Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10407 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10407 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 3129-2009 proposto da:
CO.CE.MER.

S.P.A.

(c.f./P.I.

01872530751),

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE

Data pubblicazione: 20/05/2015

11, presso l’avvocato CORRADO MORRONE, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2015
673

MARCELLO MARCUCCIO, GRECO GIUSEPPE, giusta procura a
margine del ricorso e procura speciale per Notaio
dott.ssa STEFANIA PALLARA di TRICASE (LECCE) Rep.n. 17017 del 26.3.2015;

1

- ricorrente contro

I.R. IMPRESE RIUNITE S.R.L. (P.I. 01885420545), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
EMILIO BETTI, giusta procura in calce al
controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

449/2007 della CORTE

D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

15/04/2015

dal

Consigliere

Dott.

VITTORIO RAGONESI;
udito, per la ricorrente,

l’Avvocato MARCELLO

MARCUCCIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato NELLO DE
PONTE che ha chiesto il rigetto del ricorso;

MANCINELLI 65, presso l’avvocato NELLO DE PONTE, che

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Presidente del Tribunale di Perugia ingiungeva alla
“CO.CE.MER.

Costruzioni Centro Meridionali s.p.a.”, con

sede in Sternatia (LE) di pagare alla ” I.R.

Imprese Riunite

s.r.l.”, avente sede in Spello (PG), la somma di £ 951.612.851,
oltre interessi e spese.
Il credito vantato era fondato su scrittura privata autenticata del
25/9-28/9/1995 con la quale la società pugliese e quella umbra
avevano concordato di riunirsi in Associazione Temporanea
d’Impresa (A.T.I.) ai sensi dell’art. 22 e sgg. D. L.vo 19-12-1991 n.
406, al fine di partecipare congiuntamente ad ogni attività diretta
all’assunzione ed esecuzione di lavori appaltati dalla Direzione
Generale dell’ANAS di Roma per la realizzazione di un tratto della
S.S. n. 8 Via del Mare-, essendo state entrambe invitate da
detto ente a presentare la propria offerta.
Allo scopo suindicato la “I.R.” aveva conferito alla capogruppo

Con decreto provvisoriamente esecutivo del 19-12-1998 il

”CO.CE.MER.” mandato speciale gratuito irrevocabile e con
rappresentanza per il compimento di atti giuridici inerenti
all’appalto, l’eventuale stipula del contratto ed ogni altro atto relativo

Le imprese riunite si erano aggiudicate l’appalto, per l’importo
complessivo di £ 19.825.267.714 ed il contratto relativo era stato
stipulato il 14-4-1997.
Essendo sorte difficoltà nell’esecuzione dell’appalto, a cagione
dell’emersione di reperti archeologici nel tratto interessato ai
lavori, l’ ANAS, con atto del 27-81998 aveva proceduto alla
“rescissione” del contratto ai sensi dell’art. 345 della legge sui
lavori pubblici (L. 20-3-1865 n. 2248 e art. 41 D.P.R. 16-7-1962
n. 1063), riconoscendo all’A.T.I. il diritto all’indennizzo nella
misura di £ 1.586.021.417 oltre all’I.V.A. per £ 317.204.263, per
un totale di £ 1.903.225.700.
La “CO.CE.MER.”, quale capogruppo, aveva incassato l’indennizzo,
ma si era rifiutata di riconoscere alla “I.R.” la metà della somma
relativa e di qui il ricorso monitorio.
Avverso il decreto proponeva tempestiva opposizione l’ingiunta con

all’esecuzione di esso.

citazione notificata 1’11-2-1999, postulandone la revoca.
L’opponente eccepiva, in sintesi: a)- che la domanda era
improponibile, in quanto la controversia era sottoposta a clausola

in favore di quello di Lecce, nella cui circoscrizione il mandato si
era perfezionato e dove, avendo sede l’opponente, il pagamento
avrebbe dovuto essere eseguito, trattandosi di somma né liquida,
né esigibile; c)- che la domanda era inammissibile, spettando
all’A.T.I. la legittimazione in proposito; d)- che la somma
reclamata non era esigibile, atteso che l’Associazione non si era
sciolta, per la sussistenza di riserve opposte da entrambe le parti,
cosicché si era instaurata la procedura di cui all’art. 31 della L. 112-1994 n. 109 (introdotto dall’art. 9 d.l. 3-4-1995 n. 101 conv.
nella I. 2-6-1995 n. 216), che avrebbe potuto condurre al
riconoscimento di ulteriori debiti da parte dell’ANAS.
Costituitasi la “I.R.”,

