Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10406 del 01/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 01/06/2020, (ud. 16/05/2019, dep. 01/06/2020), n.10406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24165-2016 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS),

presso lo studio dell’avvocato ROSSANA CLAVELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIANFRANCO MAZZA;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso

lo studio dell’avvocato VINCENZO TASSIELLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SILVIA VETTORI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 535/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/10/2015 R.G.N. 1188/2012.

Adunanza camerale del 16 maggio 2019.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che la Corte territoriale di Venezia, con sentenza pubblicata in data 24.10.2015, ha respinto l’appello interposto da Poste Italiane S.p.A., nei confronti di S.G., avverso la pronunzia del Tribunale di Padova n. 1357/2011, che aveva accolto il ricorso con il quale il lavoratore, dipendente della società – assumendo di avere svolto mansioni corrispondenti alla qualifica superiore di Quadro di II livello (Q2), essendo stato responsabile del Servizio Informativo Interno (S.I.I.) della Filiale di (OMISSIS), in sostituzione del direttore, P.P., trasferito presso la sede di (OMISSIS) -, chiedeva che gli venisse riconosciuto il diritto al corrispondente inquadramento dal 2.10.1996, data alla quale risultava scaduto il termine di sei mesi previsto dalla contrattazione collettiva per l’acquisizione della qualifica superiore in caso di espletamento di mansioni superiori, con la condanna della società alla corresponsione delle conseguenti differenze retributive;

che la Corte di Appello, per quanto ancora in questa sede rileva, ha affermato che “era risultata provata, sia l’alta specializzazione di cui era dotato il S., che il suo ruolo di coordinamento delle risorse interne alla articolazione di Padova, che di riferimento per i soggetti esterni”, ed altresì che “non è contestata l’ascrivibilità delle mansioni al superiore livello Q2, nè l’assegnazione per un periodo superiore a sei mesi, quanto piuttosto, la circostanza che, nel medesimo periodo, il S. sarebbe stato coadiuvato dall’ex responsabile della struttura, P.”, il quale ultimo, “sentito come testimone, aveva categoricamente smentito la tesi difensiva propugnata dalla società”;

che per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. articolando un motivo;

che il S. ha resistito con controricorso ed ha comunicato memorie ai sensi dell’art. 380-bis;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo articolato, si deduce la violazione e/o falsa applicazione del CCNL 26.11.1994 per i dipendenti di Poste Italiane S.p.A., dell’Accordo Collettivo Integrativo 23.11.1995 e del CCNL 11.1.2001 in relazione all’art. 2103 c.c., alla L. n. 797 del 1981 ed al D.M. 5 agosto 1982, n. 4584, ed in particolare, si lamenta che i giudici di seconda istanza, “in punto di applicazione delle norme in materia di espletamento delle mansioni dei dipendenti postali tecnici”, avrebbero fatto errata applicazione delle norme collettive contenute nel citato Accordo, integrativo del CCNL 26.11.1994, ripreso dal successivo CCNL 11.1.2001, avendo ritenuto che “l’Accordo Integrativo 23.5.1995 individuava quali profili professionali propri dell’Area Operativa gli operai specializzati e il personale che si occupa di installazione e manutenzione di apparecchiature” e che “effettivamente sussiste omogeneità tra le previsioni della VI qualifica dell’Area Operativa, valorizzata dall’appellante”, senza considerare che, con il primo CCNL di diritto privato per il personale di Poste Italiane S.p.A., stipulato il 26.11.1994, le ex otto categorie professionali del pregresso ordinamento del personale di Poste contemplate nella L. n. 797 del 1981 e nel D.M. n. 4584 del 1982 sono state ricompattate in sole quattro nuove Aree funzionali di inquadramento: Area di base; Area Operativa; Area Quadri di secondo livello (Q2); Area Quadri di primo livello (Q1). Pertanto, secondo la prospettazione della società ricorrente, l’Accordo Integrativo avrebbe “compattato”, ai fini della confluenza nell’Area Operativa, le mansioni rientranti nelle categorie VI, V e IV; della qual cosa, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto; inoltre, sempre secondo la prospettazione della parte ricorrente, i giudici di secondo grado avrebbero omesso il procedimento logico-giuridico c.d. trifasico, ritenuto necessario, alla luce del consolidato orientamento della Suprema Corte, per il corretto inquadramento del lavoratore; non avrebbero, cioè, accertato quali attività lavorative svolgesse in concreto il dipendente, non avrebbero proceduto all’individuazione delle qualifiche previste dal CCNL e non avrebbero operato il raffronto tra il risultato della prima indagine e le declaratorie contrattuali individuate nella seconda; ed infine, non avrebbero considerato che le mansioni svolte dal S. presso il Servizio Informatico Interno (S.I.I.) dello Staff della Filiale di Padova “non appaiono in alcun modo riconducibili alla declaratoria dell’Area Quadri di secondo livello”;

