), ha evidenziato (p. 30) che nella sentenza Mascolo era stato affermato che la normativa nazionale anteriore alla L. 13 luglio 2015, n. 107 non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro e che “l’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie ed imprevedibili, essendo determinate della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonchè dei posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”, precisando (p.31) che le affermazioni contenute nella sentenza Mascolo erano fondate sul fatto che il termine di immissione dei docenti era tanto variabile quanto incerto”.

Ciò ha fatto la Corte di Giustizia per sottolineare (p.32) la diversità del quadro normativo che connotava la fattispecie sottoposta al suo esame dalla Corte di Appello di Trento.

Diversità che ha colto nel fatto che:”il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari”, attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato” e nella circostanza, rappresentata dal Governo italiano (p.33), che “proseguivano, in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie la L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, prevede, a tal riguardo, che il piano straordinario di assunzioni è attuato…..per la copertura di tutti i posti (…) rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 (D.Lgs. n. 297 del 1994), vale a dire le immissioni in ruolo sulla base dell’avanzamento nella graduatoria permanente”.

10.1. Sulla scorta di tali considerazioni la Corte di Giustizia ha ritenuto che (p. 34) “sembra quindi, ferme restando le verifiche incombenti al giudice del rinvio, che le assunzioni straordinarie e i procedimenti ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399, come quello che ha portato all’immissione in ruolo del sig. R., riguardano la stessa categoria di personale docente, e che, pertanto, il rapporto di lavoro a tempo determinato del sig. R. doveva essere oggetto di trasformazione al più tardi alla fine dell’anno scolastico 2015/2016 o sulla base della conclusione di un procedimento di immissione in ruolo già in corso, oppure in forza del piano straordinario di assunzioni” ed ha ritenuto (punto 35) che “Questa circostanza, a ritenerla appurata, consente di affermare che la situazione del sig. R. si colloca, a motivo della riforma istituita dalla L. n. 107 del 2015, in un contesto notevolmente diverso, da un punto di vista di fatto e di diritto, rispetto a quello oggetto della sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401)”.

Al riguardo ha osservato che (p.36) “infatti contrariamente alla situazione dei docenti di cui trattavasi nella causa decisa con la suddetta sentenza (Mascolo, ndr) la trasformazione del rapporto di lavoro non era incerta e non aveva carattere imprevedibile e aleatorio, dato che era stata resa obbligatoria dalla L. n. 107 del 2015”.

Nella sentenza dell’8 maggio 2019 la Corte di Giustizia, citando la sentenza Santoro C-494/16 (p. 47) e la sentenza Motter C-466/17 (p.48), in ordine alla compatibilità del limitato effetto retroattivo della trasformazione del rapporto di lavoro, di cui aveva beneficiato il R., con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo quadro, e al trattamento differenziato fruito dai lavoratori privati in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato (trasformazione del rapporto a tempo indeterminato dalla data di stipula del primo contratto di lavoro) ha ritenuto (p.49) che “non si può escludere che la limitazione dell’efficacia retroattiva della trasformazione del rapporto di lavoro di cui ha beneficiato il sig. R. possa essere giustificata, almeno in parte, a motivo delle peculiarità del settore pubblico”.

Ha, però, (p. 50) sottolineato che nel caso di specie “il riconoscimento dell’anzianità che è stato accordato al sig. R. resta nettamente inferiore al periodo di occupazione in forza di contratti di lavoro a tempo determinato” ed ha affermato (p.51) che “Se è vero che uno Stato membro può legittimamente, nell’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, prendere in considerazione esigenze di un settore specifico come quello dell’insegnamento, tale facoltà non può essere intesa nel senso di consentirgli di esimersi dall’osservanza dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 118). Una tale misura deve rivestire, in particolare, come ricordato al punto 28 della presente sentenza, un carattere proporzionato”.

10.2. Ha, quindi, rimesso (p.52) al giudice nazionale di valutare se, tenuto conto, da un lato, della possibile giustificazione della limitazione del riconoscimento dell’anzianità acquisita in forza di contratti di lavoro a tempo determinato e, dall’altro, della durata particolarmente lunga dell’abuso di cui è stato vittima il sig. R., il riconoscimento della sua anzianità retroattivo al 1 gennaio 2014 costituisca una misura di carattere proporzionato al fine di sanzionare debitamente detto abuso e di cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione ai sensi della giurisprudenza citata al punto 28 della presente sentenza”.

11. Ricadute della sentenza della Corte di Giustizia 8 maggio 2019 causa C-494/17 sui principi affermati da questa Corte nelle sentenze del 18.10.2016 e nelle altre successive conformi in relazione al personale docente.