chiedeva la reiezione dell’opposizione,

ovvero, in via subordinata, la condanna della controparte al
pagamento della somma di £ 951.612.851, comunque della somma
di giustizia, nonché della somma di £ 200.000.000 quale

compromissoria; b)- che il Tribunale di Perugia era incompetente,

risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’art.
96 c.p.c..
In corso di causa l’attrice ad opponendum aggiungeva ulteriori

per la mancata effettuazione del rendiconto, essendo peraltro
preliminare il rimborso delle spese sostenute dalla mandataria, pari
a £ 500.000.000; che la partecipazione delle due società all’A.T.I.
non era paritaria, ma competeva per /o alla “CO.CE.MER.” e per il
20% alla “LR.”
Con sentenza del 24-6-2002 il Tribunale, in composizione
monocratica, respingeva l’opposizione, confermando il decreto
ingiuntivo, respingeva, altresì, la domanda di condanna per
temerarietà della lite.
Avverso la predetta decisione proponeva gravame la “CO.CE.MER.
s.p.a.” con atto notificato il 4-6-2003, postulandone l’integrale
riforma, con accoglimento dell’opposizione e condanna dell’appellata
alla restituzione della somma riscossa.
Si costituivano le Imprese riunite chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza 449/07, rigettava

difese di merito, assumendo: – che la somma non era esigibile anche

l’impugnazione.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la Co.ce.mer spa
sulla base di due motivi cui resiste con controricorso la I.R. srl.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente contesta la
ritenuta competenza del tribunale di Perugia.
Con il secondo motivo contesta la ritenuta ripartizione paritaria dei
lavori tra le due imprese.
Il primo motivo è inammissibile.
Invero la sentenza impugnata ha ritenuto sussistere la competenza
territoriale del tribunale di Perugia sulla base di due distinte ragioni
basate entrambe sull’art 1182 c.c
La prima riguarda il luogo di conclusione del contratto di mandato
che si sarebbe realizzata in Spello ove la IR avrebbe avuto
conoscenza della accettazione della sua proposta da parte della
Cocemer..
La seconda riguarda invece il luogo in cui l’obbligazione doveva

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

essere adempiuta, che la Corte d’appello ha ritenuto essere il luogo
del domicilio del creditore IR.
Non è dubbio che ciascuna delle due rationes decidendi relative alla

trattandosi di fori alternativi ai sensi dell’art 20 cpc l’attore è libero di
scegliere l’uno o l’altro.
Il motivo in esame censura entrambe le rationes decidendi. Tuttavia il
quesito si riferisce soltanto la seconda delle due rationes.
Ciò comporta che la mancanza di quesito rispetto alla prima delle due
rationes rende il motivo inammissibile in quanto la decisione sulla
competenza resta comunque sorretta dalla decisione del foro
competenente discendente dal luogo ove in contratto si è concluso, in
relazione al quale nessun quesito è stato proposto ( Cass 11650/08
v.anche Cass 28280/08; Cass sez un 8466/08) .
Ancorchè superfluamente, si osserva che ,comunque ,i1 motivo è
inammissibile o in ogni caso infondato anche in relazione alla
seconda ratio decidendi relativa al foro di residenza del creditore.
In primo luogo , infatti, non risulta censurata nel motivo né riportata
nel quesito l’argomentazione di per sé decisiva contenuta nella

competenza è di per sé idonea a sostenere la decisione poiché

sentenza secondo cui, ai fini della determinazione della competenza,
ciò che rileva è la prospettazione fatta dall’attore nella domanda che
nel caso di specie si riferiva alla richiesta di rimessione di un credito

all’A.T.I. derivante dal pagamento ottenuto dalla ricorrente da parte
della stazione appaltante a conclusione dell’ appalto.
In secondo luogo, in riferimento al rendiconto , non risulta neppure
censurato l’argomento ,anch’esso decisivo, contenuto nella sentenza
secondo cui nella presente causa non era stata proposta alcuna
domanda di rendiconto e che tale azione era stata dalla IR
espressamente riservata ad altra sede.
Il secondo motivo è inammissibile sotto diversi profili.
La sentenza impugnata ha fornito una articolata motivazione,
adeguatamente argomentata sia in punto di fatto che di diritto, sulla
infondatezza della tesi della allora appellante secondo cui la
ripartizione delle quote doveva determinarsi in ragione della diversa
capacità finanziaria delle due imprese ( Co.ce.mer 80% – IR 20%)
In particolare ,ha rilevato che , trattandosi di una Associazione
temporanea di imprese a carattere orizzontale in cui non vi erano

