Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1041 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 12/02/2020, dep. 20/01/2021), n.1041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9422/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

UNITED PARCEL SERVICE ITALIA SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

ZOCCALI ANDREA, dall’Avv. CASO NICOLA e dall’Avv. COLUCCI BENEDETTO,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Savoia, 37;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 3921/2018, depositata il 21 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 27 ottobre 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La contribuente, in qualità di spedizioniere doganale, ha impugnato un avviso di accertamento e rettifica per maggiori diritti di confine e sanzioni, emesso a seguito di procedimento di revisione doganale relativo a bollette di importazione di prodotti di abbigliamento a marchio “(OMISSIS)”, a seguito del quale è stato ricompreso nel valore di transazione delle merci anche il corrispettivo dei diritti di licenza dovuti dall’importatore Guess Europe SAGL al licenziante Guess Inc..

La CTP di Milano ha accolto il ricorso della contribuente e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 21 settembre 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio.

Il giudice di appello ha ritenuto che nel valore di transazione delle merci importate non fosse ricompreso il valore dei diritti di licenza dovuti dall’importatore al licenziante, osservando come il valore di transazione delle merci in dogana, a termini dell’art. 29, par. 1, Reg. (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913 (CDC), non deve essere maggiorato dei diritti di licenza, a termini dell’art. 32 CDC, par. 1, lett. C e 157, 160 Reg. (CEE) 2 luglio 1993, n. 2454 (DAC), non costituendo il pagamento dei diritti di licenza condizione della vendita. A questo proposito, il giudice di appello ha ritenuto rilevanti le circostanze in fatto che i diritti di licenza sono calcolati in una percentuale (7-8%) del fatturato della licenziataria e non sulle importazioni o sugli acquisti e che la licenziataria dispone di un proprio “centro stile”, autonomo rispetto alla licenziante, nonchè la mancata prova che licenziante possa impedire al licenziatario di vendere le merci in caso di mancato pagamento delle royalties. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che lo spedizioniere doganale in regime di rappresentanza indiretta doganale non risponda dell’erroneità dei dati, non ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 201 CDC, par. 2,.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; resiste con controricorso parte contribuente.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 29 e 43 CDC, agli artt. 143, 157, 159 e 160 DAC, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso dal valore di transazione il valore dei diritti di licenza corrisposti dall’importatore al licenziante Guess Inc. Evidenzia il ricorrente analogie tra il caso di specie e la vicenda già decisa da questa Corte (Cass., Sez. V, 6 aprile 2018, n. 8473), facendo leva sul Commento n. 3 e n. 11 del Comitato del Codice doganale (TAXUD/800/2002), in relazione ad alcune clausole del contratto di licenza tra importatore e licenziante del Codice di Condotta dell’importatore. Deduce il ricorrente che tali clausole evidenzierebbero “condizioni di vendita implicite”, nonchè l’esistenza di un controllo gestionale del licenziante sul produttore e, in particolare:

– la clausola 5.3 del contratto di licenza, secondo cui il licenziante, previo esame di un prodotto finito rappresentativo (campione), può rimuovere il marchio da tale prodotto;

– la clausola 4.2 del contratto di licenza, secondo cui il licenziatario importatore garantisce che il fabbricante terzo abbia le capacità richieste dalla licenziante per fabbricare le merci prodotte;

– una non meglio specificata clausola del Codice di Condotta e dei contratti di compravendita tra importatore e produttori (Factory Vendor Agreement), secondo cui il produttore sarebbe vincolato a linee guida del licenziante in relazione agli “obiettivi produttivi stabiliti dal” licenziante;

– le clausole n. 5.3 e 5.4 del contratto di licenza, che prevedono il diritto di un terzo, incaricato dal licenziante, di monitorare il processo produttivo e i prodotti e l’art. 7.1 sul controllo degli imballaggi;

– la clausola 12.2 lett. c) del contratto di licenza, che assoggetta a controllo del licenziante il business plan del licenziatario.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 201 CDC in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non sussistere la responsabilità dello spedizioniere in regime di rappresentanza indiretta, non sussistendo erroneità nei dati della dichiarazione doganale. Evidenzia come tale deduzione non sia mai stata fatta valere e deduce che la responsabilità incombe sullo spedizioniere in regime di rappresentanza indiretta quale dichiarante.