11.1. Nella sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019 l’ordinamento giuridico italiano è stato scrutinato con specifico riferimento alle disposizioni della L. n. 107 del 2015 relative al piano straordinario di assunzioni previsto per il personale docente “precario” (che viene qui in considerazione) e sono state evidenziate le novità introdotte da tale legge nell’ordinamento rispetto al quadro normativo preesistente ed esaminato nella sentenza “Mascolo”.

In primo luogo la Corte di Giustizia, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha rammentato (punto 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e che (p. 39) “come emerge dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito delle misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori”.

La CGUE ha anche ricordato (p. 40) che “una normativa recante una norma imperativa ai sensi della quale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è tale da costituire una misura che sanziona in modo efficace un abuso di questo tipo e, quindi, da soddisfare i criteri ricordati ai punti 27 e 28 della presente sentenza”.

Inoltre, in linea di continuità con la propria giurisprudenza, ha ribadito (punto 41) che “La giurisprudenza non richiede, tuttavia, un cumulo di misure” e che (p. 42) “nè il principio del risarcimento integrale del danno subito nè il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi, sul rilievo (p. 43) che “tali principi impongono agli Stati membri di prevedere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale”.

11.2. Con riguardo alla doglianza relativa alla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori che hanno ottenuto una condanna del loro datore di lavoro a causa del ricorso abusivo a contratti a tempo determinato prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015 e che avrebbero potuto, in forza della normativa anteriore, cumulare un risarcimento e il beneficio di un’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la Corte di Giustizia ha osservato (punto 44) che “la disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato risultante da una riforma della normativa applicabile non rientra nell’ambito del principio di non discriminazione sancito alla clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza del 21 novembre 2018, Viejobueno Ibafiez e de la Vara Gonzalez, C-245/17, EU:C:2018:934, punti 50 e 51)”.

11.3. Ha, quindi, concluso che (p.45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

12. Ebbene, avuto riguardo ai principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza R. deve essere oggi ribadito (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) che l’immissione in ruolo scelta dal legislatore italiano del 2015 rappresenta una delle misure alternative, idonee a sanzionare e a cancellare l’illecito comunitario, individuate dalla Corte di Giustizia, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.

Devono essere al riguardo richiamate le considerazioni svolte da questa Corte nella più volte richiamata sentenza n. 22552 del 2016 sul rilievo da attribuire (p.n. 79), con riguardo alle posizioni coinvolte nella disciplina del nuovo regime, “alle disposizioni transitorie contenute nella L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, che hanno autorizzato il MIUR, per l’anno 2015/2016, ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle immissioni in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 del T.U di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, al termine delle quali sono soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012” ed alla circostanza che (punto n. 80) “il comma 97 della legge in esame stabilisce che si tratta di un concorso “riservato” ai soggetti iscritti, alla data di entrata in vigore della legge, (a) nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del MIUR n. 82/2012 e (b) nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c), e successive modificazioni (la disposizione è conforme all’art. 97, comma 4, ultima parte, ex multis, Corte Cost., sentenze nn. 134/2014; 217/2012; 89/2003; 320/1997; 205/1996, dianzi richiamate)”.

12.1. Nella sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016 (pp. nn. 81 e 82) è stato precisato che la strada satisfattiva della immissione in ruolo con previsione rigorosa dei tempi, costituisce ad un tempo una sanzione e, dal punto di vista del beneficiario, una riparazione “in linea di principio la più ragionevole e soddisfacente tanto per lo Stato che vede assicurata la indispensabile provvista di docenti stabili – quanto per il richiedente, in quanto gli attribuisce il bene della vita, la cui certezza di acquisizione era stata lesa dalla condotta inadempiente realizzata dalla Amministrazione”, ed è stato considerato (p. n. 83) che la stabilizzazione è “ben più satisfattiva di quella per equivalente che sarebbe spettata al personale scolastico assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a termine sulla scorta del “diritto vivente” costituito dai principi affermati dalle SSUU di questa Corte nella sentenza n. 5072/2016…” ed ai quali la sentenza n. 22552 ha dato continuità.

13. Inoltre, deve oggi essere ribadito il principio secondo cui per il personale docente anche l’immissione in ruolo effettuata sulla base del sistema di avanzamento reso possibile dalle previgenti regole sul reclutamento rispetta i principi di equivalenza ed effettività (p. n. 85 della sentenza n. 22552 del 2016) poichè “il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto, per il (tardivo, imprevedibile nè atteso) funzionamento del sistema di reiterate assunzioni, il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato”.

13.1. L’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni sono state, d’altra parte, riconosciute anche dalla Corte di Giustizia nella sentenza R. (pp. nn. 3437).

14. Va anche osservato che, come già statuito nella sentenza n. 22522 del 2016 (pp. nn. da 86 87), nelle ipotesi di reiterazione di contratti a tempo determinato, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico e ausiliario, per la copertura di posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, l’avvenuta stabilizzazione non preclude affatto la proponibilità della domanda per il risarcimento dei danni diversi e ulteriori rispetto a quelli esclusi dalla immissione nei ruoli, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016 e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016 (p.n. 18.2).