che il motivo non è fondato; ed invero, i giudici di seconda istanza sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità, uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone di tre fasi (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 20114/2017; 17163/2016; 8589/2015): l’accertamento in fatto dell’attività lavorativa svolta in concreto; l’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria; il raffronto dei risultati delle suddette fasi. E, sulla scorta degli elementi probatori emersi in prima istanza – in base ai quali il giudice di primo grado ha riconosciuto lo svolgimento, di fatto, da parte del S., di mansioni riconducibili all’Area quadri di II livello, dal 2.10.1996, ed ha, per l’effetto, dichiarato il diritto dello stesso all’inquadramento nella suddetta Area, con conseguente condanna della società al pagamento delle differenze retributive maturate -, la Corte di Appello, facendo proprio il ragionamento del primo giudice, ha motivatamente respinto il gravame interposto dalla società. Al riguardo, è, altresì, da rilevare che il primo giudice, come correttamente osservato dalla Corte di merito, aveva confrontato le declaratorie contrattuali relative all’Area Operativa (art. 43 del CCNL 26.11.1994) ed all’Area Quadri di II livello (art. 44 dello stesso CCNL), nella sua articolazione nei due settori operativo gestionale ed operativo tecnico prevista nell’Accordo Integrativo del 1995, individuandone il discrimen, consistente nel requisito di specializzazione dell’attività tecnica di manutenzione rispetto all’attività di mera manutenzione propria dell’Area Operativa. Ed è noto che l’accertamento della natura delle mansioni svolte, in concreto, dal lavoratore attiene ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, ove sia sorretto, come nel caso di specie, da motivazione corretta dal punto di vista logico-giuridico (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 12564/2014; 27197/2011; 28284/2009);

che è, inoltre, da sottolineare che, rettamente, i giudici di merito hanno considerato del tutto irrilevanti, con riferimento alla fattispecie, le declaratorie contenute nel D.M. 5 agosto 1982, dovendosi, all’evidenza, valutare la correttezza dell’inquadramento del lavoratore di cui si tratta in base alle disposizioni vigenti all’epoca in cui sono state svolte le mansioni in relazione alle quali il medesimo ha richiesto l’inquadramento nel livello superiore; ed, infine, che i medesimi hanno messo in rilievo il fatto che lo stesso P., in sede di escussione testimoniale, ha dichiarato che il S. “non si fosse limitato a sostituire quest’ultimo quando non presente, ma ne avesse assunto con pienezza le funzioni essendo stato investito integralmente delle funzioni di responsabile dell’articolazione con assunzione piena di ogni responsabilità, perchè era in possesso delle conoscenze necessarie per il coordinamento delle risorse interne alla articolazione di Padova” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata); che per le considerazioni innanzi svolte, il ricorso va rigettato; che le spese del presente giudizio – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore del S., avv. Silvia Vettori, dichiaratasi antistataria seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarre in favore dell’avv. Silvia Vettori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2020

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