Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10409 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 01/06/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 01/06/2020), n.10409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

HUSSAIN KHALID, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ AGRICOLA B. S.S., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ELIO VULPIS,

ANTONIO DE FEO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. della CORTE D’APPELLO di

BRESCIA, pronunciata in udienza e comunicata il 27/04/2017 R.G.N.

544/2016 + 545/2016; avverso la sentenza del TRIBUNALE di BRESCIA n.

1026/2016 pubblicata il 16/09/2016 R.G.N. 1539/2015;

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G.;

proposto da:

A.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI;

– ricorrente successivo –

contro

SOCIETA’ AGRICOLA B. S.S., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ELIO VULPIS,

ANTONIO DE FEO;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. della CORTE D’APPELLO di

BRESCIA, pronunciata in udienza e comunicata il 27/04/2017 R.G.N.

544/2016 + 545/2016;

avverso la sentenza N. 812/2016 del TRIBUNALE DI BRESCIA, pubblicata

il 17/08/2016 R.G.N. 1540/2015; udita la relazione della causa

svolta nella pubblica udienza del 14/11/2019 dal Consigliere Dott.

PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo con assorbimento altri motivi, in subordine inammissibilità

motivi che attengono alla questione sostanziale;

udito l’Avvocato ANTONIO CARBONELLI;

udito l’Avvocato CLAUDIO LUCISANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza pronunciata all’udienza del 27 aprile 2017 la Corte di appello di Brescia, disposta la riunione dei giudizi, ha dichiarato inammissibili, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., i gravami proposti avverso le sentenze del Tribunale della medesima sede n. 1026/2016 e n. 812/2016 rispettivamente da Khalid Hussain e da A.M.: sentenze con le quali erano stati respinti i ricorsi dei lavoratori diretti all’accertamento della illegittimità, sotto diversi profili, dei numerosi contratti a termine intercorsi con la Società Agricola B. s.s. per lo svolgimento di attività stagionali discontinue.

2. Avverso dette sentenze di primo grado nonchè avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori a mezzo di distinti atti di impugnazione, entrambi con quattro motivi di identico tenore, assistiti da memoria, cui la Soc. Agricola B. s.s. ha resistito con distinti controricorsi.

3. I ricorsi, già assegnati all’adunanza camerale del 18 giugno 2019, sono stati rinviati a nuovo ruolo per consentirne la trattazione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta ex art. 360 n. 4 la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 348 ter c.p.c., in quanto pronunciata dopo che il giudice di appello aveva proceduto alla trattazione e alla discussione della causa.

2. Con il secondo motivo viene (in subordine al primo) dedotta la nullità dell’ordinanza ancora per violazione dell’art. 348 ter c.p.c., in quanto il giudice di appello, nel pronunciarla, aveva compiuto anche uno scrutinio sul merito dei gravami.

3. Con il terzo viene dedotta ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione al “considerando n. 6” e alla “clausola n. 5” della Direttiva 1999/70/CE concernente il lavoro a tempo determinato, per avere l’ordinanza pronunciata in appello e le sentenze di primo grado considerato legittima la reiterazione dei contratti a termine nel settore agricolo pur in assenza delle condizioni previste dalla normativa comunitaria (ragioni obiettive per il rinnovo; durata massima totale dei successivi rapporti a termine; numero dei rinnovi contrattuali).

4. Con il quarto viene denunciata la illegittimità della condanna degli appellanti alle spese di giudizio, sebbene nella specie si fosse in presenza di un caso di assoluta novità della questione giuridica trattata, come tale idonea a legittimare ex art. 92 c.p.c. la loro compensazione.

5. Premesso che l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. è ricorribile per cassazione per vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale, purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso (Cass. n. 20861/2018), si osserva che è fondato e deve essere accolto il primo motivo di ricorso.

6. L’art. 348 ter c.p.c. dispone che “all’udienza di cui all’art. 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l’appello, a norma dell’art. 348 bis, comma 1, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi” (comma 1).

7. La previsione che l’ordinanza, con la quale l’impugnazione è dichiarata inammissibile per non avere “una ragionevole probabilità di essere accolta”, debba essere pronunciata dal giudice competente prima di procedere alla trattazione della causa corrisponde alla “natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste” (Sez. U n. 1914/2016).

8. Ne consegue che risulta viziata, per violazione della legge processuale, l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. che – come nella specie – risulta emessa (non già prima ma) in esito alla discussione della causa, perchè con questa fase del processo si attua la compiuta esposizione delle ragioni in fatto e in diritto che sorreggono le domande e le eccezioni proposte ed un pieno confronto dialettico, tra i difensori delle parti, in ordine alla loro fondatezza.

9. Nè, d’altra parte, appare di ostacolo a tale conclusione la (peraltro solo tendenziale) unicità dell’udienza di discussione nel rito del lavoro.

10. Al riguardo è, infatti, da rilevare: (a) su di un piano letterale, come la norma di cui all’art. 436 bis c.p.c. – nell’estendere all’udienza di discussione nel processo del lavoro la disciplina degli artt. 348 bis e 348 ter – non contenga alcuna proposizione che possa ritenersi avere riguardo a tale unicità (come sarebbe, ad esempio, quella che facesse riferimento ad una misura di “compatibilità” della disciplina con i tratti peculiari del rito speciale); (b) su di un piano contenutistico, come l’udienza di discussione, pur nella sua formale unicità, possa scindersi in frazioni o segmenti successivi ordinatamente volti a configurare momenti distinti, ciascuno connotato da una specifica funzione processuale, con l’effetto di definire il luogo del compimento, da parte del giudice, di singole attività.

11. Su tali premesse è da ritenere che la pronuncia dell’ordinanza ex art. 348 bis, anche nel rito del lavoro, debba collocarsi prima di ogni altra attività, immediatamente dopo la verifica della regolare costituzione delle parti nel giudizio di appello e previo invito del giudice ad un confronto mirato, nell’ottica di quel contraddittorio “allargato” ai difensori delle parti e al giudice, del quale l’art. 101 c.p.c., comma 2, pone un riconoscimento normativo di portata generale.

12. Pertanto, l’impugnata ordinanza della Corte di appello di Brescia deve essere cassata, in accoglimento del primo motivo di entrambi i ricorsi, assorbiti gli altri, e la causa rinviata alla medesima Corte in diversa composizione, la quale – fissata, a seguito di riassunzione, nuova udienza di discussione – si atterrà al principio di diritto e allo schema procedimentale sopra delineati sub n. 11.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di entrambi i ricorsi, assorbiti gli altri; cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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