liquido ed esigibile costituito dalla propria quota di partecipazione

parti dell’opera scorporabili ed assegnate a determinate imprese
riunite in ragione di una previsione del bando e , non essendo
stabilita nel contratto di appalto alcuna ripartizione delle quote dei

concludersi che le parti avevano inteso prevedere una partecipazione
paritaria tenuto anche conto che nella progettata costituenda società
consortile le parti avevano ciascuna una quota del 50%.
Ha poi osservato, a conferma di ciò, che la IR aveva prestato
fideiussione per un importo pari alla metà del corrispettivo
dell’appalto.
Si è poi soffermata sul differenziale degli elementi tecnico finanziari
tra le due imprese rilevando che i detti elementi rilevavano
esclusivamente per l’ente appaltante ai fini della possesso della
adeguata capacità dell’ appaltatore in ordine all’effettuazione
dell’opera e che la stessa iscrizione nell’ANC era idonea a far
presumere il possesso dei detti requisiti per cui ogni questione
relativa alla ripartizione delle quote tra le imprese facenti parte
dell’ATI era lasciata alla determinazione di queste ultime.
A ciò ha aggiunto che, essendo stato comunque il contratto

lavori nè risultando ciò neppure da accordi interni, doveva

aggiudicato al prezzo di lire 19.825.267.714 ed essendo l’IR iscritta
per lire 9 miliardi da aumentare del 20% ai sensi della legge 584/77
giungendo ad un importo di lire 10.800.000.000, la stessa disponeva

lavori.
Tale motivazione appare anzitutto corretta in punto di diritto alla luce
della giurisprudenza di questa Corte, citata dalla stessa sentenza,
secondo cui in caso di aggiudicazione di un appalto di opera
pubblica, ai sensi degli artt. 20 e seguenti della legge 8 agosto 1977
n. 584, ad una riunione di imprese cosiddette orizzontale (cioè senza
parti dell’opera assegnate a determinate imprese riunite), tutte le
imprese riunite, in difetto di specifiche indicazioni nell’offerta e nel
contratto, hanno il diritto e l’obbligo (cui corrisponde il diritto
dell’amministrazione appaltante) di eseguire l’appalto per quote
uguali. Il patto non scritto con il quale le singole imprese si
accordino nel senso di affidare l’esecuzione dell’appalto ad una
soltanto di esse è nullo per difetto di forma scritta, richiesta “ad
substantiam” per i contratti conclusi con la pubblica
amministrazione, considerato che il patto realizzerebbe una

comunque delle capacità tecnico economiche per effettuare il 50% dei

modifica del contratto di appalto concluso con l’amministrazione.
(Cass 1650/96 v. anche 7287/97).
Il motivo si presenta quindi sotto tale profilo infondato.

laddove tende a contestare in fatto la sussistenza dei requisiti
tecnico finanziari in riferimento a singoli profili.
Trattasi infatti di censure che tendono ad indurre questa Corte ad
una inammissibile rivalutazione del fatto investendo nella sostanza
il merito della decisione.
Aggiungasi che, a seguito della riforma ad opera del d.lgs. n. 40 del
2006, la nuova previsione dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod.
proc. civ., oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e
documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato
in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso,
risulti prodotto. Tale puntuale indicazione, quando riguardi un
documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia
stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369,
secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., anche che esso sia prodotto in
sede di legittimità, con la conseguenza che, in caso di omissione di

Lo stesso si rivela inoltre inammissibile sotto ulteriori aspetti

tale adempimento, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
(Cass 20535/09; Cass sez un 7161/10).
Nel caso di specie, le censure della ricorrente fanno riferimento ad

cui non si dice dove gli stessi siano rinvenibili tra gli atti della fase
di merito né risultano essere stati prodotti in sede di ricorso per
cassazione ai sensi dell’art 369,comma 2 n. 4 cpc.
Il ricorso va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese
processuali liquidate come da dispositivo
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
di giudizio liquidate in euro 8500,00 oltre euro 200,00 per
esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Roma 5.4.15
Il C ns.est.

una serie di documenti ( iscrizione ANC-certificazione Anas ) di

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