Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10407 del 20/04/2021

Cassazione civile sez. I, 20/04/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 20/04/2021), n.10407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13488/2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Mario Novelli, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente avverso il decreto del Tribunale di Ancona depositato il

14/3/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di

consiglio del 14/1/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il tribunale di Ancona, con decreto del 14 marzo 2019, rigettava il ricorso proposto da B.M., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il collegio di merito, in particolare, riteneva che il racconto del migrante, pur credibile, fosse irrilevante ai fini del riconoscimento della protezione richiesta, riferendosi a una situazione di disordine oramai superata a seguito del cambio di potere verificatosi nella (OMISSIS); le attuali condizioni del paese, invece, inducevano a escludere l’esistenza di un conflitto armato o di un’instabilità tale da comportare rischi di persecuzione o di danno grave.

Allo stesso modo non era possibile ravvisare una condizione individuale di elevata vulnerabilità che giustificasse il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso B.M. prospettando quattro motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, perchè il tribunale, pur reputando credibile e circostanziato il racconto del migrante, ha ritenuto che la situazione da lui descritta circa i disordini nel quartiere (OMISSIS) di (OMISSIS) risultasse attualmente superata anche a seguito del cambio di potere.

In realtà il contesto sociale e politico di riferimento era particolarmente complesso e caratterizzato da una situazione di violenza e insicurezza generalizzata in tutto il paese, tanto che autorevoli fonti avevano a più riprese denunciato l’instabilità politica del paese e il perdurare di una diffusa violazione dei diritti umani a scapito della popolazione.

Il giudice di merito, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria a cui era tenuto, ha quindi erroneamente minimizzato il contesto di sicurezza del paese di provenienza.

3.2 Il secondo mezzo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), giacchè il giudice di merito non ha riconosciuto la protezione sussidiaria senza valutare le condizioni della Libia, dove il migrante si era trattenuto dal 2011 radicando la propria vita, e la situazione di violenza indiscriminata in una situazione di conflitto interno esistente in (OMISSIS), alla luce degli ultimi aggiornamenti.

3.3 Il terzo motivo assume la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in quanto il tribunale non ha effettuato neanche una minima istruttoria rispetto alla situazione oggettiva esistente nel paese di origine, con riferimento all’esistenza di una condizione di pericolo dovuta a violenza diffusa e non controllata nè controllabile.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità, sono inammissibili.

4.1 Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

Il tribunale si è ispirato a simili criteri, prendendo in esame una pluralità di informazioni aggiornate, puntualmente indicate all’interno del decreto impugnato, sulla situazione esistente in (OMISSIS) risalenti agli anni 2017 e 2018.

La critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal tribunale, anche facendo leva su decisioni di merito di segno contrario, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

4.2 Il profilo di censura riguardante il mancato reperimento di adeguate informazioni internazionali è inficiato dalla sua genericità.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione di merito, in asserita violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. 4037/2020).

Dunque, il ricorrente per cassazione che intenda denunciare in sede di legittimità la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice di merito non deve limitarsi a dedurre l’astratta violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ma ha l’onere di allegare l’esistenza e indicare gli estremi delle informazioni internazionali che, secondo la sua prospettazione, ove fossero state esaminate dal giudice di merito, avrebbero dovuto ragionevolmente condurre ad un diverso esito del giudizio.

La mancanza di questa allegazione impedisce alla Corte di valutare la rilevanza e decisività della censura, rendendola inammissibile (Cass. 22769/2020).

4.3 La contestazione in merito alla mancata considerazione della situazione della Libia ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria in ragione dell’effettivo radicamento in quello Stato attiene invece ad una questione – comportante accertamenti in fatto – che non è stata affrontata nel decreto impugnato (al cui interno si fa generico riferimento a un imprecisato “paese di transito”, senza indicazione di alcuna asserita condizione di radicamento), sicchè il ricorrente avrebbe dovuto preliminarmente chiarire se una simile questione fosse stata effettivamente e tempestivamente devoluta alla cognizione del giudice del gravame (cfr., fra molte, Cass. 23675/2013).

5. Il quarto motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6 T.U.I., in quanto il giudice di merito ha rigettato la domanda di protezione umanitaria omettendo di valorizzare adeguatamente, quale motivo oggettivo di vulnerabilità, l’attuale situazione di sicurezza della (OMISSIS), aggravatasi in modo preoccupante dal 2017, e quale motivo soggettivo, il buon percorso di integrazione nel paese ospitante, alla luce del reperimento di una regolare occupazione.

6. Il motivo è inammissibile.

6.1 Ai fini del riconoscimento della forma di protezione internazionale in discorso non assume rilievo di per sè la situazione generale del paese di origine del migrante.

In vero il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, quale misura atipica e residuale, è il frutto della valutazione della specifica condizione personale di particolare vulnerabilità del richiedente.

Ne consegue che a tal fine non è sufficiente la mera allegazione delle condizioni generali del paese di origine a cui non si accompagni l’indicazione di come siffatta situazione influisca sulle condizioni personali del richiedente asilo provocando una particolare condizione di vulnerabilità.

Peraltro, tali condizioni generali sono state espressamente considerate dal giudice di merito, che non solo ha escluso che la sola presenza del migrante nel paese di origine possa costituire un pericolo per la vita e l’incolumità (pag. 8), ma ha anche rimarcato l’esistenza di strumenti istituzionali o privati in grado di offrire protezione (pag. 9).

6.2 Il collegio di merito, inoltre, ha ritenuto che non sia possibile ravvisare un’elevata vulnerabilità determinata per effetto dello sradicamento del richiedente dal contesto socio-economico del paese ospitante, perchè da un lato non sono segnalate compromissioni dell’esercizio dei diritti umani nel paese di provenienza (pag. 9), dall’altro il migrante non aveva dato prova di aver seriamente intrapreso un percorso di integrazione sociale e lavorativa nel paese ospitante (pag. 10).

A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017).

7. In forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2021

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