Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10408 del 29/04/2010

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 26/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. MOSCHELLA Epifanio Carlo,

elettivamente domiciliato preso lo studio dell’Avv. Marco Iozzia in

Roma, Via Terenzio, n. 21;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona del

Ministro pro tempore, e ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONE FRODI DI

PALERMO, SEZ. CATANIA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentati e difesi, per legge, dall’Avvocatura Generale

dello Stato e presso gli Uffici di questa domiciliati in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza del Tribunale di Messina, sezione distaccata di

Taormina, depositata il 2 dicembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 2

6 febbraio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha

concluso per il rinvio della trattazione del ricorso in pubblica

udienza;

sentito, in Camera di consiglio, l’Avvocato Generale Dott. Domenico

Iannelli, che ha concluso per il rinvio della trattazione del ricorso

in pubblica udienza o, in subordine, per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato il 6 luglio 2004, C.G. proponeva opposizione all’ordinanza-ingiunzione n. (OMISSIS), notificata l’8 giugno 2004, con la quale il Ministero delle politiche agricole e forestali – Ispettorato centrale repressione frodi Ufficio di Palermo gli aveva intimato il pagamento della somma di Euro 21.557,68 a titolo di sanzione amministrativa per indebito percepimento di aiuto comunitario nel settore zootecnico;

che, a sostegno dell’opposizione, il ricorrente deduceva: la mancata notifica del verbale di contestazione della violazione e l’omesso rispetto delle formalità di legge; l’infondatezza dell’atto impugnato per ragioni attinenti al merito della sanzione irrogata;

l’insussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito contestato;

l’intervenuta prescrizione quinquennale ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28;

che si costituiva l’Amministrazione convenuta, resistendo alla proposta opposizione;

che l’adito Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina, con sentenza del 2 dicembre 2005 ha rigettato l’opposizione;

che, per quanto qui ancora rileva, il Tribunale ha messo in luce che il Ministero ha documentalmente provato sia l’omesso rispetto da parte del C. della normativa sulla eradicazione delle malattie infettive per le campagne 1997, 1998, 1999 e 2000, sia la falsa esposizione, da parte del medesimo, dell’avvenuto ossequio a detta normativa nel corpo delle domande di accesso al premio per le dette annate;

che il primo giudice ha altresì precisato che non rileva la provata sottoposizione degli animali dell’allevamento del C. alla eradicazione della brucellosi nell’ottobre 2000, in quanto trattasi di adempimento (di molto) successivo alla stessa presentazione della domanda (depositata nel febbraio 2000) di accesso al premio per la campagna 2000;

che per la cassazione della sentenza del Tribunale il C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 gennaio 2007, sulla base di due motivi;

che le Amministrazioni intimate hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo (violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., comma 2, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5; falsa applicazione di norme di diritto;

nullità del procedimento e motivazione illogica e contraddittoria su un punto decisivo della controversia) il ricorrente censura che il primo giudice non abbia riconosciuto l’infondatezza della contestazione ed annullato l’ordinanza-ingiunzione, nonostante in base al verbale redatto dalla Guardia di finanza gli animali del C. risultassero muniti di regolare marchio identificativo, secondo il sistema di identificazione impresso dal Servizio veterinario dell’USL n. (OMISSIS), e da tutti gli atti di causa emergesse che per l’anno 2000 l’azienda era stata sottoposta alla bonifica della brucellosi, così come per gli anni 1997, 1998 e 1999;

che – si sostiene – il C. non avrebbe commesso alcuna frode nè esposto notizie false al fine di ottenere gli aiuti comunitari, ed il Tribunale avrebbe erroneamente considerato il solo verbale redatto dalla Guardia di finanza come prova idonea, quando invece la stessa dovrebbe ritenersi insufficiente;

che il secondo mezzo prospetta “violazione della L. n. 898 del 1986, art. 2, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto”;

che, ad avviso del ricorrente, le violazioni contestate dall’Ispettorato, oltre ad essere infondate, non integrano una falsa rappresentazione della realtà finalizzata a frodare organismi pubblici: difatti, “le disposizioni regolamentari e legislative in materia non subordinano l’erogazione degli aiuti comunitari alla concreta effettuazione dei piani di profilassi richiesti agli organi competenti”, come confermato dal fatto che “malgrado le regolari richieste avanzate dagli allevatori, i piani di risanamento non sono sempre effettuati dagli organi del Servizio veterinario pubblico”;

che nella specie – afferma il ricorrente – “il C. dichiarò direttamente di avere sottoposto i propri animali ai piani di profilassi, per avere presentato regolare richiesta al Servizio veterinario dell’ASL di Taormina”;

che i due motivi – i quali, stante la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati, per la parte in cui non sono inammissibili;

che il primo giudice – con una motivazione congrua, esente da vizi logici e giuridici – ha ritenuto, alla stregua delle risultanze processuali, che il C. aveva dichiarato al momento della richiesta del premio di avere sottoposto gli animali all’eradicazione della brucellosi e che tale circostanza non era vera, perchè era stato accertato che l’opponente aveva sottoposto i capi di bestiame alla eradicazione della brucellosi soltanto nell’ottobre 2000, molto dopo la presentazione della domanda (depositata nel febbraio 2000);

che, dunque, la sentenza ha rimproverato all’allevatore di avere redatto una dichiarazione non vera in funzione dell’ottenimento degli aiuti;

che le articolate deduzioni svolte nel ricorso non valgono a inficiare il ragionamento decisorio del Tribunale;

che, per un verso, la deduzione dell’errore di diritto è svolta per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrata per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia; laddove, secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 1^, 17 maggio 2006, n. 11501), il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 cod. prov.

civ., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilitàr anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione;

che, d’altra parte, la censura del vizio di motivazione è priva di autosufficienza: il ricorrente afferma che in base al verbale redatto dalla Guardia di finanza gli animali del C. erano in realtà muniti di regolare marchio identificativo, secondo il sistema di identificazione impresso dal Servizio veterinario dell’USL n. (OMISSIS), e che da tutti gli atti di causa emerge che i capi di bestiame furono sottoposti alla bonifica della brucellosi, ma non trascrive – come sarebbe stato suo onere (Cass., Sez. 3^, 25 agosto 2006, n. 18506) – le risultanze documentali che il primo giudice avrebbe male o insufficientemente esaminato;

che, in definitiva, i motivi di ricorso si risolvono in un tentativo di rimettere a questa Corte il riesame del merito della vicenda processuale, anzichè il controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta, il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 700,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010

 

 

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