Con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova dei danni ulteriori, che grava sul lavoratore, non beneficiato in caso di stabilizzazione dalla agevolazione probatoria di cui alla citata sentenza delle Sezioni Unite, non risulta insormontabile nè difficoltoso perchè il sistema delle graduatorie ad esaurimento offre dati oggettivi (posizione ricoperta nella graduatoria, vacanze di organico, termini previsti, anche se non rispettati, dal T.U. per l’indizione dei concorsi e per le operazioni di immissione in ruolo) dai quali agevolmente desumere, se allegati, la mortificazione della possibilità di accedere l’impiego stabile.

15. Sulla scorta delle considerazioni svolte deve, in conclusione, riaffermarsi che l’immissione in ruolo avvenuta in virtù del sistema di avanzamento reso possibile dalle previdenti regole sul reclutamento e anche dai piani straordinari ordinari di assunzione previsti dalle leggi dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c, dalla L. 30 ottobre 2008, n. 169 di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 1 settembre 2008, n. 137, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, dalla L. 8 novembre 2013, n. 128 di conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 settembre 2013, n. 104, rispetta i principi di equivalenza e di effettività perchè il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque ottenuto per il (tardivo) funzionamento del sistema di reiterazione assunzioni il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio (sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016, p. n. 85) e perchè ha la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori rispetto a quest’ultima.

16. Deve aggiungersi che l’illecito, oltrechè “tendenzialmente riparato” dalla avvenuta stabilizzazione e dalla possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori deve ritenersi anche “oggettivamente represso” avuto riguardo alla definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento effettivamente esaurite (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 105), per entrambe le categorie di personale (docente e ATA), alla cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa, alla efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113), alla previsione (L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131,) di un limite alla reiterazione delle supplenze, che a decorrere dal 10 settembre 2016 non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi.

17. Con la precisazione, con riguardo alla disposizione contenuta nel richiamata L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 131, che il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, art. 4-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, che ne ha previsto l’abrogazione, non è applicabile “ratione temporis” alla fattispecie in esame.

18. Infine, con riguardo alle considerazioni esposte nella sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza dell’8 maggio 2019 causa C-494/1 in ordine alla compatibilità del limitato effetto retroattivo della trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo quadro, si impone una ulteriore considerazione di massimo rilievo.

Questa Corte è stata chiamata a pronunciare (Udienza del 15 ottobre 2019 causa RGN 29332/2018) sulla conformità alla clausola 4 dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE) del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, artt. 569 e 570 (fatti propri dalla contrattazione collettiva di comparto) che fa discendere effetti giuridici ed economici dall’anzianità di servizio, che condiziona sia la progressione stipendiale sia, in genere, lo svolgimento del rapporto.

19. Ebbene, nel rispetto del dovere di conformazione del diritto interno a quello UE, ritenuta preclusa l’interpretazione conforme, è stato affermato che “In tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 del cit. decreto, come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, nè applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”.

20. Pertanto anche sul versante degli effetti della stabilizzazione sulla anzianità di servizio il diritto interno risulta conforme alla clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.

21. Conclusivamente, vanno affermati i principi di diritto che seguono:

“Nelle ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10 luglio 2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali”.

Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SU di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza”.

“In tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 del decreto, come integrato dal L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato; il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, nè applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”.

IV – Conclusioni.

22. In sintesi, vanno respinte tutte le censure formulate sul presupposto, erroneo, dell’applicabilità ai contratti a termine dedotti in giudizio della disciplina di carattere generale del contratto a tempo determinato contenuta, “ratione temporis”, nel D.Lgs. n. 368 del 2001.

Per il resto, la sentenza impugnata non risulta conforme ai principi suesposti e va quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati, dopo aver accertato se i ricorrenti sono stati immessi nei ruoli del MIUR per effetto della L. n. 107 del 2015 o per mezzo di interventi diversi ed hanno così ottenuto il bene della vita per il quale hanno agito in giudizio e se comunque i ricorrenti nell’originaria domanda, abbiano allegato l’esistenza di danni ulteriori e diversi rispetto a quelli “risarciti” dalla immissione in ruolo, la cui prova grava sul lavoratore e che mai potrebbero identificarsi con quelli “da mancata conversione e quindi da perdita del posto di lavoro”, secondo quanto affermato nella predetta decisione delle SU n. 5072 del 2016 cit..

Inoltre, il giudice del rinvio dovrà procedere al computo dell’anzianità da riconoscere ad ogni effetto ai docente assunti a tempo determinato, poi immessi in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per gli assunti a tempo indeterminato, secondo quanto stabilito dalla recente sentenza di questa Corte dianzi richiamata (punti 19 e 20).

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e accoglie gli altri, nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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