2 – Vanno rigettate le preliminari eccezioni di inammissibilità articolate dal controricorrente per assenza di critica della sentenza impugnata, ricavandosi ampiamente le censure alla sentenza impugnata dalle argomentazioni contenute nel ricorso, nonchè per riproposizione di questione di fatto già esaminata in conformità nei due gradi del giudizio di merito, posto che il ricorrente deduce la violazione della normativa doganale in materia di controllo indiretto.

3 – Diversamente, in conformità a quanto deduce il controricorrente, il primo motivo del ricorso è inammissibile, posto che la violazione della normativa doganale viene declinata attraverso la deduzione della violazione dei criteri ermeneutici utilizzati dal giudice del gravame, criteri non specificamente dedotti.

3.1 – Invero, il ricorrente, al fine di considerare ricompresi nel valore di transazione delle merci in dogana i diritti di licenza, benchè non inclusi nel prezzo, quale condizione “implicita” per la vendita indipendente da un’espressa previsione tra le parti (Cass., Sez. V, 5 giugno 2020, n. 10685), nonchè (trattandosi di beni prodotti da terzi) al fine di individuare la sussistenza del potere di controllo sul produttore da parte del licenziante (Cass., Sez. V, 21 giugno 2019, n. 16695), censura (‘esegesi compiuta analiticamente dalla Commiss ne Regionale in ordine alle clausole contrattuali indicate nel motivo in esame (alcune indicate genericamente) sulla base del cui esame è stata esclusa la sussistenza della ricomprensione dei diritti di licenza nel valore di transazione (Cass., Sez. V, 31 maggio 2019, n. 14990).

3.2 – Nel qual caso, va richiamato il principio secondo cui la denuncia di un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale richiede non solo il richiamo nel parametro normativo delle regole di diritto comune di interpretazione del contratti (artt. 1362 c.c. e ss.), ma anche la specificazione dei canoni interpretativi che in concreto si assumano violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni (Cass., 27 giugno 2018, n. 16987; Cass., Sez. III, 28 novembre 2017, n. 28319).

3.3 – Tale principio è fatto proprio da questa Corte in casi analoghi a quello di specie, laddove si è ritenuto inammissibile il ricorso – volto a denunciare l’erronea esclusione dal valore di transazione dei diritti di licenza per assenza del controllo gestionale, anche indiretto, del licenziante sul produttore – nel quale non siano stati indicati “sotto quale aspetto le norme regolanti in concreto i criteri di identificazione della base di computo delle imposte doganali sarebbero state violate” (Cass., Sez. V, 30 dicembre 2019, n. 34611; conf. Cass., Sez. V, 13 febbraio 2020, n. 3595; Cass., Sez. V, 30 dicembre 2019, n. 34610; Cass., Sez. V, 30 dicembre 2019, n. 34609).

3.4 – Nel caso di specie il ricorrente, come evidenziato dal controricorrente, lungi dall’evidenziare la violazione delle regole ermeneutiche compiute dal giudice di appello, al fine di evidenziare un controllo gestionale del licenziante sui produttori, si è limitato a riporta alcune clausole negoziali (peraltro, richiamate genericamente e non ritrascritte, diversamente da quanto fatto dal controricorrente), senza analiticamente i vizi ermeneutici in cui sarebbe incorso il giudice di appello.

4 – L’esame del secondo motivo di ricorso è assorbito, essendo il rigetto del primo motivo idoneo a confermare la sentenza impugnata.

5 – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo assorbito il secondo, condanna l’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore di UNITED PARCEL SERVICE ITALIA SRL, che liquida in complessivi Euro 510,00, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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